All’Adriatico torna una sfida che manca ormai da ben sedici anni. L’ultima volta che biancazzurri e giallorossi hanno avuto modo di affrontarsi, infatti, correva l’anno 2006 e si trattava del campionato di Serie B. Parliamo di due sodalizi e due tifoserie che non hanno bisogno di presentazioni, avendo scritto importanti pagine del calcio italiano e potendo vantare importanti trascorsi anche in massima divisione.

Pescara-Catanzaro di oggi è una sfida importante per il crocevia del Girone C. I calabresi guidano il torneo da inizio stagione, imponendo ritmi serrati e macinando vittorie su vittorie. Proprio dietro di loro si è fatto spazio un Pescara sornione, che tassello dopo tassello ha trovato la quadra portandosi a sole tre lunghezze dai calabresi. C’è quindi odore di big-match e con esso l’ambiente pescarese richiama alle armi tifosi e simpatizzanti, al fine di riempire lo stadio con una cornice di pubblico che ormai a queste latitudini manca da qualche anno.

Malgrado abbia fatto visita all’Adriatico in svariate occasioni, quest’oggi anche per me c’è una piccola novità: l’esordio in campo durante una partita dei padroni di casa. Un piccolo stimolo in più, dunque, che mi spinge a raggiungere il capoluogo dannunziano. Assieme all’opportunità di veder da vicino lo storico striscione dei Rangers, che ormai da qualche tempo ha rifatto la propria apparizione in Curva Nord. Può sembrare puerile ma, piaccia o no, parliamo sempre di un pezzo di stoffa che quest’anno ha festeggiato i suoi quarantasei anni al seguito del Delfino e che, per un amante del movimento e dalla sua storia, non può che rappresentare un feticcio.

Attraversare la dorsale appenninica, tagliando trasversalmente l’Italia dal Tirreno all’Adriatico, è un qualcosa che mi affascina sempre. Dal bel sole di Roma si passa dapprima a un cielo terso che bacia i primi rilievi abruzzesi, per poi immergersi in folte e grigie nuvole che quasi nascondono montagne e vallate prima di Pescara, dove fortunatamente l’iniziale spruzzata di pioggia che mi coglie una volta sceso dal pullman cessa velocemente, lasciando spazio a qualche nuvola e al fresco della brezza marina.

Generalmente non giudico tifoserie ed eventi in base al numero di spettatori, ma lasciatemi dire che rivedere uno stadio pieno per una partita di Serie C è davvero un qualcosa di bello. Saranno circa 13.000 i presenti. Con i 1.500 supporter delle Aquile a cui è stata aperta tutta la Curva Sud, dopo che i primi 800 tagliandi sono stati polverizzati nelle prime ore di vendita. Insomma, la quantità non farà la qualità, ma sicuramente in questo caso restituisce almeno una giornata di dignità a una categoria che negli ultimi anni ha visto scendere drasticamente le proprie presenze allo stadio. Malgrado strampalate idee di risanamento e proclami made in Ghirelli (tra cui l’ultima “mirabolante” proposta di riforma dei campionati), che in realtà non hanno arrestato il crollo verticale cui la terza categoria professionistica italiana è investita da anni, sia a livello sportivo che di interesse dei tifosi.

Nella fattispecie poi, Pescara nelle ultime stagioni credo abbia pagato in maniera molto importante sia gli insuccessi sportivi (culminati con la retrocessione in C) che la gestione di Sebastiani, ormai invisa a buona parte della piazza. I numeri casalinghi la dicono lunga sul livello di disaffezione e scetticismo maturato in riva all’Adriatico, clima che guarda caso è sempre figlio di talune gestioni che definirei “lotitiane”. Di contro, però, mi sento di dire che se nel momento del bisogno tredicimila persone hanno risposto presente, per una gara di Serie C, vuol dire che il sentimento c’è. Che la “pescaresità” è un qualcosa di radicato in città. Va soltanto tenuta viva e risvegliata. Ovviamente anche con i risultati, perché – non nascondiamoci – quelli aiutano qualunque piazza a rinvigorire e portare numeri.

Baretti, pizzerie e friggitorie all’esterno dello stadio pullulano di tifosi con sciarpe, bandiere e cappelli. L’antistadio a Pescara è un qualcosa che mi è sempre piaciuto: locali spartani, ragazzi che sorseggiano birre chiacchierando e un bel sentore di aggregazione e socialità. Magari non sarà lo stadio migliore d’Italia per il football e per il tifo (troppo dispersivo e disgregativo) ma mantiene un fascino retrò, che secondo me troverebbe il giusto compromesso con la modernità con una copertura: sarebbe davvero salvifica per un impianto quasi sempre vessato dal vento freddo e quasi invivibile in caso di maltempo.

I Rangers hanno diramato un comunicato che invita tutti i presenti a entrare in curva almeno mezz’ora prima del fischio d’inizio, per la corretta realizzazione della coreografia preparata. Così anche io mi insinuo dapprima tra i prefiltraggi e poi in campo, ritirando la mia pettorina e cominciando a girare in tondo sulla pista di tartan che circonda il perimetro di gioco. Per decidere dove posizionarmi a inizio gara. Anche se già so che qualunque sarà la scelta sarò successivamente scontento per questo o quell’altro dettaglio mancato o più lontano del voluto. Ma non si può avere tutto!

Alla fine mi posiziono sotto al settore ospiti, cominciando a scattare i primi movimenti delle due fazioni e notando come anche il contingente pescarese situato nella tribuna alla mia destra stia preparando una piccola coreografia e abbia per l’occasione inaugurato lo striscione Gradinata Adriatica. Poco prima dell’avvio delle ostilità risuonano le note di Gente di Mare, favorendo una bella sciarpata in Curva Nord.

Ore 14:30, l’arbitro precede le squadre nel tradizionale momento dell’ingresso in campo. La Curva Nord esibisce una moltitudine di bandierine biancoazzurre che sovrastano lo striscione HÆC EST CIVITAS ATERNI PORTA APRUTII ET SERA REGNI (Questa è la città di Aterno, porta degli Abruzzi e confine del Regno), motto esibito nel gonfalone comunale che ricorda le origini romaniche della città, chiamata Aternum, poi Piscaria e infine Pescara. Una coreografia ben fatta proprio per il suo simbolismo e la sua semplicità. Gli ultras abruzzesi hanno ragionato in maniera lungimirante, capendo che non sarebbe stato facile coordinare tante persone che tornavano allo stadio dopo tempo in qualche scenografia troppo complessa. Simile – e anch’esso ben riuscito – lo spettacolo messo in scena dalla Gradinata, dove diverse bandierine formano un tricolore blu, bianco e azzurro.

Su fronte catanzarese nulla da segnalare a livello scenografico, ma subito molta voce per incitare la prima della classe, in quello che è il primo big match stagionale. Lo dico con molta sincerità: la prestazione odierna dei calabresi mi convincerà molto di più rispetto a quanto visto qualche settimana fa in quel di Avellino. Innanzitutto – rispetto al match del Partenio – i gruppi si posizionano al centro, potendo coordinare meglio il tifo e riuscendo a coinvolgere anche le zone più laterali. Chiaro che con una squadra “schiacciasassi” – che mette subito le cose in chiaro, passando in vantaggio e finendo per monopolizzare un incontro che vincerà 0-3 – il tutto può esser più facile, ma non è poi così detto (ci sono tifoserie che pure sul 5-0 e col primo posto in tasca smettono di cantare dopo il primo coro). Bandiere sempre al vento, tante manate, un paio di cori a rispondere di notevole potenza e una bella e fitta sciarpata eseguita nel finale sono il marchio di fabbrica del settore ospiti in questa giornata.

Magari i giallorossi non offriranno grandi spunti in fatto di fantasia nei cori, ma quantomeno fanno gli ultras senza troppi fronzoli. E questo è un qualcosa che gli va riconosciuto non certo da oggi, ma anche e soprattutto quando le cose sono andate male e quando a tirare avanti la carretta sono stati pochi e volenterosi ragazzi. Dopo anni passati nell’anonimato calcistico e presenze mai mancate, quest’anno possono raccogliere un po’ di quanto seminato in anni e anni di Serie C e delusioni. Anche se poi il fato calcistico delle Aquile non è storicamente molto benevolo, tanto è vero che sui volti di tanti sembrava leggere una certa incredulità dopo l’esito di una partita mai stata in discussione. Da segnalare, tra le fila catanzaresi, la corposa presenza dei gemellati fiorentini.

E i pescaresi? Beh, nel loro caso sarebbe stato sin troppo facile deprimersi visto l’immediato andazzo della partita. Invece ho apprezzato tantissimo come i ragazzi della Nord abbiano continuamente spronato i presenti, anche quando in campo la gara era ormai compromessa. Sopra lo striscione Rangers tornato per l’occasione nella parte più bassa del settore, i presenti hanno offerto una bella e orgogliosa prova canora. Malgrado per più di qualcuno occorresse tornare a oleare i meccanismi del tifo e riscaldare le ugole. In tanti hanno capito quanto questa potesse essere una giornata importante per riavvicinare persone allo stadio, magari anche solo facendole divertire e facendogli “assaggiare” il menu di curva, quello che si fonda soprattutto sul sostenere fino al 90′ la propria squadra, al di là di qualsiasi evenienza. Non a caso credo che il momento simbolo della Nord odierna siano gli istanti seguenti al terzo gol avversario, quando i presenti aumentano i decibel di un coro che già durava da qualche minuto. Quasi a dire: “La partita è andata, ma noi siamo più forti di ogni sconfitta!”.

Il rigore sbagliato dal Pescara sullo 0-3 incornicia alla perfezione la giornata no della compagine abruzzese e regala al Catanzaro un successo netto e importante. Tuttavia dopo il triplice fischio ci sono applausi su ambo i fronti. Vincenti e sconfitti abbracciano virtualmente i propri giocatori, per motivi diversi e con sentimenti contrastanti, ma in un clima che incorona questa gara come una delle sfide più significative della Serie C di quest’anno. Se solo vivessimo un un Paese in grado di non reprimere il folklore delle curve, quest’oggi avremmo addirittura potuto assistere a un confronto “pirotecnico” fra le due fazioni. Ma proprio in quest’ottica proibizionistica si può e si deve capire che uno spettacolo simile (genuino, non artefatto) merita considerazione e rispetto.

Qualche goccia ricomincia a cadere a stadio ormai vuoto. Lo colgo come segnale per andar via, per non perdere il mio pullman che alle 18 partirà alla volta di Roma. Me ne torno a casa con la sensazione soddisfatta, di aver assistito a un match tra due grandi piazze del nostro calcio e con la consapevolezza che il prosieguo di questo campionato potrà offrire ottimi spunti dal punto di vista del tifo e del pubblico.

Le montagne innevate mi corrono ai lati, ma col sole ormai già tramontato fatico ad accorgermene. Sul pullman ci sono anche diversi tifosi catanzaresi, che ovviamente festeggiano la vittoria sciorinando però diversi riti apotropaici nei confronti di chi dà il campionato già per vinto. Sento queste chiacchiere e questo ambiente mio. Lo sento familiare, a prescindere dalla tifoseria. E tutto intorno vedo gente seriosa, quasi infastidita nel percepire l’euforia altrui.

La domenica degli ultras è differente anche e soprattutto per questo.

Simone Meloni