La storia italiana del movimento ultras ci insegna che i primi decenni sono stati sorprendenti per la rapidità di ascesa di questo nuovo modo di intendere lo stadio, in aperta opposizione alla vecchia maniera di intendere la partita, le ore precedenti e quelle immediatamente successive alla stessa. L’ultras ha rivoluzionato non solo il giorno della partita, obbligatoriamente la domenica al tempo, ma l’andamento di tutta la settimana, visto che nulla era lasciato al caso e i ritrovi consueti dei tifosi venivano presi d’assalto. Nomi e simboli venivano coniati attraverso il background dell’attività politica oppure venivano ripresi da quel mondo anglosassone tanto in voga in quel periodo, ma andavano di gran moda anche italianissimi aggettivi che esaltavano la passione, la dedizione e il coraggio del gruppo.
Striscioni, bandiere, i primi fumogeni, le prime sciarpe prodotte, era un periodo dove i maggiori centri italiani potevano sfornare curve di tutto rispetto, una marea di striscioni e gruppi spesso dalla vita breve. La geografia del tifo “made in Italy” era più in alto mare che mai ma nonostante ciò, l’intraprendenza e l’impulsività del momento sono largamente ricordate come espressioni di un periodo florido ed irripetibile.
A Pisa nel 1979 sorsero i “Rangers”, facile identificarli nell’effige di Che Guevara oppure nella lingua dei “Rolling Stones”, ispirata dalla bocca di Mick Jagger e della dea Kali e disegnata da uno studente inglese per una manciata di sterline. Quello che poteva essere un gruppo di passaggio come tanti se ne vedevano in giro, anno dopo anno, stagione dopo stagione, è rimasto vivo e vegeto finendo per diventare una pietra miliare nella città della Torre. Sono passate generazioni, si sono alternati i tanti decreti anti ultras che hanno messo in pericolo la stabilità del gruppo, eppure nomi e simboli sono ancora quelli. Ed estetica a parte, anche i “Rangers” sono ancora in quella Curva Nord che, pur con qualche accorgimento, continua ad essere un settore popolare dall’architettura propria, non come certi obbrobri fatti passare per modelli. Se poi a qualcuno piace una curva che di curva non ha nemmeno la forma, creata in tubi Innocenti alta e stretta, questi sono gusti personali ma i mattoncini della Lego sono ottimi sotto l’albero di Natale non certo per costruire stadi.
In questa serata i “Rangers” festeggiano dunque i loro quarantacinque anni di attività, traguardo non certo scontato e anniversario che va necessariamente festeggiato con tutti i crismi del caso, infatti a metà primo tempo parte la coreografia che si prende il meritato applausi di tutto lo stadio. Ottima la pensata, la riuscita è perfetta e l’impegno profuso per realizzarla è ampiamente ripagato dal risultato ottenuto.
Oltre la coreografia, la curva esprime come consuetudine un ottimo potenziale. Torce, bandiere e tanta voce vivacizzano la serata mentre lo striscione esposto nella ripresa per i fatti di Calenzano, conferma quanto la Curva Nord sia vicina alle tragedie che colpiscono i lavoratori. Da sottolineare come parecchi gruppi ultras in Toscana hanno voluto esprimere la stessa solidarietà alle famiglie che, loro malgrado, si sono ritrovate protagoniste di un fatto increscioso, l’ennesima tragedia sul lavoro, ancora vittime che vanno a riempire le caselle di una lunga ed infinita serie di numeri. Evidentemente malgrado tutti gli sforzi prodotti nel settore, la sicurezza dei lavoratori è ancora lontana da essere minimamente sufficiente.
Da Bari giungono in Toscana più di seicento tifosi, numero di tutto rispetto visto che la partita si gioca di venerdì sera e la distanza tra i due centri è ragguardevole. Tanti i tifosi provenienti direttamente dalla Puglia, l’ingresso avviene poche decine di minuti prima del via, il tempo di aprire lo striscione e di cercare di coalizzare tutte le persone dietro di esse. Vincente la decisione di tenere in mano pezze e striscioni, esteticamente è la soluzione migliore, un paio di tamburi vengono posizionati nella parte bassa mentre bandiere e bandieroni vengono fatti sventolare senza sosta ai margini del gruppo. Dal punto di vista estetico davvero poco da eccepire, qualche torcia allieta la serata e va a complementare un gruppo che resta unito e compatto fino al termine della gara, malgrado la sconfitta sul terreno di gioco. Tifo che non delude, i momenti di silenzio sono rilevabili con il lanternino, i cori vengono tenuti alti per diversi minuti. Magari se proprio si vuole trovare un piccolo difetto alla serata, si percepisce il poco coinvolgimento delle persone ai margini del gruppo principale, che solamente in alcuni casi si fanno prendere dall’euforia. Resta il fatto che anche sotto la Curva Nord ho sentito chiaramente i cori dei baresi, aspetto questo non scontato visto che distanza e vetrate non sempre fanno arrivare la prestazione di chi si trova nel settore ospite.
Può sembrare un aspetto da poco, quasi superficiale, ma all’ingresso degli ultras ospiti, mentre cercavano di fare gruppo, un ragazzo per invitare gli spettatori a lasciarsi coinvolgere ha esordito dicendo: “Venite, c’è da divertirsi”. Ecco, con questa frase per me è lui il vincitore, ha colpito in pieno l’essenza di seguire una squadra a centinaia di chilometri di distanza, in una serata di un giorno lavorativo. Se vai allo stadio ed in curva senza divertirti oppure pretendi di coinvolgere le persone senza offrire loro un divertimento, per me stai sbagliando strada. Ceti numeri sono esemplificativi del lavoro che ogni curva, ogni gruppo svolge.
Valerio Poli