Sono tredici i tifosi giallorossi per cui il Tribunale di Roma, nella giornata di giovedì, ha disposto la misura cautelativa dell’obbligo di dimora, con il divieto di abbandonare casa per ventiquattro ore quando il club capitolino disputa i suoi incontri. Gli stessi erano stati già sottoposti a D.a.spo. per l’aggressione in Via Palestro ai danni di alcuni turisti svedesi tifosi della Lazio il 3 aprile dello scorso anno, la sera precedente al derby di ritorno. Una misura restrittiva che ha fatto scalpore, nella giornata di ieri, primeggiando nella sezione sportiva di molti quotidiani online.

“Limitazioni della libertà che ovviamente rientrano nel quadro della gestione di questi casi – fa sapere l’Avv. Lorenzo Contucci – ma che, almeno per quanto riguarda l’obbligo di dimora h24 durante le partite della Roma, vertono su un principio un pochino forzato, cioè l’aggravante della “minorata difesa”. Faccio un esempio: se uno stupratore aggredisce una donna di notte al buio e in un vicolo cieco, per la stessa si ha una situazione di minorata difesa, cosa che non è propriamente uguale in questo caso. Il giudice ha sicuramente usato la mano pesante e sebbene sia giuridicamente sbagliato dire che ci sono arresti domiciliari contestuali all’obbligo di dimora, di fatto è così”.

A tre giorni dall’ultima delle quattro stracittadine stagionali anche la costruzione di una notizia può contribuire a far crescere il clima di tensione che di solito si addensa attorno a questa sfida. Soprattutto in un momento cruciale come questo, dove si ha la possibilità di ristabilire un minimo di normalità attorno ai tifosi romani, grazie ad un clima tornato respirabile sulle gradinate dell’Olimpico e alla riapertura della Tribuna Tevere a tutti (sarà possibile acquistare il biglietto anche senza tessera del tifoso, cosa che annulla sette anni di divieti e limitazioni, poste in atto dall’Osservatorio, che avevano svuotato quel settore).

Si è sottolineato da più parti che i soggetti colpiti da queste misure appartengono al gruppo di tifosi che ha condotto – fino a qualche settimana fa – la battaglia per l’abbattimento delle barriere erette nei settori popolari dello stadio Olimpico. Tra le “malefatte” a loro attribuite, c’è l’organizzazione del corteo che sfilò festosamente per lo strade di Testaccio proprio il 4 aprile del 2016, culminando la propria marcia all’ex Mattatoio, dove circa 3.000 supporter assistettero alla gara su un maxi schermo. Volutamente o meno, sono affermazioni tendenziose che gettano nuovamente fango su una protesta che, in circa due anni, si è svolta sempre in modo del tutto pacifico. Va ricordato, infatti, che se la reazione contro una situazione repressiva eccezionale, che attanagliava i tifosi romani, è stata promossa dagli ultras, ad aderire sono stati anche e soprattutto migliaia di tifosi non appartenenti ai gruppi ma ugualmente contrari alle scelte poste in essere nell’estate 2015 (e a tal merito basta consultare i dati dei presenti allo stadio, o guardare le foto delle gradinate relative a quel periodo).

Una “maxi operazione”, come scritto dai giornali, che ha portato anche alla perquisizione delle case dei coinvolti. Da quanto si apprende sarebbero stati rinvenuti un coltello a serramanico con una lama di 19 centimetri e del materiale esplodente di VI categoria. Se questi elementi tornano certamente utili a “condire” l’articolo per dare un taglio sensazionalistico, meriterebbero comunque un approfondimento. Va ricordato infatti che tenere un coltello a serramanico in casa non è affatto vietato dalla legge (è inibito, invece, il porto all’esterno) mentre sul materiale esplodente il discorso è più complesso. Esiste una classificazione che ne permette o meno la vendita e quindi la detenzione. Non essendo specificato di quale artifizi si tratti, appare difficile capire se si stia parlando di semplici torce e fumogeni (vendute anche liberamente presso supermercati e tabaccai purché in possesso del marchio CE) oppure di altro.

A prescindere dai “tecnicismi” del caso è giusto focalizzare l’attenzione su quanto questo modo di fare informazione sia deleterio e pregiudizievole. Il concetto della responsabilità individuale dovrebbe sempre e comunque evitare che si faccia di tutta l’erba un fascio, favorendo la diffusione di un panico sociale che, silenziosamente, invoglia la cittadinanza a cedere ulteriori fette di libertà all’interno di spazi sociali e aggregativi come gli stadi, ma anche nella vita di tutti i giorni. Chi sbaglia – giustamente – paghi. Ma la si smetta una volta per tutti di ragionare per categorie o settori sociali.

Simone Meloni.