Ci sono viaggi che si fanno con un unico bagaglio: il cuore. Che sia con o senza carta del tifoso, una Away card o un biglietto nominativo, uno dei motivi più belli del viaggio è la condivisione. Uomini che credono nella testardaggine dei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono e cercano di diffonderli. A caldo questo è stato il mio primo pensiero, vedendo stupito la quindicina di livornesi giunti fin qui a Bari. Coesione e spirito di gruppo: è il caso di dirlo, il miglior specchio in cui guardarsi è sempre il solito vecchio amico.

Tante le classiche domande, critiche e considerazioni che si possono trovare dietro il solito maledetto schermo, ma pochi si pongono il legittimo e ragionevole dubbio: in tutto questo è l’arrivo alla destinazione finale che conta, o lo spirito con cui ci si approccia al viaggio? Il mezzo o il fine? Tempi di repressione e barbarie indurrebbero a doverosi distinguo, d’altronde anche la stragrande maggioranza del movimento ha segnato la resa delle velleità filosofiche vacue e ripetute a pappagallo, preferendo piuttosto tornare all’azione e al viaggio, nei margini di movimento e nelle pieghe che rimangono sguarnite dal controllo del “fratello maggiore” ossessivo e compulsivo.

La prova sugli spalti passa ovviamente in secondo piano, anche se l’impatto è comunque bello a vedersi e risulta piuttosto compatto. Tutti sono a torso nudo, il caldo quest’oggi è davvero impressionante, e la risonanza canora la otterranno solo sporadicamente con qualche coro secco. Oggi ha vinto la presenza e tanto basta.

Capitolo tifoseria di casa. Eravamo rimasti alla tappa di Frosinone, dove per motivi non ancora chiari a nessuno, 52 malcapitati tifosi hanno subito il daspo di gruppo, ultima trovata anticostituzionale dei nostri deliranti politici. Ai lettori occasionali della rivista consiglio di rileggere l’approfondita analisi del nostro Simone Meloni, con le considerazioni a caldo del postFrosinone, a questo link https://www.sportpeople.net/ultima-fermata-daspo-di-gruppo-io-alzo-le-mani-frosinone-bari-serie-b/.

Se proprio vogliamo cercare un qualcosa di positivo, in questa macabra e sconcertante commedia all’italiana, possiamo trovarla nella grande solidarietà mostrata nei confronti dei 52. Una solidarietà che, da parte dell’opinione pubblica, dovrebbe palesarsi sempre e comunque, per chiunque fosse soggetto alla privazione della propria libertà e con essa della propria passione, non solo quando ci si ritrova di fronte a casi limite come questo.

I grandi temi con cui siamo abituati a confrontarci, oggi come oggi travalicano i ristretti confini del mondo ultras per trovare ampio risalto, vuoi anche perché tali ingiustizie hanno colpito pure semplici tifosi che con il mondo ultras hanno davvero poco a che fare.

Ma la tessera del tifoso non doveva tutelare proprio questi tifosi in trasferta? La tessera del tifoso non doveva permettere di superare ogni divieto di trasferta? Che sia la volta buona e che si possano risvegliare con questi “semplici tifosi” ingiustamente colpiti da daspo, tutti quelli che erano favorevoli alla tessera al famoso motto “io non ho nulla da nascondere”?

Certe “soluzioni” avanzate dai vertici del calcio e della politica italiana, hanno dimostrato il loro reale intento, di carattere puramente economico/repressivo, e si sono rivelate un mero trampolino d’interesse per le televisioni.

La Nord si è espressa anche con lo striscione “Paparesta uno di Noi”, la cui motivazione va ricercata nelle dichiarazioni dello stesso, che sostiene il daspo di gruppo essere un’ingiustizia grandissima. Ma questo lo sapevamo già noi in primis, non sono necessarie parole incravattate per dare conferma a quanto paghiamo a caro prezzo sulla nostra pelle. Belle parole, ci mancherebbe, ma se tutti questi paladini che alternativamente si ergono a difesa del mondo ultras facessero seguire anche qualche fatto tangibile, tra tessera, articolo 9, daspo e barbarie varie forse qualche ingiustizia l’avremmo risanata.

Per mettere ulteriore pepe al clima teso, in aggiunta, l’Osservatorio sulle Manifestazioni Sportive del Viminale ha già proibito ai supporters baresi la trasferta a Vicenza il prossimo 23 settembre, e tra i tifosi c’è il timore diffuso di non poter più accompagnare la propria squadra in giro per l’Italia, anche se tale ipotesi resta praticamente impossibile.

Che dire ancora di questa gara? Ciò che mi colpisce è il ritorno, numericamente parlando, ai soliti “veri” sostenitori baresi: il famoso zoccolo duro dei 15.000 sfoltito di qualche fronda eccessiva di occasionali.
Muso duro con le FdO, tanti cori contro di loro e tanti cori pro diffidati. Insomma una Nord che, a margine delle diffide, sembra aver risvegliato dal torpore il suo animo ribelle che non si vedeva da parecchio, lasciando in secondo luogo il sostegno alla squadra. Una Nord insolita e molto “vintage” in questo senso.

Nei primi 35 minuti lasciano il settore centrale vuoto, lunghissime pause intervallate, come detto, da cori, o per meglio dire boati, contro le FdO e per la libertà degli ultras. Sono 35 lunghi minuti in cui nemmeno l’inno li scuote più di tanto. Davvero suggestivo il contorno, freddo e solidale al tempo stesso, persino in questi momenti che solitamente coinvolgono lo stadio intero.

Il seguito, per cronaca, vede una Nord tutta unita, con i bandieroni al vento e che si fa sentire con non poca compattezza. Nonostante sia per natura un critico obiettivo ed a volte pesante, oggi direi che la loro è stata una prova semplicemente massiccia. Se posso trovare due pecche: striscioni non troppo pungenti, ma ci sta, meglio di questi tempi esprimersi con la voce; e la seconda pecca, da me evidenziata già in passato, che riguarda il famoso teatrino indegno tra speaker e tifosi durante le formazioni e i gol. Uno scempio classico del calcio moderno, che ormai ha preso una piega davvero incontrollabile. Ma alla fine è il solito pelo nell’uovo, seppur unito a tanti peli sta formando su di noi una pelliccia che ci rende insensibili al controllo subdolo del Sistema, che a piccoli passi ci comanda ormai a bacchetta su tutto quello che dobbiamo dire o fare, senza più la minima spontaneità e pagando a caro prezzo, economicamente e penalmente, ogni qual volta ci interfacciamo con esso o tentiamo di rifiutarne le logiche.

Massimo D’Innocenzi.