Nell’immaginario comune nostrano, il basket è lo sport minore per eccellenza, il parente povero del calcio o se vogliamo, il suo fratello minore in termini di visibilità e numeri. Poi ci sono le immancabili eccezioni e se a livello sportivo ho poche carte in mano per affermare il contrario, per quanto riguarda le tifoserie, la città di Livorno presenta due splendide realtà che offrono ampi spunti di riflessione in tal senso.

Per capire la febbre di basket della città partiamo pure da lontano, dal giorno in cui vengono messi in vendita i biglietti di questo attesissimo derby, attesissimo perché a parte la nota ed evidente questione della supremazia cittadina, le due squadre viaggiano senza tanti fronzoli nella parte alta della classifica; ebbene, in neanche ventiquattro ore, vengono letteralmente bruciati tutti i biglietti delle due curve del palazzetto, quel Palamodì che per tutti a Livorno è il Palapuppa, non fosse altro per una forma piuttosto originale ed aggraziata che ricorda, con una bella dose di fantasia, il seno femminile.

Una volta terminati i biglietti delle due curve, il pubblico di Livorno si riversa velocemente sugli altri settori ed alla fine gli ottomila posti disponibili vengono occupati senza troppi indugi, mettendo in evidenza il problema della capienza considerando che le richieste superano di gran lunga il limite massimo consentito ed anche il pomeriggio della partita, più di un affezionato prova a recuperare in extremis il prezioso tagliando per assistere al derby.

L’attesa è spasmodica ed infatti il palazzetto si anima ben prima del fatidico start, le due tifoserie si dispongono con ampio anticipo nelle due curve ed anche gli altri settori vengono presi d’assalto con una divisione abbastanza evidente: chi tifa Pielle si sistema adiacente alla Curva Sud, chi tifa Libertas invece si posiziona dove stazionano gli Sbandati.

Ormai ho fatto l’abitudine al pubblico da palazzetto, qui l’integrazione è veramente ai massimi livelli, donne, uomini, bambini, tifosi, ultras, tutti stanno in un grosso contenitore dove tutto, o quasi, è lecito senza troppe divisioni sociali, politiche o di genere visto che distinte signore ben vestite e truccate ad arte si scatenano per una decisione arbitrale ritenuta ingiusta, come del resto il brizzolato in giacca e camicia si agita inveendo magari contro gli avversari. La vicinanza del pubblico al parquet enfatizza questi comportamenti ed è il bello di un palazzetto che ribolle di entusiasmo, aggiungiamo pure il fatto che il basket come sport è veloce, con continui capovolgimenti di fronte e con decisioni arbitrali praticamente continue, arriviamo al punto che il pubblico, specialmente quello di parte, è protagonista indiscusso dell’evento.

Sarà per questo e per tanti altri motivi che non sto a menzionare che a Livorno il basket sta riscuotendo un notevole successo in ogni fascia d’età, in curva puoi notare i cinquantenni che hanno seguito la squadra anche nelle categorie minori ed ora continuano ad essere in prima linea, così come le nuove leve che si ritrovano dietro gli striscioni ad incitare la propria squadra, cercando di coinvolgere il restante pubblico.

Con questi presupposti il prepartita è un gustoso, anzi, gustosissimo antipasto dell’incontro stesso con i primi cori che si alzano e fra i quali, naturalmente, la parte da leone la fanno i saluti calorosissimi che si scambiano le due fazioni. C’è spazio anche per un paio di iniziative meritevoli di menzione, la prima è la donazione che viene fatta dalla Curva Sud alla città di Livorno del terzo defibrillatore, consegnato al vicesindaco Camici, la seconda iniziativa vede entrambe le curve coinvolte nel ricordo e nella ricerca di giustizia per i morti del Moby Prince: non mi dilungo su una vicenda che ho già avuto modo di sviscerare in altre occasioni, da rimarcare solo il concetto che la città chiede a gran voce giustizia per i morti di una strage che il tempo ha provato ad insabbiare e l’ultima sentenza è l’ennesima mazzata che viene inflitta in primis ai familiari delle vittime, di rimando a tutte quelle persone che hanno a cuore una vicenda che a distanza di trent’anni resta di un’attualità quasi insperata. Per evincere quanta attenzione ci sia tutt’oggi su questa strage, basta sentire l’applauso che tutto il palazzetto tributa ai parenti delle vittime, che prima della partita hanno esposto lo striscione “Moby Prince: 140 morti, nessun colpevole!”.

L’ingresso delle squadre sul parquet viene salutato dalle due tifoserie con gli immancabili cori che si alzano prepotenti. Ormai i ranghi sui gradoni sono quasi compatti ed i decibel iniziano a fare il loro dovere, finalmente si avvicina il momento delle coreografie che immancabilmente vengono messe in mostra. Gli Sbandati si affidano ad un telone con il loro simbolo che viene fatto calare dall’alto, contornato da cartoncini bianche ed amaranto, effetto ottico perfetto e coreografia riuscitissima, nessuna sbavatura e questo non era per niente scontato visto che questo palazzetto, è bene ricordarlo, non è quello usato comunemente nelle partite di campionato e come è facile immaginare, la curva non è tutta occupata da tifosi ma anche da semplici appassionati: a quest’ultimi applausi vivissimi per aver seguito alla lettera le indicazioni, il risultato è coreografia che può di diritto entrare nell’album dei ricordi positivi.

Sulla sponda Pielle si opta per un copricurva nuovo di zecca che una volta riposto, lascia spazio ad una marea di bandiere e bandierine che ricordano molto le curve argentine e sudamericane in genere, il lancio dei rotoli di carta non convince del tutto ma per un paio di minuti bandiere e bandierine fanno il loro onesto dovere, donando un bel tocco di colore.

Poi c’è il tifo ed ormai mi sono abituato al tifo da palazzetto che non è né migliore né peggiore di quello da stadio ma è semplicemente diverso. Diverso perché principalmente segue l’andamento della partita e vive di fiammate e qualche debacle, una bomba da tre incendia la curva e viceversa un canestro sbagliato crea malumore, ma per coralità ed inclusione almeno in questo derby c’è da strabuzzare gli occhi e godersi un paio d’ore di sostegno accanito.

Le due curve non si risparmiano ed è veramente difficile, al termine della partita, dire chi ha prevalso a livello vocale, sicuramente la Pielle numericamente riceve più simpatie ma nei derby ho imparato che la questione numerica si appiattisce e non di poco. Se le due tifoserie ci danno dentro alla grande è anche per merito di una partita che resta sempre in equilibrio, tanto che a trentacinque secondi dalla fine vede le due squadre in un perfetto pareggio. Per lo spettatore del tutto disinteressato del risultato è stupendo palpare il pathos che scorre fra le due anime di Livorno, il nervosismo si taglia col coltello, il tifo vocale vive di alti e bassi ed anche i giocatori in campo sbagliano quanto di più ci sia da sbagliare.

Alla fine il risultato premia la Libertas e gli Sbandati, che possono festeggiare e sbeffeggiare gli avversari. Tutto si risolve in qualche gesto non proprio ortodosso, la security e la digos locale fanno buona guardia dividendo le due tifoserie ma la sensazione è che la reciproca antipatia non possa sfociare in azioni violente, del resto in una città come Livorno le conoscenze sono all’ordine del giorno e la vittoria è il modo per sentenziare la supremazia. Questo fino al prossimo derby che spero vivamente si possa ancora decidere negli ultimi istanti. Con buona pace per i deboli di cuore ma un finale del genere è quanto di meglio si possa chiedere.

Valerio Poli