Trasferta tutto sommato senza troppo pathos per la tifoseria comasca che in questa stagione ha da arrivare in Toscana parecchio spesso ed in alcuni casi per partite anche piuttosto sentite. Quella di questa domenica non è che rientri in questa categoria: la tifoseria locale non può per numeri e tradizione paragonarsi con i lombardi ma comunque resta una novità nel campionato nazionale che si spera continui ad esistere anche in un futuro prossimo. Del resto le problematiche per queste tifoserie sono notevoli, basti pensare che con certi numeri risicati diventa difficile avere un continuo ricambio generazionale.

I comaschi si presentano a Pontedera in circa quaranta unità, attaccano qualche pezza alla balaustra ed aspettano l’ingresso in campo delle squadre per iniziare a farsi sentire.

I padroni di casa colorano il proprio settore con un paio di bandiere mentre i comaschi partono decisi con i cori. I blu chiedono a gran voce la vittoria, poi la loro prestazione va molto a corrente alternata con qualche bel coro ma anche con pause parecchio prolungate. A tifare costantemente per la squadra sono circa la metà dei presenti, altri preferiscono godersi la partita ed altri ancora puntano spesso e volentieri il bar che si trova all’interno del settore. Qualche coro per la squadra, alcuni pure in dialetto, poi l’attenzione si sposta sui rivali di Varese e su quelli di Livorno, infine il raggio dei nemici viene allargato a tutta la Toscana.

Nella seconda frazione i padroni di casa accolgono le squadre in campo con un bel bandierone coprisettore. Il tempo di piegare il tutto e tornare a tifare che la squadra passa in vantaggio facendo esultare la tribuna.

Il vantaggio non dura molto, il Como pareggia su un errore difensivo del Tuttocuoio e nel settore ospite si vive questa fase con un po’ più di animosità; niente di travolgente ma comunque c’è sicuramente una partecipazione più massiccia ed i cori sono più frequenti.

L’incontro termina con un salomonico pareggio che a ben vedere accontenta pure entrambe le tifoserie.

Valerio Poli.