“Sì, vabbè, non sei mai stato a Nocera? Non ci credo!”. Questa, per diverso tempo, è stata la classica risposta ogni qual volta dicevo di non aver mai messo piede allo stadio San Francesco. Una pecca grave, una mancanza che per diverso tempo e varie vicissitudini non sono riuscito a colmare. E che questa volta ho deciso di non farmi scappare, cogliendo al volo una partita dai contenuti interessanti, con due tifoserie contrapposte e diversi spunti da analizzare e argomentare.

Per il calcio nocerino non è propriamente un momento d’oro. La squadra stenta a decollare e tutto l’entusiasmo portato dalla nuova cordata americana – che ha rilevato il club sul finire della scorsa stagione – sembra esser svanito per trasformarsi lentamente in rabbia e contestazione. Uno scenario che a grandi linee si ripete ormai da quasi dieci anni, vale a dire dall’ultimo campionato di Serie C disputato (2014), allorquando la società venne esclusa per illecito sportivo (caso Salernitana-Nocerina) e dovette ripartire dall’Eccellenza. Da allora i Molossi non sono più riusciti ad alzare la testa dal dilettantismo, con una piazza che anno dopo anno ha finito per deprimersi a causa dell’anonimato sportivo e delle promesse non mantenute.

Quando arrivo a Nocera l’orologio segna le 13 in punto. Malgrado l’anomalo caldo di fine ottobre per strada non c’è molta gente, così lentamente mi incammino verso lo stadio. Che il covo degli ultras nocerini sia a pochi passi lo comincio a notare da varie scritte che campeggiano sui muri, contro le rivali storiche di Cava e Pagani, e da alcuni striscioni appesi lungo la strada che dapprima invocano le “Trasferte libere” – facendo leva sull’ultimo divieto inflitto ai campani per la partita di Barletta – e poi ricordano Dario Ferrara, giovane ucciso nel 2015 da due colpi di casco.

Un importante stuolo di poliziotti presidia le strade perimetrali dello stadio, infondendo un certo clima di ansia ai passanti. I “fattacci” di Nocerina-Brindisi, con i tifosi pugliesi lasciati sfilare per le strade cittadine senza scorta, hanno evidentemente messo in cattiva luce la Questura locale, che in tale occasione poteva anche “sfruttare” una delle tante restrizioni imposte agli ospiti, a cui era consentito un quantitativo massimo di novanta biglietti. “Novanta, la paura”. Mai come in questa occasione la smorfia napoletana si è rivelata profetica.

Sulla gestione dell’ordine pubblico, sulle sue ripercussioni e sulle “ripicche” di Osservatorio, Prefetture e Questure per punire fatti avvenuti anche a causa di loro negligenze, si potrebbe davvero scrivere un libro. Ma ahinoi dobbiamo fare i conti con l’arretratezza organizzativa e la “sindrome di Ponzio Pilato” che serpeggia palesemente nel nostro Paese, dove l’unica soluzione è ormai vietare e limitare. E, in extrema ratio, demonizzare e stigmatizzare. Senza mai assumersi una responsabilità o cercare di lavorare seriamente, come si dovrebbe per qualsiasi evento pubblico. Figuriamoci se parliamo di una partita di Serie D, con poche centinaia di spettatori!

Che Nocera sia una piazza attaccata al calcio e che nel calcio abbia conosciuto, nel corso degli anni, un importante riscatto identitario e sociale, non sono certo io a dirlo. Tifoseria tosta, rognosa, attaccata ai proprio colori e sempre ostica da trovarsi di fronte. Chiaro è che tutto l’excursus calcistico (ma anche le tantissime diffide piovute negli anni sul tifo organizzato locale) ha smorzato e fiaccato l’entusiasmo anche dei più fedeli. Un’apatia prontamente rispecchiata dai bassi numeri registrati. Numeri su cui neanche mi sento di criticare, anche perché va detto che lo zoccolo ultras c”è stato e c’è sempre in maniera attiva, senza indietreggiare di un centimetro.

Più in generale, per il nostro movimento calcistico è sempre un male vedere sodalizi storici navigare in cattive acque e non riuscire a togliersi dal pantano a causa di personaggi, cordate e società poco limpide, che in queste realtà cercano spesso e volentieri solo un proprio tornaconto, non approntando minimamente alcun discorso sportivo e, anzi, facendo terra bruciata attorno a essi e lasciando il deserto alle proprie spalle, una volta abbandonata la nave che affonda.

I murales che accolgono l’ingresso degli spettatori nella tribuna centrale fanno pendant con una struttura pregna di storia ma che, come accade in molti stadi italiani, sembra aver urgente bisogno di un restyling. Eh sì che spiccano i mitici tornelli, installati evidentemente con l’approdo in B qualche anno fa, per garantire la vera sicurezza a tutti (sic!). Sta di fatto che si respira a tuttotondo l’aria di nobile decaduta, di impero alle corde. Bisognoso di un nuovo Re, per ridar vigore al popolo e restituirgli il giusto lustro.

Metto piede sulla pista di tartan e a breve cominciano ad affluire gli ultras di casa. Sistemati dietro lo striscione Ultras – capovolto in segno di protesta contro la società -, tra cui spicca un unico bandierone e il chiaro messaggio “Via tutti e subito”.

Quando il match sta per iniziare ecco fare capolino gli ultras altamurani. A distanza di qualche mese me li ritrovo nuovamente di fronte in occasione di una loro trasferta e nuovamente ne ho un’ottima impressione. Il contingente murgiano si sistema dietro le pezze (semplici e ben curate) facendo lungamente sfoggio di bandiere, bandierine e sciarpe. Tanto colore e voce sempre ben in alto. Resto dell’idea che queste realtà riescano ancora a incarnare lo spirito ultras italiano, quello del sapersi barcamenare con numeri non eccelsi ma con l’utilizzo costante della testa e della fantasia.

Peraltro i supporter della Leonessa di Puglia hanno ormai trovato una certa continuità, cosa da non sottovalutare con i tempi che corrono. Un percorso che li ha portati a spostarsi sempre con uno zoccolo duro molto attivo, a prescindere dai risultati della squadra, e ad evidenziare la loro attitudine curvaiola. In poche parole: è piacevole vederli perché non sembrano il frutto di uno dei tanti copia e incolla in cui ci si imbatte spesso per lo Stivale (e non solo).

Sul fronte opposto i Molossi dedicano i primi dieci minuti alla contestazione, iniziando successivamente a tifare per la maglia. Malgrado lo spettacolo poco edificante offerto dalla Nocerina, il blocco ultras si farà sentire costantemente per tutti i novanta minuti, alternando cori secchi a canti prolungati e ritmati dal tamburo.

In campo è l’Altamura a spuntarla in pieno recupero. Un 3-2 che arriva proprio pochi minuti dopo il pareggio casalingo e che fa ovviamente esplodere il settore ospiti, sotto cui la squadra di Ginestra va a raccogliere il meritato plauso dopo il triplice fischio. Clima del tutto diverso in casa rossonera, con la squadra che a testa bassa sfila sotto gli occhi inferociti del pubblico.

Raccolgo gli ultimi scatti e poi mi avvio verso l’uscita dello stadio San Francesco. La mia prima volta non sarà stata contraddistinta da un bagno di pubblico, da coreografie e da infuocate dispute tra le gradinate. Ma mi lascia comunque un senso di soddisfazione, perché ritengo che l’essenza si veda proprio in queste occasioni. E oggi c’è stato modo di assaporare due umori e due modi di intendere la curva differenti, separati anche da situazioni calcistiche agli antipodi. Un qualcosa di molto italiano, che per un pomeriggio ha messo a nudo davanti ai miei occhi croce e delizia di tanti aspetti del nostro football.

Simone Meloni