Il Messina conquista tre punti fondamentali nella corsa alla salvezza, vittoria che dà un po’ di ossigeno ai siciliani guidati da mister Modica. Tre punti fondamentali che, tuttavia, non bastano ad allontanare definitivamente preoccupazioni e paure: anche quest’anno la salvezza per i siciliani sarà dura da conquistare.

La partita del tifo non regala particolari emozioni, ma solo per colpa dei padroni di casa, completamente assenti. Il Monterosi dovrebbe essere la squadra di un piccolo comune di poco meno di 5 mila anime in provincia di Viterbo, che nella stagione 2020-21 conquistò brillantemente la promozione davanti ai più blasonati Latina e Savoia; dal suo approdo nel calcio professionistico non ha però fissa dimora e dopo aver trovato nelle loro prime apparizioni in serie C ospitalità a Pontedera, la società laziale ha trasferito la “sede operativa” in Abruzzo, precisamente a Teramo. Il Monterosi è, insomma, una squadra laziale che ha fatto il suo esordio in Toscana ma che oggi ha trovato una sua dimensione logistica più stabile a Teramo. Il solito guazzabuglio figlio del calcio moderno.

Ci si potrebbe chiedere come e perché tutto ciò possa essere accaduto, chi sono i colpevoli e chi le vittime. In primis tra i rei una menziona particolare la merita la Lega interessata solo a club capaci di regalare solide garanzie finanziarie. In questo spettacolo tragicomico non possono mancare i politici locali, incapaci di “regalare” un impianto a norma, come invece per esempio altrove è stato fatto, per citare un esempio come Castel di Sangro negli anni ’90. Le vittime in questo non sono tanto i tifosi, perché il piccolo club laziale non vanta una storia calcistica importante e di conseguenza non ha un proprio seguito consolidato; in questa vicenda la vittima è l’intera comunità che per la prima volta nella propria storia avrebbe però potuto costruire un’identità anche sportiva grazie al prestigio della terza serie, perché poi il senso di appartenenza prescinde dal calcio ma si manifesta nello sport, a patto però che l’opportunità si presenti.

Il calcio fatto in questo modo non è più sport popolare, ma soltanto un giocattolo in mano a facoltosi personaggi che lo usano come divertimento personale oppure come investimento, sperando di far cassa, talvolta anche come volano per carriere politiche. Come sarebbe cambiata la storia se il Monterosi avesse disputato i propri match a Monterosi è difficile saperlo, ma volgendo lo sguardo a realtà simili, come Picerno, notiamo con piacere che pur con bacini “ridotti” il calcio può essere ancora in grado di creare un proprio seguito, persino autonomo dal richiamo che club più blasonati e vicini possono esercitare su queste piccole comunità.

In questo quadro desolante, nel deserto dello stadio di Teramo, bisogna pertanto sperare di trovarsi di fronte una tifoseria numerosa e rumorosa come accaduto con i messinesi. Il Messina è seguito quest’oggi da un centinaio di supporter, giunti per la maggior parte dalla città dello stretto ma anche dalle varie sezioni sparse per lo Stivale. I fasti della serie A sono ormai lontani, eppure nelle difficoltà la curva del Messina sembra aver ritrovato un nuovo slancio e i numeri lo dimostrano; girare con 100 persone, per di più al seguito di una squadra incapace di regalare non tanto vittorie ma soprattutto prospettive di crescita e quindi vittorie, non è facile. I giallorossi invece si sono ricompattati, confermando quella regola che nel mondo ultras spesso si è materializzata: quando si riparte dal basso lo zoccolo duro riesce a trovare linfa e così a rilanciare il proprio progetto di curva. La vittoria finale odierna in campo è il giusto premio per una realtà che non ha mai mollato, nonostante le mille avversità che ormai da anni sta attraversando.

Foto di Paolo Furrer