Ogni tanto, ve lo confesso, mi stanco anche io.
Sarà la stagione che volge al termine.
Sarà che, come spesso accade nella mia vita, non trovando una strada non ho di meglio che vagabondare qua e là.
Sarà quel che sarà, canterebbe Tiziana Rivale.
Quest’anno per me è stato il vero anno zero, sportivamente parlando.
Dopo anni di abbonamenti, chilometri, bocconi amari mandati giù, ho detto basta.
Basta a quello stadio che è stato casa per anni e basta a tante cose che a quello stadio ruotavano intorno.
Basta.
Arrivo in via Iseo un’oretta prima della partita. Milano è un po’ casa mia ma non mi sono mai spinto fino a qua.
C’è nell’aria quella frenesia tipica della città, della primavera, del venerdì sera, anche qui dove la periferia è evidente.
Dentro il pubblico sta pian piano entrando e l’impressione è che siano tutti una grande famiglia.
Ci si saluta, ci si abbraccia.
Da Udine arrivano in una ventina ma si faranno sentire.
Per me tutto questo equivale a respirare.
Questo riappropriarsi di qualcosa di piccolo, di dannatamente tuo.
In questi mesi ho avuto modo di conoscere tante realtà locali. Tanti modi differenti di vivere il territorio e la propria squadra.
Quelle che più mi sono rimaste nel cuore sono state le meno appariscenti, le più naturali.
Al PalaIseo è stato così.
Due gruppi, il Vecchio Blocco e il Settore D, che con le loro peculiarità, mi hanno dato l’impressione di essere semplicemente quello che devono.
Piccoli gruppi al seguito di squadre locali.
Niente sovrastrutture, niente mitomania, nessun inutile specchiarsi.
Belli nella loro semplicità.
Orgogliosi nel loro attaccamento.
Alla fine vincono gli ospiti e l’Urania saluta i playoff.
Il pubblico in piedi tributa il giusto applauso alla piccola impresa dei Wildcats.
Io sento che mi fa fisicamente bene ritrovare posti come questi.
Toccare con mano la voglia di divertirsi ancora.
Io, ve l’ho già detto, ogni tanto mi sento stanco di questo mondo.
Non stasera.

P.s.: per problemi con la macchina fotografica non ho fotografie della coreografia iniziale del Vecchio Blocco e mi scuso per questo.

Gianluca Pirovano.