Mi sono avvicinato con molto scetticismo a questo “Non dimenticare la rabbia”, un libriccino di 139 pagine edito nel 2009 da “Agenzia X” di Marco Philopat. D’altronde la copertina lascia poco spazio all’immaginazione e io a quell’immaginario politico e militante non appartengo ed ho anche la convinzione, forse presuntuosa se volete, che nemmeno il mondo ultras c’entri granché con quello politico. Certo sono due universi paralleli che talvolta si lambiscono, che sconfinano spesso l’uno nelle prassi o nelle filosofie degli altri, ma non arrivano mai a compenetrarsi e capirsi fino in fondo. In my honest opinion ovviamente, come direbbero quelli moderni usando un acronimo.

Proprio la vicendevole mancanza di comprensione, di adeguate chiavi di lettura, mi porta a diffidare del filone “militanti politici/ultras” e non so perché ho ceduto alla tentazione di leggere questo libro ma tant’è. Forse perché, fra le righe, avevo colto si parlasse appunto anche di ultras e di un periodo leggendario che ho attraversato in parte nei miei primi anni allo stadio. Gli ultimi di un’era spesso definita aurea, seppur molte volte le lenti della nostalgia, non dico siano del tutto deformanti della realtà, ma che la decontestualizzino un po’ troppo frettolosamente quello sì.

“Storie di stadio, strada, piazza”, anche il sottotitolo di questo lavoro del – per me fin qui sconosciuto – Marco Capoccetti Boccia è inequivocabile. Non è esatto dire che le prime pagine mi abbiano folgorato, ma senza dubbio mi hanno predisposto con molta curiosità a leggere il resto: il capitolo d’esordio, “Ultras”, è incentrato sulla prima trasferta a Milano immediatamente successiva alla morte di Antonio De Falchi, una trasferta insomma con tutti i crismi della chiamata letterale alle armi, una vera e propria vendetta o almeno un tentativo di.

Si coglie che lo stesso Capoccetti Boccia mastichi stadio con competenza, ma poi resta sempre qualche vaga ombra sullo sfondo: frutto forse della conversione romanzata della realtà? O c’è qualche dettaglio un po’ troppo inverosimile? Non saprei dirlo con esattezza, ma la sensazione di fondo, durante la lettura, resta quella del sospetto e/o della scarsa immedesimazione nei personaggi e nelle storie ivi narrate. Alcune invero palesemente di fantasia come “Bandiera rossa sul Quirinale”, racconto in cui si immagina uno scontro fra manifestanti e forze dell’ordine che vede quest’ultime soccombere e i primi prendere possesso del palazzo simbolo del potere. A suo modo comunque interessante, anche per la prospettiva della narrazione ribaltata dal punto di vista di un capitano e un brigadiere dei Carabinieri.

Bello anche il capitolo precedente, “Elfi”, nella sua costruzione quasi magica-fantastica. Per il resto però il ritmo e l’interesse finiscono pian piano per scadere con l’avvitarsi delle storie attorno a cliché ovviamente molto prevedibili nella loro strutturazione. Più in generale è lo stile a non piacermi molto: sarà pur vero che certi personaggi sono verosimilmente molto giovani, ma c’è spesso un linguaggio troppo adolescenziale o mitomane che non riesco mai ad apprezzare, anche quando diventa necessario per caratterizzare i personaggi stessi.

Il filo conduttore di tutto il libro è lo scontro, comune denominatore appunto di stadi, piazze intese in senso politico e strade della normale vita quotidiana. Per trovare un nuovo capitolo interamente dedicato agli ultras, che qua e là fanno capolino anche in altre pagine, bisogna arrivare fino a “Irriducibili in fuga”, ambientato nel primo derby successivo al ritorno della Lazio in Serie A e la cui trama è facilmente deducibile dal titolo. Segue “L’ultima carica”, chiusura del libro, che verte ancora una volta sul tema stadio ed è una sorta di canto del cigno di un compagno in una curva, sempre quella giallorossa, in cui sta prendendo campo la destra radicale e in cui quelli come lui si sentono sempre più scomodi, sempre più fuori posto. Ma prima di chiamarsi fuori vuole prendersi il tempo per un’ultima battaglia che lasci il segno.

Il libro invece, nel suo complesso, il segno lo lascia poco: ne ho letti di molto peggiori, intendiamoci, ma anche questo non riesce a spiccare il volo pur lasciando intravedere sprazzi interessanti. Volendola mettere in termini scolastici, propenderei per una sufficienza nel rispetto del lavoro e del sacrificio di chi l’ha scritto, ma è un libro che non consiglierei se non ai più avidi lettori di storie ultras e/o con lo stesso background politico sullo sfondo di queste storie.
Chi volesse cercarlo, il codice EAN da indicare alla propria libreria di fiducia è 9788895029283.

Matteo Falcone