Quella tra Napoli e Frosinone non è una sfida inedita, basti pensare che negli ultimi anni le due squadre si sono incontrate addirittura in tre categorie differenti: A, B, C. Incroci che hanno viaggiato sul fil rouge dell’ascesa per i giallazzurri e della rinascita per i campani. 

Correva l’anno 2005/2006 quando il Frosinone metteva per la prima volta piede in uno dei templi del calcio italiano. Con le due squadre in lotta per il vertice del Girone B della vecchia C1 (alla fine verranno promosse entrambe), furono Mastronunzio e Sosa a fissare il punteggio sull’1-1. Un risultato storico per il club laziale, che in quegli anni cominciava a solidificare una base che da lì a poco lo avrebbe proiettato stabilmente in cadetteria con l’epico salto nella massima Serie. 

Di contro anche il Napoli di Reja gettava le basi per una ricostruzione corposa, dopo gli umilianti anni della B culminati con il fallimento e la ripartenza dalla terza serie italiana. Stagioni che funsero da vera e propria palestra per i tifosi azzurri, che all’epoca – è impossibile negarlo – imperversarono in lungo e in largo per lo Stivale con la loro abnorme voglia di confronto.

A distanza di dodici stagioni di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Se calcisticamente le due compagini hanno senza dubbio raggiunto traguardi importanti, la composizione del tifo organizzato ha dovuto resistere ai continui e feroci attacchi di un sistema che dal 2007 ha tentato in ogni modo di annientare l’aggregazione curvaiola e solo nelle ultime due stagioni sembra essersi minimamente calmato in luogo di un’apertura al dialogo o quanto meno alla “sopportazione”.

Un “armistizio” costato caro al tifoso italiano e che ha comportato (e in parte comporta ancora) strumenti umilianti e liberticidi come la tessera e i sistematici divieti di trasferta. Oltre all’aumento vertiginoso del prezzo dei biglietti, soprattutto in Serie A.

Fortunatamente quest’oggi il Napoli ha ben pensato di rendere accessibile a tutti l’accesso allo stadio, fissando le Curve a 12 Euro e i Distinti a 18. Prezzi abbordabili che tuttavia non hanno trovato un riscontro massivo, anche considerato il giorno di festa in cui si è giocato. Alla fine saranno circa 35.000 gli spettatori. E forse questo è un palese sintomo di quanto la gente si sia ormai disabituata a frequentare le gradinate. Basterebbe guardare l’interminabile fila dei prefiltraggi o le assurde richieste di documenti anche per bambini fatte dagli steward (con relativa “minaccia” di non far entrare il piccolo qualora la prossima volta il papà non si fosse ricordato la carta d’identità) per farsi un’idea e giustificare i tanti che hanno detto “basta” da tempo immemore. 

La classica musica sparata a tutto spiano accompagna il riscaldamento dei giocatori, mentre le curve vanno man mano riempiendosi. Anche la composizione dei settori popolari partenopei è profondamente cambiata rispetto a due lustri fa. Il movimento cittadino si è spaccato sulla tessera del tifoso e questo ha influito anche sull’attuale composizione delle curve. Tuttavia nelle trasferte senza limitazioni tutte le componenti serrano i ranghi, anteponendo la causa comune. E questa è una scelta che ritengo molto intelligente, soprattutto in tempi come questi, dove dividersi sembra esser diventata una moda corrente. Rappresentando spesso e volentieri il coma vigile o la morte assistita (fate voi) di una tifoseria. 

Non ho un dato certo dei biglietti venduti a Frosinone, quello che appare sicuro però è che i supporter ciociari entreranno a partita iniziata. Come da consuetudine a Napoli (e malgrado tra le due fazioni non ci sia alcun tipo di attrito). 

Inizia la gara e dopo soli 7′ Zielinski porta in vantaggio i campani. Si intuisce che calcisticamente la disputa sarà pressoché assente e su questo vorrei aprire un capitolo che personalmente si coniuga anche con l’ambiente da stadio: benché la differenza tecnica tra le due squadra sia notevole, ho trovato l’atteggiamento rinunciatario, impaurito e quasi svogliato dei giallazzurri a dir poco sconfortante. Sono cresciuto con una Serie A in cui spesso e volentieri pure l’ultima in classifica andava a giocarsi le partite in campi proibitivi con il coltello fra i denti. E magari, una volta su dieci, riusciva a strappare un pareggio o clamorose vittorie. Che poi questo, fondamentalmente, era un po’ il vanto del nostro campionato: quasi nessuna partita dall’esito scontato.

Non sta a me inoltrarmi in dissertazioni tecniche, ma penso che sovente squadre che annaspano sul fondo della classifica arrivino a Torino, Milano, Roma e Napoli già mentalmente sconfitte. E questa rappresenta un grande limite per il nostro sport nazionale. A più riprese tecnici e addetti ai lavori hanno chiaramente fatto trasparire questo atteggiamento. Al punto che verrebbe da consigliargli di lasciar perdere, regalando il 2-0 a tavolino ai dirimpettai.

La mancanza di cattiveria sportiva finisce per ripercuotersi anche sui tifosi. Che ovviamente avvertono il valore quasi “amichevole” di taluni match. Nella fattispecie, un sostenitore napoletano è ovviamente contento per la vittoria, ma di certo non esulterà con chissà quale gaudio. Così come il piglio inconscio nel fare il tifo per un qualcosa di palesemente scontato tende a scemare, virando verso la mediocrità. Ecco, in tante piazze manca la tigna e la convinzione a prescindere delle curve proprie per questo gioco “al ribasso” a cui il calcio ci ha abituato negli ultimi anni.

I tifosi del Frosinone – che intanto sono entrati con la loro squadra già in svantaggio – sono certamente un esempio di chi sta nel mezzo ed ha il difficile compito di scegliere il proprio destino. Arrabbiarsi e contestare per il campionato svolto sinora o continuare comunque a supportare squadra e società in virtù dell’excursus storico che questi gli anno regalato nell’ultima decade?

Io penso che ci siano degli aspetti fondamentali nella vita di una tifoseria. Tre anni fa, con i canarini alla prima apparizione in A, la Nord e il vecchio Matusa tributarono dalla prima all’ultima giornata l’undici di Stellone. Una squadra non eccelsa tecnicamente, ma brava a lottare su ogni pallone e a giocarsi la salvezza fino all’ultimo. Il tifoso non è cretino, come qualcuno pensa (faccio mio questo sacrosanto concetto di un mio amico) e sa distinguere la sconfitta arrivata con onore e quella giunta per inerzia, al termine di una battaglia mai realmente iniziata. È proprio attorno a questi criteri che si muove o meno il malcontento dei supporter. E spesso non si può sempre “rintuzzare” le critiche con quanto di buono fatto in passato. 

Tornando agli spalti, dicevo dei ciociari entrati a gara iniziata. Come di consueto si dispongono nell’anello basso esponendo tutte le loro pezze e iniziando sin da subito a tifare. Una prestazione di tutto rispetto la loro, che va ben oltre lo scempio dei propri giocatori in campo ed è l’unico segno tangibile della presenza del Frosinone quest’oggi al San Paolo.

Buona anche la presenza numerica, anche se la distanza volge a loro favore. A tal merito sarebbe sicuramente lecito aspettarsi qualcosina in più nelle altre trasferte, laddove difficilmente i tifosi laziali riescono a presenziare in maniera massiccia. 

Su fronte partenopeo le due curve offrono uno spettacolo sicuramente degno. Alla mia sinistra la A, forse con qualche buco di troppo, alterna un buon primo tempo a una ripresa un pochino in calo. Mentre la Curva B sembra più continua tra le due frazioni di gioco. Su ambo i lati ottimo utilizzo della pirotecnica e complessivamente una prestazione migliore rispetto all’ultima volta che li avevo visti (Napoli-Pescara di due stagioni fa). 

Anche qua si potrebbe aprire un discorso su quanto gli obiettivi napoletani siano tristemente velleitari in un campionato dove la Juventus è ormai padrona totale e da qualche anno non lascia agli avversari neanche più le briciole della speranza. È allora ammirevole il fatto che il pubblico azzurro invochi a gran voce lo scudetto e urli alla propria squadra di crederci sempre e comunque.

Molto bello, dopo il fischio finale, il giro di campo della squadra per ringraziare il pubblico. Sebbene in fatto di numeri e calore anche Napoli abbia perso qualcosina rispetto al passato, resta comunque una piazza viva e stimolante da vedere all’opera. Sempre su ottimi livelli, soprattutto se paragonata alla media ormai mortifera della Serie A contemporanea.

In campo finisce 4-0 per la squadra di Ancelotti. Un risultato che fotografa appieno un match sulla cui povertà contenutistica ho ampiamente scritto in precedenza.

Simone Meloni