radunoarbitriMarcello Nicchi, presidente dell’Associazione Arbitri, durante la presentazione alla stampa degli organici arbitrali per la stagione prossima ventura, ha tuonato a mezzo stampa contro le società di calcio. Secondo le accuse dell’ex fischietto della sezione di Arezzo, circa 300 multe dovrebbero ancora essere pagate da alcune società, così sanzionate in seguito ad aggressioni a danni degli stessi arbitri.

L’accusa, che non ha solo trovato eco sui giornali, ma è stata presentata formalmente anche al presidente federale Tavecchio, si inserisce nel quadro del reperimento dei fondi per la categoria arbitrale che diventa sempre più difficile. La FIGC, alle prese con problemi di budget dopo la riduzione dei fondi destinati dal CONI al calcio, ha a sua volta deciso di ridurre il supporto economico all’AIA. Alle prese con queste ristrettezze, l’AIA ha annunciato che dalla prossima stagione sulle casacche degli arbitri comparirà, per la prima volta nella storia del calcio italiano, uno sponsor. Per il momento c’è ancora massima riservatezza sul nome, ma è trapelato che si tratterà di una compagnia assicurativa.

Al di là dell’ultimo muro infranto dal calcio-business (ed è curioso che a resistere più strenuamente a queste mutazioni commerciali così invise ai tifosi, sia stata proprio una delle categorie ideologicamente più bistrattate dai tifosi stessi), Nicchi ha snocciolato una serie di dati sulle violenze di cui gli arbitri sono stati fatti oggetto.

I dati sono stati anche consegnati, oltre che – come già citato – al presidente Tavecchio, anche al Viminale: Nicchi e gli arbitri pretendono rispetto delle regole, maggiore garanzia di sicurezza dal Viminale e inflessibilità dalla Federcalcio sul pagamento delle multe. «Non possiamo più tollerare» – ha detto Nicchi – «Vogliamo che siano applicate le regole, lo abbiamo detto a Carlo Tavecchio. Ci sono quasi 300 società che devono pagare le multe a causa delle aggressioni, altrimenti non possono iscriversi ai campionati. Pretendiamo che ciò accada. Oppure saremo noi a disertare il campo. E vediamo se i tornei partono in modo regolare».

Minacce a parte, che rientrano più nel gioco delle parti, passando ai dati raccolti, sarebbero 600 i direttori di gara aggrediti, 184 finiti in ospedale e il 93% delle volte ad aggredirli non sono stati tifosi bensì tesserati. Ecco, questo è il dato che più di tutti ci ha incuriositi ed ha attirato la nostra attenzione in questa querelle. Ci piacerebbe che lo tenesse a mente uno qualsiasi di questi tesserati FIGC o dei loro galoppini con penna, ogni volta che si spendono strenuamente in battaglie moralistiche (spesso stucchevoli, se non ipocrite) contro gli ultras. Qualche esimio esponente della congrega del calcio, che invitava i suoi accoliti a non parlare con gli ultras a fine gara, dovrebbe preoccuparsi piuttosto delle serpi in seno e – assieme ai suoi veri padroni, che non sono di certo i suoi “rappresentati” – badare innanzitutto a fare pulizia dentro al mondo dorato da cui suggono linfa senza troppi meriti. Tradotto nella lingua dei più oltranzisti, la prossima volta che intendono parlar male degli ultras, farebbero meglio a sciacquarsi prima la bocca.

Matteo Falcone, Sport People.