Le bancarelle ricolme di sciarpe azzurre e i vessilli già affissi a quasi tutti i balconi lasciano presagire che anche la scaramanzia napoletana abbia ceduto il passo a un successo che appare ormai imminente e inesorabile. Forse è la prima volta che tasto visivamente il preludio a una festa calcistica nel capoluogo campano e non posso far a meno di carpirne ogni segnale camminando verso la stazione di Porta Nolana, con l’intento di prendere il primo treno utile per la città dei Gigli.

So benissimo che potrei prenderlo direttamente da Piazza Garibaldi, ma quando ho tempo mi piace fare quelle poche centinaia di metri che separano il principale l’interscambio ferroviario partenopeo dal vero e proprio capolinea della cirumvesuviana. Una decina di minuti a piedi per gustare una parigina, scrutare qualche pittoresca scritta sui muri, lambire il mercato rionale e poi guadagnare l’ingresso su uno degli scassatissimi treni con destinazione finale Baiano. Essendo abituato a prendere la linea per Sorrento, osservo con più interesse questo tracciato, che anziché snodarsi verso il mare curva a sinistra passando tra il Centro Direzionale e Poggioreale, tirando poi dritto verso l’Irpinia.

La stazione di Nola è costruita praticamente accanto al vecchio campo di Piazza d’Armi. Un fortino che a Nola tutti i tifosi rimpiangono e per il quale saltuariamente si cerca di tracciare una strada al fine di recuperarlo e riportare il calcio nel cuore della città. Senza nulla togliere all’attuale Sporting – impianto in cui i bianconeri giocano ormai da oltre quindici anni -, terreno che ha certamente permesso al club di continuare a disputare le proprie sfide nel territorio comunale, ma che è lontano anni luce da quella che fino al 2007 (sebbene già a inizio anni duemila qualche stagione sia stata disputata nell’attuale impianto) è stata la casa del calcio a Nola e che, per far spazio alla costruzione di una fantomatica cittadella di cartapesta (finanziata, iniziata e mai terminata) ha finito per divenire una discarica in pieno centro, raccontando perfettamente molto di come vanno queste cose nel nostro Paese. Tuttavia negli ultimi mesi sembra che ci sia più di uno spiraglio per la bonifica e la ricostruzione del Piazza d’Armi, e questo sarebbe un grande successo per tutti gli sportivi nolani, oltre che per il calcio locale.

Situata tra Napoli e Avellino, Nola conta circa 33.000 abitanti, essendo per motivi storici ed economici il centro più importante della zona. Malgrado fallimenti, ripartenze e delusioni sportive, la sua squadra vanta un’ottima tradizione, con diversi campionati di Serie C disputati a cavallo tra gli anni ottanta e i novanta. Un periodo di splendore per il calcio e per il tifo italiano, che ha permesso ai supporter bruniani di confrontarsi con alcune delle piazze più importanti del calcio provinciale italiano, tra cui indimenticabili restano gli infuocati derby con Caserta e Avellino.

Quello di oggi non sarà un derby “top”, non sarà una sfida contraddistinta da un’acerrima rivalità (anzi) e non sarà una gara di Serie C da disputare al Piazza d’Armi. Ma è pur sempre una tappa fondamentale per un campionato che vede i bianconeri ultimi, mai vittoriosi in casa e con lo spettro della retrocessione che da qualche mese incombe ormai sulla testa di tutti. Di fronte c’è una Palmese tornata a calcare i campi di Serie D che sta disputando un torneo di tutto rispetto, insidiando le prime della classe e confermando l’ottimo lavoro di una società che si è presentata con molte credenziali. Insomma, gli ingredienti affinché sia un confronto importante e godibile sugli spalti ci sono tutti e le attese, infatti, non verranno tradite.

Ai botteghini verrà registrato sold out (lo Sporting è omologato per 1.296 posti), con circa quattrocento tifosi provenienti da Palma Campania. Quantunque il rapporto tra le due tifoserie sia contraddistinto da una conclamata stima, agli ingressi i funzionari locali si esibiscono nel solito spettacolo fatto di telecamere puntate sugli spettatori, atteggiamenti intimidatori e afflusso rallentato in maniera quasi chirurgica. Si potrebbe commentare davvero in ogni modo, scrivendo un articolo apposito e ponendo ancora una volta l’accento su come in talune occasioni lor signori sembrino quasi intenzionati a riscaldare eventi che non presentano nessuna apparente acredine. Ma visto che c’è da raccontare una sfida ultras di tutto rispetto, evitiamo congetture e concentriamoci sullo spettacolo offerto dalle gradinate. Dico solo che le pezze esposte al contrario dagli ultras nolani la dicono lunga su quale sia il rapporto tra loro e chi è incaricato di tutelare l’ordine pubblico allo stadio.

Rispetto all’ultima volta che sono stati a Nola, la novità è rappresentata dallo scioglimento degli Essepienne. Gruppo che nei suoi anni di militanza ha fatto crescere la piazza e ne ha forgiato l’identità e il modo di vivere la curva. E sebbene questa mancanza sia ovviamente pesante nel panorama dilettantistico, è innegabile notare come il solco tracciato sia stato seguito anche da chi si è caricato sulle spalle il fardello del tifo organizzato al seguito dei bianconeri. Innanzitutto merita una speciale menzione lo striscione Ultras, che racchiude appieno lo spirito di questi ragazzi. Nelle sue fattezze – vissuto, fatto a mano, fascinoso – si pone probabilmente l’obiettivo di unire tutte le componenti di questa piazza dietro la parola che più di tutte rappresenta la mente e l’anima delle gradinate.

Ultras è la parola giusta per definire chi, sbattendosene dei risultati e delle difficoltà, quest’anno ha piantato la bandierina in ogni trasferta sarda con ottimi numeri e non facendo mai mancare il proprio sostegno. Cosa scontata? Non direi se si pensa a quanto possa essere faticoso dal punto di vista economico e organizzativo raggiungere l’isola ripetutamente nell’arco della stessa stagione. Parliamo pur sempre di Serie D e di tifoserie che non possono contare sui numeri delle metropoli e che, di conseguenza, devono approntare un’organizzazione interna capillare per sostenere il tutto. Ecco, quando si dice che in Italia “il movimento ultras è morto” si pensi un attimo anche a tutto questo sottobosco che poi, di fatti, sorregge tutto ciò che si vede nell’aspetto mainstream di questo universo curvaiolo.

Mentre alle mie spalle qualche portoghese si appoggia sulla collinetta per seguire l’incontro gratuitamente, dando vita a una scena da vecchio calcio, la gradinata di casa saluta l’ingresso in campo con una bella fumogenata nera e qualche torcia accesa di soppiatto. L’effetto pirotecnico è sempre di quelli che meritano attenzione e fa da preludio a una gran bella prestazione canora da parte dei nolani. Armati di bandieroni, tamburo e tanta voce, gli ultras bruniani mettono una marcia in più alla propria squadra, già reduce da un buon trend di risultati e scesa in campo con l’obiettivo di abbandonare l’ultima posizione. Fa piacere, una volta tanto, ascoltare cori che fuoriescono dal repertorio standard ormai adottato in buona parte della Penisola. Su tutti sempre apprezzabile e coinvolgente quello sulle note di Andamento Lento di Tullio De Piscopo. Del resto il brano portato dal percussionista napoletano a Sanremo 1988 è rimasto immortale proprio grazie al suo ritmo avvincente, che ben si presta al riadattamento da stadio.

Su fronte ospite i palmesi, come detto, si presentano in buon numero. A tifare sarà sempre lo zoccolo duro posizionato davanti agli striscioni – per l’occasione appesi in alto – e in grado di fornire un’ottima prestazione. Sarò sincero: ho trovato i rossoneri notevolmente migliorati rispetto al passato. Ne ho un ricordo lontano, degli anni della Serie C2 (inizio duemila), non propriamente ottimale. Hanno sicuramente saputo compattarsi e lavorare sotto l’aspetto del sostegno. Molto bella la sciarpata esibita a inizio secondo tempo, colorata anche da un paio di torce.

In campo alla fine è Palmieri a regalare il primo successo interno al Nola. Un gol che fa esplodere lo Sporting e restituisce ai tifosi la soddisfazione massima dopo la loro ottima prova di tifo. Tre punti pesantissimi in chiave salvezza, festeggiati alla grande sotto il settore, quando la compagine bianconera si stringe al proprio pubblico ballando e cantando. Non sono un amante dei riti squadra/tifosi, che spesso trovo forzati e fuori luogo, stavolta però va detto che la spontaneità dei calciatori è tangibile.

La giornata si chiude con qualche calciatore intento a mangiare le chiacchiere gentilmente offerte dalla società ospitante, che ha voluto così celebrare la concomitanza del match con il periodo di Carnevale (lo stesso è stato peraltro anticipato al sabato per permettere le celebrazioni carnascialesche a Palma Campania). E a proposito di chiacchiere – non dolci però -, ne sento far tante all’uscita dei tifosi dallo stadio. Entusiasti e lanciati per un successo forse inaspettato. Sui muri dello Sporting resiste qualche scritta contro i rivali di sempre, mentre la folla si dirada nel mio cammino verso la circumvesuviana. Prima di avviarmi faccio una piccola deviazione per fotografare la statua di Giordano Bruno, filosofo che di Nola era natio e per il quale ho sempre nutrito un certo fascino. Un’altra statua in suo onore è presente a Roma, in Piazza Campo de’ Fiori, dove fu arso vivo in seguito alla condanna di eresia emanata dalla Chiesa.

Una condanna a cui Bruno rispose fieramente: “Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam” (“Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla”). Un concetto caro agli ultras, volendo fare un parallelismo senza risultare fuori luogo. Un concetto che il tifo organizzato, tuttavia, sposa e caldeggia quasi continuamente di fronte a chi sentenza su sentenza, restrizione su restrizione, si vorrebbe prendere la briga di eliminare, mettergli la museruola e azzerarne le capacità aggregative.

Lasciata Nola alle mie spalle anche il sole sta ponendo fine alla sua presenza odierna. Non resta che danzare un paio d’ore sulla strada ferrata per raggiungere casa. Rielaborando tutti i punti chiave di questa giornata tiepidamente invernale!

Simone Meloni