Monopoli-Casertana ha un sapore particolare, un retrogusto che rimanda agli anni ‘80. I pugliesi, storicamente legati ai salernitani da un gemellaggio ormai sciolto, erano da sempre inseriti nella lista nera dei nemici casertani, in virtù di quel principio tanto semplice quanto scontato: l’amico del mio nemico è mio nemico e tale resta anche quando quel rapporto si dovesse rompere.

Con queste premesse l’apertura del settore ospiti era pura utopia. Era nell’aria, infatti, la decisione dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive che aveva già dato segnali chiari: misure restrittive, sospensione momentanea della vendita dei biglietti e, infine, il via libera condizionato da parte del questore di Bari. La trasferta per i tifosi casertani viene di fatto vietata, con la solita mossa ipocrita: biglietti solo ai residenti della provincia di Bari. Dalla serie, dimmi che stai vietando senza dirmi che stai vietando.

Non un divieto ufficiale insomma, ma una strategia subdola, una censura mascherata da misura di sicurezza. Il messaggio è chiaro: potete seguire la vostra squadra solo se state a casa. Chi invece vive in provincia di Bari, anche se tifa Casertana, avrebbe potuto tranquillamente accedere allo stadio Vito Veneziani. Un paradosso estremo che non esiste ma che fotografa il livello di schizofrenia con cui si gestisce l’ordine pubblico attorno al calcio.

E oggi si gioca, quindi, senza una delle componenti essenziali di una partita: i tifosi ospiti.

Sull’altro fronte, Monopoli arriva a questa sfida con l’umore un po’ spento. I sogni di Serie B, coltivati a lungo, si sono scontrati con gli ultimi deludenti risultati. Resta una posizione di classifica discreta, buona per i play-off, ma che non basta a infiammare un ambiente scottato.

Nonostante ciò, almeno la curva prova a spingere la squadra a una vittoria comunque importante non solo per gli almanacchi ma anche ai fini del piazzamento finale in classifica. La vittoria, anche se sofferta, arriva nel finale mandando in estasi il pubblico presente.

Foto di Gabry Latorre