Per la seconda giornata del girone E di Serie D, i padroni di casa dell’Orvietana affrontano i toscani del Siena. Arrivo nella cittadina umbra, in treno, alle 12:30. Lo stadio, situato in zona Ciconia, dista circa tre km dalla stazione. Arrivato con largo anticipo, ho anche il tempo per bere un caffè prima di incamminarmi verso l’impianto. Dall’ultima volta, il tempo sembra essersi fermato: avevo infatti già assistito a diverse partite dei biancorossi e con piacere noto che tutto è rimasto uguale. Non ho difficoltà a raggiungere il campo sportivo, riavvolgo infatti il nastro dei ricordi per ripercorrere le stesse strade che già avevo calpestato. Per fortuna, nelle realtà di provincia puoi ancora girare senza essere schiavo dei navigatori, facendo leva solo sulla memoria e sulla capacità di orientamento.
Siamo ancora a metà settembre, e il caldo non è affatto intenso, ideale per una passeggiata. Arrivo al Luigi Muzi, impianto intitolato all’ex dirigente biancorosso, in perfetto orario. Ho così il giusto margine per fare un giro attorno allo stadio, dirigendomi dapprima verso il settore ospiti, dove vedo un paio di auto delle forze dell’ordine e, accanto ai cancelli d’ingresso, alcuni addetti della squadra di casa. Quando poi mancano venti minuti al fischio d’inizio, vado a ritirare il mio accredito.
Lo stadio si riempie lentamente, non ci sono gruppi ultras né tantomeno tifo organizzato, ma solo una bandiera biancorossa appesa sulla balconata. In passato, c’erano stati dei tiepidi tentativi per avviare un discorso ultras anche a Orvieto, paese di quasi ventimila abitanti, ma il progetto non è mai decollato.
Sono circa centocinquanta gli spettatori, tra cui alcuni locali e qualche appassionato di passaggio. Da segnalare la bella e caratteristica maglia del portiere di casa, Formiconi, con il Duomo d’Orvieto in primo piano. Questo omaggio al principale monumento cittadino, sottolinea l’identità e la tradizione cittadina, un gesto simbolico che assume ancora più significato in un calcio ormai dominato dal dio denaro e dagli sponsor a cui ogni aspetto storico, sociale o umano finisce inevitabilmente in subordine.
Da Siena sono oltre cento i tifosi al seguito, con la parte più calda che prende posto nel solito settore ospiti, costituito da una tribuna in ferro. Una trentina di tifosi toscani preferisce invece occupare una porzione della tribuna locale, sul lato scoperto, delimitato per l’occasione da un nastro biancorosso da segnalazione. Quando le squadre fanno il loro ingresso, i senesi sventolano i loro bandieroni, compreso quello del club Fedelissimi, il gruppo fondato nel lontano 1970.
Nei primi 45 minuti, il tifo è costante, ma senza particolari picchi, anche per la mancanza di dirimpettai, che nelle “partite del tifo” stimolano sempre a fare meglio. I supporter bianconeri si fanno notare per lo sventolio continuo e prolungato di due bandieroni, accompagnato da buoni battimani. Nonostante qualche pausa, il sostegno toscano riesce a produrre gli effetti sperati. Infatti, al sessantesimo minuto arriva il gol con Vari, che contribuisce ad alzare i decibel del tifo. Dopo appena sei minuti, arriva anche il raddoppio con Noccioli, che con un destro batte l’estremo portiere biancorosso e fissa il punteggio sul definitivo 0-2.
A pochi minuti dal triplice fischio finale, i tifosi senesi effettuano una sciarpata, tenendo le sciarpe tese per qualche minuto e poi roteandole in alto. Dopo aver decretato la fine delle ostilità, i giocatori bianconeri si dirigono verso il settore ospiti per ricevere i meritati applausi dal proprio pubblico. Applausi che la squadra ricambia per un sostegno generoso e sempre presente, nonostante la parabola del Siena stia incontrando non poche difficoltà per imboccare la sua fase ascendente per riportarsi laddove era arrivata nei suoi migliori anni recenti.
Marco Gasparri




















