Ci sono brutte storie che portano ad un lieto fine. Così come, a volte, serve una brutta storia per raccontarne una più bella. Non dovrebbe essere ma è così. Specie se al centro di tutto c’è uno sport seguito solo marginalmente in Italia, ma che dovrebbe avere, invece, più attenzione: parliamo di hockey su pista (disciplina che ha avuto comunque spazio, ultimamente, sulla nostra rivista) e dell’impresa della nazionale italiana che ha vinto, dopo 24 anni, il titolo europeo in casa della nazionale favorita, la Spagna, squadra che non perde una partita da anni e che è uscita imbattuta anche da questa edizione, perdendo comunque gli Europei a scapito dell’Italia.

Ma questa è la storia anche di uno dei giocatori azzurri, Massimo Tataranni, arrestato dalla polizia spagnola perché scambiato per un tifoso, dopo essere stato malmenato da due agenti in borghese; lo sfortunato pattinatore ha, così, persino perso la premiazione, coi suoi che lo stavano inutilmente cercando. Ma andiamo con ordine, partendo da quella che è la cronaca sportiva per inquadrare meglio il brutto episodio.

L’hockey su pista, nonostante in Italia vanti piazze provinciali ma passionali, da noi è uno sport considerato di nicchia. Non è così in altre nazioni europee; nella penisola iberica, tra Spagna e Portogallo, è un vero cult. Le due nazionali confinanti, infatti, partono sempre favorite in qualsiasi competizione, specie a livello continentale. Il pubblico segue in massa le imprese dei propri beniamini, e sono soprattutto le nazionali a riscuotere il maggior successo. E questo europeo si è giocato proprio in casa dei favoritissimi spagnoli.

Per far capire di cosa stiamo parlando, basti pensare che le furie rosse su pattini hanno vinto, prima di questo europeo, ininterrottamente tutte le partite dal 2004, conquistando, nel frattempo, sette europei e cinque mondiali (ultimo pareggio nel Settembre 2004). La griglia delle favorite vedeva, quindi, la Spagna favoritissima, seguita dal Portogallo, con un terzo posto, probabilmente, da assegnare a Francia o Italia (che comunque resta una selezione tra le più forti al mondo).

La formula del Campionato Europeo di hockey su pista prevede un solo girone all’italiana, con assegnazione del titolo alla squadra che, al termine di tutti gli scontri diretti, ha totalizzato più punti; niente girone eliminatorio, quarti, semifinale e finale.

Alla fase finale partecipavano l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Francia, la Germania. Prima partita e l’Italia passa facilmente per 7-3 sulla malcapitata Svizzera. Una passeggiata. Vincono subito il Portogallo (1-3 sulla Francia) e la Spagna (9-2 sulla Germania).

Nel secondo turno continuano la scalata Spagna (7-2 alla Francia) e Portogallo (5-0 alla Svizzera); l’Italia soffre incredibilmente contro una coriacea Germania, battendola per 3-2 solo a cinque secondi dalla fine. Ma si continua a sognare.

Il terzo turno è quello della svolta: mentre la Francia batte con un ininfluente 2-1 la Svizzera ed il Portogallo straccia la Germania per 13-3, l’Italia compie l’impresa, pareggiando per 2-2 contro la Spagna, dopo essere passata per ben due volte in vantaggio e stringendo i denti alla fine. Dopo 3592 giorni la Spagna padrona di casa non vince una partita.

Il Portogallo è in testa al girone e mancano due turni. E proprio la quarta giornata mette di fronte Lusitani ed azzurri, con l’Italia che, al termine di una battaglia epica, batte per 3-2 gli ormai favoriti, eliminandoli dalla corsa per il titolo. Per capire la portata dell’impresa basti pensare che il nostro portiere ha parato ben quattro rigori durante la partita. La Spagna fa un sol boccone della Svizzera, sconfitta 13-1.

Si arriva così alla giornata conclusiva, con l’Italia messa di fronte alla Francia ed il derby iberico, successivo, che, secondo i pronostici della vigilia, sarebbe dovuto essere una specie di finale. Invece no: alla Spagna, in virtù della miglior differenza reti con l’Italia, basta vincere la partita col Portogallo che al massimo può, ormai, arrivare secondo. Una festa annunciata per gli Iberici.

Intanto, prima, l’Italia deve compiere il suo dovere con la Francia. Una formalità a parole, un’altra battaglia nei fatti. Dopo essere andata sotto per ben tre volte, la nazionale azzurra riesce ad avere la meglio per 5-4 confidando, quindi, in un’impresa del Portogallo nell’ultimissima partita.

La Spagna, sospinta da un pubblico caldissimo, entra contratta e gioca male. Per quasi tutto l’incontro gli Spagnoli sono in svantaggio, andando, nel finale, sul 4-6 per i Lusitani. Ma i padroni di casa tirano fuori tutto il loro orgoglio nel finale, andando 6-6 ed assediando la porta ospite, per segnare una rete dal valore di un titolo. Il Portogallo, però, resiste, a alla fine a festeggiare sono gli azzurri, che tornano campioni continentali dopo 24 anni.

Ma è in questo momento che si consuma il fattaccio. Uno dei giocatori simbolo della nazionale, Massimo Tataranni, al suono della sirena, seduto in tribuna, si alza e comincia ad esultare, d’altronde ora è un campione europeo. Ovviamente il pubblico di casa non gradisce, ma gli unici a reagire sono due uomini che aggrediscono Tataranni e, dopo averlo (a detta di diverse testimonianze) percosso e colpito, lo avrebbero ammanettato, qualificandosi solo dopo l’arresto come agenti in borghese della polizia locale di Alcobendas.

Senza che gli altri giocatori o dirigenti si accorgano di niente, il giocatore viene portato via nel commissariato locali e assegnato alla Guardia Civil, che lo rinchiude in una cella. Tra l’euforia del momento e i festeggiamenti, in pochi si accorgono, all’istante, dell’assenza di Tataranni, tanto che sul podio della premiazione egli non può, logicamente, ricevere la medaglia. A premiazione avvenuta, la squadra finalmente si accorge che qualcosa non va, anche se i più pensano che Tataranni si possa essere confuso nel caos della festa.

La verità viene a galla poco dopo la cerimonia, con la notizia ufficiale dell’arresto del giocatore. Solo un dirigente federale, recatosi al commissariato, riesce ad ottenere un breve colloquio col nostro hockeista, attivandosi per saperne di più e chiudere al più presto la vicenda.

Intanto, in seguito a diverse testimonianze, la verità viene pian piano a galla. L’arresto è stato una vera aggressione e i due agenti in borghese si sono giustificati pensando che il giocatore fosse un tifoso. A nulla è valso, a Tataranni, indossare la polo ufficiale della squadra che ben lo identificava. Tifoso o giocatore che sia, in ogni caso, l’arresto e la conseguente violenza sono avvenuti per la sola colpa di aver esultato.

La vicenda si è conclusa solo il giorno dopo. Partita la squadra, che aveva l’aereo di ritorno già programmato, ad attendere Tataranni è stato un solo dirigente accompagnatore. La svolta è avvenuta dopo una breve udienza del giudice federale, che ha subito concesso la scarcerazione. L’accusa di resistenza e violenza a pubblico ufficiale sembra destinata a decadere; di contro, la Federazione e Tataranni potrebbero intentare una causa per danni.

Ad attendere Tataranni fuori dal tribunale, oltre al dirigente federale, c’era la sua medaglia d’oro, che, pare, abbia immediatamente consolato l’hockeista. Il quale avrebbe dichiarato di preferire che si parli non della sua infelice disavventura, ma dell’impresa sportiva. Noi lo abbiamo accontentato, parlando dell’una e dell’altra. Ma ciò non cancella un altro abuso in divisa verso i tifosi. O giocatori scambiati per tali.

Stefano Severi.