Da piccolo ho praticato calcio ed uno dei miei primi allenatori, tale Mauro, citava alcune massime molto originali per spiegarci alla meglio schemi e movimenti da eseguire. Alcune particolarità ed alcuni insegnamenti, ancora oggi li ho bene in mente, del resto è stato il mio allenatore per svariati anni, personaggio burbero ma di cuore. Uno degli aspetti che lo mandava letteralmente fuori di testa, era se qualcuno gli domandava che numero di maglia avrebbe indossato il giorno della partita: lo vedevi cambiare espressione, urlare una serie di parolacce e gridarti in faccia che il numero di maglia è ininfluente, l’unico parametro da tenere in considerazione è che tale numero sia compreso dall’uno all’undici. Nel calcio di oggi questa particolarità è ampiamente superata, dietro le maglie indossate dai calciatori si nota un po’ di tutto, perfino i segni matematici, ormai non ci si fa mancare niente, ma all’epoca i titolari indossavano i completi dall’uno all’undici e chi sedeva in panchina aveva i numeri a seguire.

La sfida di questa sera apre di fatto il campionato di serie B stagione 2019-20, è l’anticipo del venerdì, non dico che sia il match dell’anno perché sarebbe una bestemmia bella e buona, però riveste calcisticamente un discreto interesse perché si affrontano una neo promossa dal curriculum nobile ed una seria pretendente al salto di categoria. Eppure ascoltando le trasmissioni sportive e leggendo qua e là i giornali, l’argomento principale è il numero di maglia di Icardi.  Sarò sbagliato io, si vive in un calcio che deve essere necessariamente spettacolo e non sport, dove perfino le esultanze dei giocatori sono studiate a tavolino, però siamo arrivati a preferire al calcio giocato, quello dei pettegolezzi e degli eccessi, quello volutamente plastificato, dove mogli, fidanzate e pseudo addetti ai lavori, decidono cosa è giusto o cosa è sbagliato dire e fare.

Tanto per fare un esempio, qualche anno fa un ciclista italiano ottenne un ottimo risultato sportivo e fece notizia, eppure mi ricordo che un noto quotidiano sportivo nazionale aveva in prima pagina la notizia del nuovo taglio di capelli di Bobo Vieri. E qui viene immediatamente spontanea la domanda di come un bambino possa realmente interessarsi alle sorti di uno sport e di una squadra quando si privilegia non l’aspetto ludico ma quello economico. Senza fare sermoni sugli ultras e su quei valori che teoricamente, e spesso anche praticamente vengono seguiti e sbandierati ai quattro venti, ma ancora ha un senso intendere il calcio come sport e non come una qualsiasi fonte di reddito? È completamente sbagliato dire che sportivi, tifosi ed ultras che seguono dal vivo le partite oppure pagano gli abbonamenti televisivi, sono in realtà polli da spennare e non una potenziale forza del club di appartenenza? Ed infine, come successo in Inghilterra con la riforma Thatcher, anche in Italia c’è un progetto futuristico per allontanare gli ultras dagli stadi tentando di sostituirli con una classe sociale agiata e desiderosa di spendere tempo e soldi per godersi uno spettacolo?

Guardo le due tifoserie che hanno aperto il sipario del campionato e cosa noto? Passione, quella sicuramente perché altrimenti non si spiega come si possa partire da Benevento, arrivare a Pisa, sciropparsi un bel tot di chilometri per vedere novanta minuti di partita. Ma c’è la condivisione di intenti, quello spirito aggregativo che ti porta a viaggiare e letteralmente emozionarsi quando si è su quei gradoni.

Da parte dei padroni di casa come non rimarcare la splendida organizzazione di curva ed una continua ricerca dell’inclusione, una continua chiamata a raccolta sia dei tifosi che si sistemano ai lati della curva, sia di quei tifosi che popolano la gradinata che a loro volta sono ben felici di partecipare al tifo e cercare di influire sul risultato. Perché alla fine chi frequenta gli stadi e soprattutto la curva cosa chiede? Semplicemente essere un attore protagonista, partecipare attivamente all’evento, poter condividere delle emozioni con amici e vicini di posto. Cose semplici, per qualcuno scontate, ma tra biglietti nominali, settori chiusi e limitazioni varie, è ancora possibile vivere queste emozioni? Il recente decreto sicurezza bis ci offre lo spunto per immaginarsi un prossimo futuro, sperando che una punta di pessimismo non assomigli troppo ad una fetta di realismo. Non se ne sente il bisogno e neanche la necessità.

Valerio Poli