Sapete quale dei tanti aspetti allucinanti del calcio d’oggi trovo davvero incredibile? Il fatto che a parlare ancora di divieti, limitazioni e settori chiusi senza una valida motivazione siano soltanto testate “di settore” come la nostra e qualche – neanche tutte – tifoseria attraverso comunicati, striscioni e fanzine. Per tutto il resto del mondo calcistico (cominciando dalle società, le prime colpevoli e conniventi con questo situazione vergognosa) è fondamentalmente normale o indifferente che si giochino partite senza una tifoseria o che si vendano biglietti utilizzando criteri discriminatori, medievali e degni di uno Stato sottosviluppato e incapace (o non volenteroso, diciamola tutta) di gestire persino qualche centinaia di spettatori. La strada (ri)presa negli ultimi due anni ci parla di un’esponenziale crescita dei divieti, di una sequela che in pochi anni – se non verrà arrestata – ci porterà ad avere praticamente i settori ospiti perennemente vuoti e renderà il concetto di trasferta solo un lontano ricordo. Un lento lavorio, che forse più di qualcuno sta prendendo sottogamba.

Da cosa nasce questo mio eloquio? Da uno dei tanti “consigli” partoriti da quell’organo composto da eccelse menti che prende il nome di Osservatorio Nazionale per le Manifestazioni Sportive, il quale per questa partita ha vietato la vendita dei tagliandi ai residenti nella provincia di Firenze. Adducendo, ovviamente, la “scusa” dello storico gemellaggio tra viola e catanzaresi. Un monito a dir poco lampante su cosa potrebbe essere l’eventuale ritorno di un derby storico come quello tra il Pisa e la Fiorentina. Una sfida che va ben oltre il campo e affonda le proprie radici nel più classico, affascinante e storico campanilismo italiano. Un confronto che – mettiamoci l’anima in pace – probabilmente non rivivremo mai più, neanche se i nerazzurri riuscissero a tornare nella massima divisione dopo circa trent’anni. Già me li vedo i geniacci made in ONMS, CASMS e altre sigle tanto difficili da pronunciare quanto incompetenti e inutili, capaci solo di evitare a monte il problema. Me li vedo pontificare su una lunga tavola di legno, esponendo le loro teorie e le loro preoccupazioni, dall’alto di una “grande” esperienza: quella di aver visto, al massimo, una partita allo stadio e non sapere neanche lontanamente quanto nella nostra società le gradinate siano permeate nella quotidianità, divenendo un fenomeno di costume. In fondo questi signori sono dei meri esecutori, messi là per affievolire o smorzare proprio questo fenomeno di costume. Utilizzando luoghi comuni e danzando su menzogne divenute ormai spauracchi grazie a un certo tipo di stampa (“gli stadi sono in mano agli ultras”, “rivogliamo il calcio degli anni ottanta, con le famiglie allo stadio”, “basta con quei buzzurri beceri che trasformano una partita di calcio in una volgare guerra”).

Si gioca di mercoledì sera in un’Arena Garibaldi che fa registrare il tutto esaurito, accesa da un Pisa che quest’anno sembra voler fare il grande salto e da inizio stagione occupa il primo posto in classifica. Malgrado la capienza perennemente ridotta e i continui problemi strutturali, l’impianto pisano mantiene intatto il suo fascino retrò: incastonato tra i palazzi e a pochi metri dalla celeberrima Torre pendente. Come sempre mi concedo una bella passeggiata dalla stazione, tagliando in due il centro storico e imbattendomi in orde di studenti o semplici comitive intente a consumare il loro aperitivo. Un’ora prima del fischio d’inizio, all’esterno della Nord, i chioschetti che vendono birra e panini sono presi d’assalto dai tifosi, che poi alla spicciolata entrano nel settore, scaldando i motori per una sfida importante, soprattutto dopo il pareggio a reti bianche maturato sul campo del Frosinone, tre giorni prima. Quando faccio il mio ingresso sulle gradinate, gli ultras calabresi non sono ancora entrati mentre la Nord accoglie le squadre in campo con una piccola torciata e uno striscione di incoraggiamento. Sempre molto bello lo stile “grezzo” dei toscani, che pur non badando alla forma hanno ormai consolidato da anni una loro estetica, appositamente incurante dello stile boutique tanto in voga ma non per questo sciatta o brutta da vedere. Lo striscione unico che campeggia in basso simboleggia l’unione tra tutte le componenti curvaiole, un qualcosa che negli anni ha garantito ai pisani di fare scudo nei momenti bui e confermarsi come una delle tifoserie più rispettate e valide dell’intero panorama italiano.

Intorno al decimo minuto si cominciano a intravedere i gruppi giallorossi, che successivamente fanno il loro ingresso lanciando provocatoriamente un paio di bomboni e qualche torcia. Sistemati gli striscioni, anche il confronto tra le due fazioni può avere inizio. Rispetto ad altre trasferte nel centro-nord, stasera i catanzaresi non si presentano in massa. Probabilmente l’imminente ponte del Primo Novembre ha fatto sì che molti fuori sede tornassero in Calabria già nei giorni precedenti. Ma questo, a mio avviso, non è affatto un aspetto negativo. Anzi. I circa quattrocento supporter delle Aquile si compattano dietro le proprie insegne e per tutta la partita si fanno sentire, spiccando spesso con battimani e cori a rispondere ed evidenziando come tante volte, meglio essere qualcuno in meno ma quelli giusti. Diversi sono i cori contri i toscani e per i gemellati fiorentini, che tuttavia non trovano risposta diretta tra le fila pisane. La Nord, infatti, sceglie di non insultare Catanzaro e i catanzaresi, riservando tuttavia gli ultimi minuti del match a una sequela di invettive contro gli odiati rivali viola. Dal punto di vista canoro i padroni di casa si producono in un’ottima performance, fatta come sempre di cori lunghi, manate e una bella sciarpata nel finale. Dopo il triplice fischio, lo zoccolo duro rimane nel settore a cantare per diversi minuti, continuando peraltro ad accendere torce e fumogeni, che all’Arena non mancano davvero mai. Respirati gli ultimi vagiti della serata, anche per me è tempo di lasciare gli spalti e guadagnare la strada per la stazione. Il “consueto” Intercity Notte per Roma Ostiense mi aspetta. Uno dei pochi convogli notturni che, fortunatamente, ha resistito negli anni e ancora oggi permette di unire Torino alla Capitale, su cui viaggio tra le braccia di Morfeo e che mi porta ogni volta alla mente dolci ricordi di adolescenza. Infatti non credo di esserci mai salito senza una ragione calcistica. Mando in archivio questo Pisa-Catanzaro, risvegliandomi al mattino in una Roma già caotica e alle prese con lo sciopero del trasporto pubblico. Un ottimo modo di darmi il bentornato!

Testo di Simone Meloni
Foto di Valerio Poli