Perché scrivere un articolo su questa partita? Semplicemente perché è esattamente il tipo di situazione che ti dà speranza nel movimento ultras. Non per la scenografia che non c’era, non per gli scontri che non c’erano, non per il fatto di avere visto una trasferta con numeri altissimi o uno stadio incredibile, ma proprio per la “normalità” che c’era attorno a questa partita per la quale, devo ammetterlo, non avevo una grande motivazione all’inizio.

Non vivo in Italia e spesso devo fare delle scelte nel calendario. In questo mercoledì pomeriggio c’erano diverse partite più o meno interessanti dal punto di visto del tifo organizzato. Tranne le istituzioni calcistiche, credo che nessuna persona sana di mente organizzerebbe un incontro calcistico di mercoledì alle 14.30 del 22 di dicembre. Ma se questo in Italia è quasi normale, in Francia o in Germania non siamo arrivati ancora a queste scelte assurde. Da quelle parti, se c’è una partita infrasettimanale, potete star sicuri che non si giocherà prima delle 18.00 perché le società, grandi o piccole che siano, pensano al pubblico come parte integrante del loro movimento calcistico.

Comunque sia, la mia scelta non era facile. La mia motivazione era proprio scoprire una nuova piazza in Sicilia. Non conoscevo né la città né la tifoseria del Paternò. Avevo qualche adesivo in collezione e avevo visto alcune foto ma ero abbastanza ignorante su di loro e questo mi ha incuriosito e spinto a vederli all’opera. Immaginavo inoltre di vedere anche alcuni ragazzi nel settore ospite, cosa che avrebbe reso ancora più interessante il tutto. Così mercoledì mattina mi sono alzato con un sole stupendo. Mancano tre giorni al Natale ma qua in Sicilia c’è un clima che si potrebbe definire un sogno indecente per un nord-europeo. Appena arrivato alla stazione di Catania-Borgo capisco di aver fatto scelta era giusta. Per raggiungere Paternò prendo la CircumEtnea, molto meglio che il pullman. Il mezzo è stupendo ed il tratto tra le due città è bellissimo, poi fa un caldo pazzesco. Per me il Mediterraneo è il posto ideale, tra sole e temperature, senza parlare dell’accoglienza e la socialità dei suoi abitanti.

Prima di arrivare a Paternò, il trenino circola in mezzo alle case e a della vegetazione stupenda. Arrivò alla piccola stazione di Paternò dopo una quarantina di minuti di viaggio. Questo è il bello del calcio, ci porta in tanti posti diversi che non avremmo mai visitato, se non ci fosse stato questo pretesto della partita. La città non è grande, è la terza della provincia di Catania con poco più di 48.000 abitanti. Per fortuna ho un po’ di tempo per girarla e devo dire che è affascinante. Non me ne vogliano i Paternesi, non è la più bella città della Sicilia, ma è molto tipica e questo ha il suo significato. Poi ci sono diversi posti che si devono vedere, dalla Piazza Indipendenza alla moltitudine di chiese che si trovano sul territorio comunale. Questi numerosi edifici cristiani sono stati costruiti dopo che la città fu ripresa agli arabi, per cancellare ogni traccia della dominazione islamica. Dal 901 al 1061 Paternò faceva parte dall’Emirato di Sicilia. Fu liberata dopo 160 anni da un esercito composto per la maggior parte da Normanni, guidato dal Gran Conte di Sicilia Ruggero d’Altavilla.

Durante il suo regno, per difendere la città, fu edificato nel 1072 il Castello Normanno che domina ancora la città. Senza dubbio è il più bel posto per godersi Paternò. Il dongione è assurto a simbolo per eccellenza della città, tanto che compare sia sullo stemma del comune che su quello della squadra locale. Poi questo promontorio roccioso offre un panorama incredibile. Dal lato orientale si vede tutta la città moderna ed il suo centro. Il lato occidentale offre un panorama fatto di campi di agrumi e di monti. Paternò infatti è un centro agricolo. Una città che dispone di un suolo vulcanico ha un fertilità maggiore e visto che Paternò è proprio a ridosso dell’Etna, il settore primario domina l’economia locale. In diversi posti si vede gente che vende arance rosse, la specialità del posto. Infine al nord di questo promontorio si possono vedere i due stadi di Paternò. Il più vecchio è lo stadio Salinelle. Inaugurato nel 1956 deve il suo nome alla zona di vulcani di fango (dette salinelle, appunto). Dispone di un velodromo e di una tribune immensa che lo domina. Sede degli incontri del Paternò Calcio dal 1957 al 2001. Dal 2001 al 2003 doveva essere ristrutturato ma venne abbandonato per problemi di gestione. A pochi metri di distanza, nel 2001 è stato inaugurato il nuovo impianto, lo stadio Falcone-Borsellino. La mia destinazione odierna, visto che tutt’ora è su questo campo che il Paternò disputa i suoi incontri.

Sono le 14.25 quando arrivo al cancello dello stadio. Ovviamente la mia pessima organizzazione mi porta lì soli 5 minuti prima del fischio d’inizio della partita. L’addetto della società locale non trova il mio accredito ma per fortuna, e soprattutto con buon senso e disponibilità, riesco ad entrare. Sono presso gli “spogliatoi” (container da cantiere, in pratica…) dove le due squadre sono già pronte ad entrare in campo. Con la mia pettorina metto piede sul manto verde e scopro uno stadio davvero strano. Piccolo ma funzionale, dispone di una capienza di 4.000 spettatori con quattro tribune che si affasciano sul campo. Sembra molto più vecchio dei 20 anni che effettivamente ha, ma devo dire che per gli spettatori la visuale è perfetta. Sono tutti molto vicini al campo e soprattutto le tribune sono leggermente sopraelevate migliorando la visibilità per tutti. Purtroppo oggi non c’è il pienone, ci sono sì e no 200 spettatori sugli spalti. Ma questi andrebbero quanto meno premiati, perché se già una partita di Serie D non attiri le folle, programmarla – come già detto – di mercoledì, giorno lavorativo, alle 14.30, sembra fatto apposto per scoraggiare i tifosi dall’andare allo stadio.

Le squadre entrano sul campo mentre i ragazzi di Paternò finiscono di appendere lo striscione e le pezze in Curva Sud. Accendono una torcia che dà un tocco di colore al momento. Di fronte a loro, gli ultras del Trapani sono una ventina. Bisogna aggiungere che ci sono anche una decina di tifosi che occupano il settore ospite con loro. Un bel numero per una trasferta scomoda. Ci sono tre ore e mezzo di macchina tra le due città. Anche loro non offrono niente di particolare quando le squadre entrano sul campo.

Il Paternò gioca con la sua classica divisa a strisce rossoazzurri, i colori della città. La squadra fu fondata nel 1957, anche se la tifoseria si riferisce al 1908 come data di nascita. Perché la prima squadra di calcio è stata fondata appunto nel 1908 sotto il nome di Ibla. Il riferimento è quello dell’antico nome del primo centro abitato siculo, Hybla Major. Questa prima squadra con i colori biancoblu fu radiata nel 1953 dopo una megarissa allo stadio di Paternò. Un’altra squadra locale, la Fiamma, ha continuato a tramandare la storia calcistica della città sotto i colori neroverdi. Nel 1957 viene invece fondata la Polisportiva Paternò con i colori rossoazzuri. La maggior parte dei suoi giocatori proviene dalla Fiamma che chiude con la pratica sportiva.

A livello di storia calcistica bisogna aspettare il cambio del secolo per vedere il Paternò raggiungere il professionismo dopo una cavalcata incredibile con ben quattro promozioni di fila. Nel 1999/2000 il Paternò vince il campionato di Eccellenza ed è promosso in Serie D. La stagione seguente finisce prima in campionato ed entra nell’era del professionismo con la promozione in Serie C2. Alla prima assoluta fra i Pro chiude il suo girone al 3° posto conquistando poi la quarta promozione in quattro anni ai play-off. Esprimendo il “migliore calcio di Europa” secondo il quotidiano L’Unità in un articolo dell’epoca, che si spinse fino a soprannominare la squadra “Real Paternò”. Oggi come oggi i tempi di gloria sembrano lontanissimi. Nel 2004 la squadra retrocede sul campo e poi fallisce. Riparte in Promozione acquisendo il titolo di un’altra società. Da lì altri fallimenti (in tutto ce ne saranno quattro, una brutta tradizione italiana) ed ora il Paternò Calcio milita in serie D.

La tifoseria organizzata nel frattempo non ha mai mollato. Si ritrova ora sotto la dicitura Curva Sud Paternò, un nome generico classico negli ultimi anni. Quella rossoazzurra, come in tutta Italia, ha visto vari gruppi avvicendarsi. I primi segnali del tifo organizzato a Paternò si rilevano negli anni ’70, con la nascità di due club più folkloristici: il Clan San Giovanni e i Boys Villetta, dai nomi di due rioni di Paternò. Bisogna aspettare il 1988 e la nascita della Dinastia Normanna in Curva Sud per avere un primo gruppo che si possa definire ultras. Il Paternò milita allora in Interregionale. Tipico di questi anni, dove il tifo organizzato esplode in tutte le serie ed in tutti gli sport. Altri gruppi si formano negli anni successivi come i Decisi, che si distaccano dalla Dinastia Normanna nel 2000 e poi a loro volta, dai Decisi nascono nel 2005 le Nuove Leve, un gruppo formato da ragazzi più giovani.

Con i vari fallimenti societari, il tifo paternese subisce forti metamorfosi. La Dinastia Normanna resta in auge, anche se con pochi elementi. Nascono altre entità come il Gruppo Testa. Le Nuove Leve si sciolgono e successivamente si riuniscono tutti sotto un unico vessillo rossoazzuro con la dicitura Curva Sud Paternò. Anche se quell’idea di radunare tutti sotto un’unica insegna preesisteva già con lo striscione Paternesi, fatto dai Decisi all’inizio del XXI secolo. Bisogna aggiungere che Curva Sud è una sigla ma non un gruppo. Le altre entità esistono ancora, che sia la Dinastia Normanna, il Gruppo Testa o le ex Nuove Leve. Oggi gli striscione presenti allo stadio sono proprio Paternesi oltre ad una pezza Curva Sud Paternò. Per essere precisi bisogna aggiungere che nei Distinti ci sono altri due striscioni: Movimento B ed Appartenenza. Anche se accendono due fumogeni con i colori sociali a fine partita, non tifano mai ma rimangono seduti per tutta la partita, dunque si tratta più verosimilmente di ex-ultras che si sono spostati da qualche anno in quel settore. Presente anche la pezza Ultras Iblei degli amici di Ragusa, per onorare questo gemellaggio tra le due tifoserie che risale al 2000.

Anche se sono solo una quarantina il tifo c’è. I ragazzi di casa ci sanno fare e si sentono per tutta la partita. A un bandierone rossoazzuro il compito di dare un tocco di colore assieme ad alcuni fumogeni accesi durante la partita. Sul bandierone si nota la sigla G371, che nel codice fiscale identifica le persone nate a Paternò. Un tamburo dà il ritmo dei canti e si notano diversi battimani durante la partita. Mi saltano all’occhio diversi ragazzini tra 10 e 14 anni che cantano con loro e fa sempre piacere vedere il futuro degli ultras in Curva a divertirsi. Questa realtà non è “Made in North Face” come tanto va di moda ultimamente, ognuno è vestito come gli pare ed anche questo è il bello. L’aggregazione deve essere naturale e non significare omologazione alle mode. Ognuno deve fare quello che gli pare nel rispetto dei ruoli ovviamente. Il tifo, lo ripeto, è costante anche se non raggiunge ovviamente picchi inverosimili, però la gente si diverta mentre canta, salta, balla e questo direi che è quel che conta! Nel secondo tempo, arrivano alcuni altri ultras, forse usciti dal lavoro: sono una cinquantina ora dietro lo striscione Paternesi.

I ragazzi di Trapani invece sono autori di una prestazione a dire il vero deludente. Può capitare una giornata no ed oggi per loro è proprio così. I primi dieci minuti cantano e sostengono la squadra, poi per motivi che ignoro non canteranno più. Fino alla fine del primo tempo quando si svegliano di nuovo. Hanno tre pezze con loro, che decidano di appendere dietro e non davanti a loro. Una scelta originale ed interessante che dà maggiore visibilità rispetto al plexiglas che trasparente lo era giusto 20 anni fa, quando lo stadio fu costruito. Non ci sono offese tra le parti ma solo indifferenza. Il loro secondo tempo non posso giudicarlo, essendo rimasto quasi solo nei pressi della Curva Sud. Ma ogni tanto noto un po’ di movimento da parte loro.

La partita finisce con un pareggio uno ad uno che accontenta le due tifoserie. A fine partita la Curva Sud locale continua a tifare e lo fa per i diffidati. Nei giorni precedenti infatti, la tifoseria rossoazzura è stata colpita da famigerati Daspo, dopo un incontro ravvicinato, con un’altra tifoseria siciliana a Messina, durante una trasferta. Un classico di questo crocevia fra tifosi che si muovono da e verso l’isola. Infine i giocatori vanno a ringraziare i loro tifosi. La squadra del Paternò è accolta da torce e fumogeni mentre gli ultras cantano per il loro unico amore.

È tempo di andare per me, felice e soddisfatto. Il mio regalo di Natale più bello sono queste emozioni che nonostante tutto gli ultras sanno trasmettere. Devo anche aggiungere che oggi non ho visto Polizia e Carabinieri. Forse c’erano alcuni agenti in tribuna, ma comunque in numero esiguo tanto da non riuscire a rilevarli. Il clima è risultato molto tranquillo, senza tornelli, biglietti nominativi o altre amenità partorite dall’industria del calcio. Guardo un’ultima volta la Curva locale dietro la quale si vede bene il Dongione che domina la città. Si capisce bene che tra questi due posti c’è, a un millennio di distanza, un filo comune, quello di difendere la città a tutti i costi!

Sébastien Louis