Come mi è capitato di scrivere lo scorso anno, per buona pace di tutti, questa è una sfida a cui mi avvicino con una certa perplessità. Un tempo veder salire in Serie A matricole terribili era bello e persino entusiasmante. Ovvio, i soldi hanno sempre fatto parte di questo mondo e senza di quelli “non si canta messa”. Ma negli ultimi anni ad appropriarsi di questi fondi sono state sempre più spesso squadre e società con pochissima storia calcistica alle spalle, così se nei bassifondi pallonari italiani marciscono nobili piazze come Taranto, Foggia, Salerno, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Venezia, Trieste e via dicendo, nella massima serie si avvicendano città e sodalizi che fino a qualche anno fa avrebbero a fatica scavallato la Serie D.

E’ sintomatico secondo me, non me ne vogliano i tifosi del Sassuolo, contro cui non ho niente, le mie perplessità semmai nascono verso personaggi come Squinzi, ma ancor nei confronti di chi permette loro di creare obbrobri come una squadra che gioca a chilometri di distanza dalla sua sede naturale e che negli anni ha cambiato ben due stadi suscitando le giuste contestazioni delle piazze di Modena e Reggio Emilia, in quest’ultimo caso addirittura il patron della Mapei si è appropriato dello stadio Giglio, svenduto colpevolmente dalla società granata. Calcio moderno o non, perché ripeto, i soldi hanno fatto parte di questo mondo anche quando a gestirli c’erano Dino Viola piuttosto che Costantino Rozzi o Romeo Anconetani ed è quindi un po’ difficile stabilire da dove parta cronologicamente questo calcio moderno verso cui i tifosi si battono, la cosa non può piacermi e non lo posso nascondere.

Quindi, come si è capito, Roma-Sassuolo non è la mia partita preferita. Ma il calendario questo offre. Oltretutto da una settimana a Roma non fa che piovere. Le strade sono perennemente allagate e i collegamenti cronicamente rallentati. Il nonplusultra insomma per muoversi da casa in direzione Olimpico. La metropolitana impiega quasi il doppio del tempo rispetto a un giorno “senz’acqua”.  Menomale che “non può piovere per sempre”, altrimenti faremmo bene a lasciare questa città o quantomeno a chiedere un aiuto alla Comunità Europea per pulire tombini e impianti fognari. Che lo faccia il comune è escluso, troppo impegnato in “strade di mezzo” in questo periodo.

Ritiro il mio accredito ed entro sugli spalti. La cornice è discreta, pur non essendo un incontro di cartello. Il pareggio della Juventus a Firenze e le speranze di un riavvicinamento alla vetta hanno certamente incentivato una buona presenza di pubblico. Da Sassuolo sono un centinaio i tifosi giunti nella Capitale, tra loro non ci sono gli ultras che hanno rinunciato a viaggiare per non sottoscrivere la tessera del tifoso. Le due squadre fanno il loro ingresso in campo e la Sud come sempre si colora di torce, fumogeni e sciarpe sulle note di “Roma, Roma, Roma”. Anche il gruppo della Nord alta tira le redini del tifo nel suo settore facendosi sentire a più riprese. Un paio di striscioni verranno esposti quest’oggi dal cuore del tifo romanista, il primo è contro i continui divieti che negli ultimi anni fanno da sottofondo al nostro calcio, in particolar modo in vista di quello che quasi certamente verrà inflitto ai romanisti per la partita Genoa-Roma. Su ciò mi sono espresso miliardi di volte, resto dell’idea che se si vuole qualsiasi partita si può far giocare con ambo le tifoserie, senza incidenti e senza tessera del tifoso. Volere è potere, ma nel paese del lassismo ciò appare quasi impossibile. Il secondo striscione resta sempre in tema e recita: “Per Raciti ultras condannati per Cucchi tutti scagionati”.

In campo il Sassuolo si porta incredibilmente in vantaggio per 2-0, grazie alla doppietta di Zaza che sblocca il match su un marchiano errore di De Sanctis. La Roma riesce a recuperare la partita nella ripresa con Ljajic, il serbo trasforma un penalty e acciuffa il pareggio in pieno recupero, con la bellissima esultanza di Curva e Distinti. Un risultato che tuttavia scontenta i capitolini che mancano l’occasione di accorciare sulla Juventus. Nel frattempo ha ricominciato a piovere, neanche ci faccio più caso. Mi paro sotto il cappuccio della mia felpa e a passo veloce mi avvio verso la metropolitana. Piove anche all’interno della stazione Flaminio. Forse era meglio portarsi un ombrello ed evitare di fare il sub in versione cittadina.

Testo Simone Meloni

Foto Cinzia Lmr