Sono undici i goal subiti negli ultime tre partite. Questa la sintesi perfetta di una squadra, la Paganese, in crisi nera di risultati. Ennesima prova deludente in campo e di sicuro non all’altezza della tifoseria, che tira invece fuori una prestazione diametralmente opposta a chi è sceso sul rettangolo verde.

Non è nostro compito spenderci in considerazioni puramente calcistiche o descrivere situazioni tattiche, ma possiamo parlare di quello che vediamo dal punto di vista del tifo organizzato e che più da vicino ci compete. E ancora una volta, la tifoseria Paganese dimostra tutto quello che di buono si può pensare o dire nei suoi confronti, maturando di partita in partita e dimostrandosi tra le più in forma del girone.

Il passivo nel primo tempo è già di tre goal, ma in curva e tutt’altra storia: incuranti del risultato, i ragazzi offrono infatti una prova superlativa fino al novantesimo. Striscioni graficamente curati, organizzazione e compattezza nel gruppo, costanza. Molto belli da sentire e vedere con le loro bandiere sempre sventolanti ad accompagnare i cori. Il loro modo di interpretare e proporre il tifo è originalissimo, diverso da tante piazze con il classico incitamento di stampo italiano. A fine gara malcontento prevedibile, causa l’ennesimo spettacolo triste visto in campo.

Da Catania una cinquantina di sostenitori in rappresentanza di una sola delle due curve e che si fanno sentire principalmente per cori contro Palermo. L’apporto visivo invece verterà soprattutto sulle manate, il cui impatto è amplificato dal fatto che la maggior parte di loro assiste alla gara a torso nudo, mentre poco altro concederanno al colore oltre le pezze esposte in balaustra. Alla fine, a differenza degli sconsolati padroni di casa, potranno esultare per una bella ed ampia vittoria che li tiene attaccati al treno delle prime, seppur ai rosso-azzurri etnei piacerebbe non inseguire ma farsi il vuoto dietro, scrollandosi di dosso il peso di questa categoria e ritornare in quella Serie B così malamente persa e fin qui vanamente inseguita.

Testo di Massimo D’Innocenzi
Foto di Pierpaolo Sacco