Mettersi in viaggio in un giorno lavorativo da Castellammare di Stabia fino a Pontedera, per seguire la propria squadra, non è affatto una girata fuori porta, ma come si dice in questi casi, la passione fa la parte da leone ed il viaggio risulta meno faticoso. Resta il fatto inconfutabile che far giocare la Serie C di mercoledì ha poco senso e si va ad infrangere su quel bel progetto, sbandierato almeno tre volte l’anno, di riportare queste tanto osannate famiglie allo stadio.

Che poi dovrebbero dirci anche quando queste famiglie hanno mai bazzicato gli stadi di calcio in numero così sensibile, visto che raramente mi trovo a vedere ordinati pic nic nei dintorni dei nostri impianti sportivi. Probabilmente abbassare i prezzi dei settori popolari e rendere più snella la vendita dei biglietti, potrebbero essere due fattori che inciderebbero sensibilmente sul ritorno delle masse nei nostri stadi, nonostante lo spettacolo mostrato non sia neanche lontano parente di quello offerto sul finire del secolo scorso.

Un rapido sguardo allo stadio Mannucci in questo pomeriggio e mi accorgo che di famiglie non vi sia neanche l’ombra e a voler essere onesti, al fischio d’inizio, le presenze in tutto l’impianto arrivano ad un centinaio di spettatori scarsi. Di questi, a voler essere pignolo, non saprei quanti siano i paganti per un incasso che, continuo ad immaginare, sia quello di un discount nella prima ora di apertura.

Preambolo necessario per arrivare a dire che al via delle ostilità, nel settore ospite è presente solamente la sezione Swarm della Toscana, presenza che ormai a queste latitudini è fissa, mentre il grosso della tifoseria delle Vespe arriva quasi a fine primo tempo. Finalmente vedo uno striscione in trasferta degno di questo nome: anche nelle categorie dilettantistiche, dove la morsa della repressione non è così rigida, si fa fatica a fare a meno di pezze dalle dimensioni più svariate. Probabilmente una certa omologazione su questo versante è ormai consolidata, perciò la presenza di uno striscione è novità accolta con favore, sembra quasi di fare un tuffo nel passato quando, a fronte di cinquanta persone, potevi benissimo contare una decina di striscioni. Altri tempi ma come si è evoluto il calcio, anche gli ultras hanno mutato l’aspetto estetico ed anche il modo di pensare ed agire, inutile nascondersi dietro il dito mignolo e pensare di essere rimasti agli anni ’80 o ‘90. Che poi mitizzare in toto quegli anni mi risulta anche sport non del tutto semplice: vero che c’era la libertà di movimento, la possibilità di introdurre nelle Curve da torce e fumogeni a qualsiasi striscione di qualsiasi tenore, ma non erano nemmeno così rare trasferte saltate da tifoserie di un certo spessore oppure qualche comportamento ben sopra le righe. Siamo del resto figli del tempo che viviamo, ci lamentiamo della tecnologia che imperversa ma abbiamo tutti un cellulare, viviamo sui social ed in buona parte ci piace apparire.

Tifo ospite che parte praticamente nella seconda frazione della gara, visti i numeri in questione il gruppo resta compatto e sostiene la squadra che li ripaga con una vittoria. La festa al termine dell’incontro sotto il settore, fa pensare ad un buon feeling instauratosi tra dirigenza, tifoseria e squadra. A prescindere, tanto di cappello a chi si sobbarca un bel tot di chilometri in un giorno lavorativo, in un orario non proprio consono per seguire la propria squadra. Del resto tanti discorsi e tavole rotonde sulla mentalità, si va spesso a ricercare il pelo nell’uovo ed a spaccare il capello in quattro ma l’essenza di tutto è la presenza in casa ed in trasferta. Al netto di problematiche serie. Poi si può parlare quanto vogliamo magari senza troppo decantare il libro, mai pubblicato, della mentalità da stadio.

Valerio Poli