Al di là della torciata, dello striscione e dei cori c’è il ricordo. Il Gruppo Zuffa della Curva Nord di Taranto ha voluto commemorare il presidente Francesco Carrino e l’esponente Claudio Morabito, organizzando una serata di informazione ultras.

Nelle sale della Casa Occupata Via Garibaldi di Città vecchia, i componenti dello Zuffa insieme alla presenza di tutti gli altri gruppi della Curva Nord, ad alcuni esponenti del vecchio Kollettivo Alkooliko e del CCN hanno dibattuto sulle differenze tra ultras vecchia maniera e di nuova generazione. La serata, in cui erano presenti anche alcuni parenti dei due componenti scomparsi, è iniziata con la proiezione del documentario di Gianluca Marcon “E noi ve lo diciamo”.

Quaranta minuti di immagini e interviste girati tra il 2007 e il 2009, proprio a cavallo dell’inizio di una più intensa repressione statale nei confronti del movimento ultras.

Il racconto delle trasferte, degli scontri, delle diffide e soprattutto dei cambiamenti avvenuti all’interno degli stadi, che è stato esposto nel docufilm attraverso le voci dei componenti di alcune curve italiane, ha spianato la strada all’intervento di un altro ospite. Andrea Ferreri, da più di venti anni attivo nel mondo della tifoseria organizzata leccese, ha presentato il libro “Ultras – I ribelli del calcio”, edito da BePress, in cui racconta i quaranta anni di antagonismo e passione del fenomeno.

Un movimento, quello ultras, che per l’autore è “determinante in una città, perché le sue spigolature si incontrano creando aggregazione”.

Non solo socialità ma anche passione per i colori della squadra, sebbene dalla fase pionieristica degli anni Settanta il mondo ultras sia caduto in una condizione insostenibile a causa della repressione. Per dirla con Pinuccio, che il Gruppo Zuffa l’ha visto crescere fuori e dentro gli stadi, “nella pratica il vostro ricordo”. Un claim da striscione per far capire come la memoria di Ciccio e Claudio va vissuta oltre la narrazione emozionale dei momenti vissuti insieme.

Testo di Rita Morgese.
Foto di Luigi Colella.