Il movimento ultras nasce antagonista, refrattario al sistema. Scontato che l’unica forma di aggregazione giovanile ancora legata a principi storici inviolati nel tempo non possa far piacere a quella società arcaica e qualunquista legata a stereotipi classici ed ormai in disuso.
Ormai gli attacchi agli ultras non si contano più e le categorie che ogni volta mettono in cattiva luce le curve italiane e coloro che le popolano sono in continuo aumento. Se dovessi fare una scala gerarchica dei personaggi noti e meno noti che hanno parole di fuoco verso gli ultras, in prima linea metterei quelle persone che gravitano attorno al mondo pallonaro, che dall’altezza della loro posizione e magari di un curriculum di tutto rispetto, si sentono in dovere e con le conoscenze giuste per addentrarsi in un mondo che non conoscono al proprio interno, ma ne parlano per sentito dire o peggio ancora per quegli stereotipi duri a morire.
Tanto per fare due nomi, ricordo come Fabio Capello qualche anno fa esordì con una battuta infelice affermando che gli ultras sono i padroni del calcio, proprio lui che ha allenato ed è stato dipendente di società che qualche scheletro negli armadi sanno pur di averlo. E, anche recentemente, Carlo Ancelotti ha gettato benzina sul fuoco quando si è espresso sui cori di discriminazione territoriale, magari cercando di attirarsi le simpatie di una certa fetta di pubblico, ma in realtà si è unito a quella schiera di personaggi che non conoscono il limite tra rivalità sportiva e razzismo spicciolo.
Detto questo, lo Stato come garante della sicurezza, non ha mai fatti mistero di usare verso gli ultras la mano pesante, tra manganellate distribuite gratuitamente, cariche di alleggerimento spesso ingiustificate ed una repressione che negli anni ha fatto vittimi innocenti, ci sarebbe stato materiale in abbondanza per riporre gli striscioni e chiudere a doppia mandata i cancelli dei nostri stadi.
Non che gli ultras siano privi di responsabilità, sicuramente soprattutto nel passato ci sono state delle colpe legate a comportamenti al di sopra delle righe; ma anche lo Stato ha fatto in pieno la propria parte e tutt’ora mostra i muscoli quando c’è da proibire l’ingresso di una bandiera dai colori sconvenienti oppure quando c’è da distribuire qualche diffida preventiva. In barba al principio dell’innocenza fino a prova contraria.
I bustocchi che arrivano a Pisa aprono la loro prova canora con un coro in ricordo di Stefano Furlan; evidentemente il gemellaggio con i triestini ha il proprio peso ma in definitiva fanno riemergere un caso che troppe persone vorrebbero dimenticare o far passare per un comune incidente. E, grazie alle testimonianze e ad un lavoro immenso della Curva Furlan, la morte di Stefano ciclicamente viene ricordata perché non si può dimenticare un ragazzo morto nei presi di uno stadio con l’unica colpa di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Sfortunata coincidenza? Non proprio perché ad accanirsi su Stefano Furlan furono tre agenti che usarono le maniere un po’ troppo forti causando al ragazzo danni celebrali che lo portarono prima in coma e poi alla morte.
Qualcuno dirà che i tempi son cambiati, che certi errori non si ripetono, che sia da una parte che dall’altra c’è stata una presa di coscienza ed una maggiore collaborazione. In parte può essere anche vero, difficile star dietro a tutte le vicende, a quelle che hanno risalto e ad altre che passano in secondo – terzo piano. Ma la cronaca non è avara di queste situazioni e in questo pomeriggio è la Curva Nord che ricorda la vicenda di Luca Fanesi, l’ultras della Sambenedettese finito in coma farmacologico dopo un Vicenza – Sambenedettese del novembre 2017.
Anche in questo caso le prime notizie parlavano di scontri tra ultras; poi le prime crepe e gli scontri diventarono “presunti scontri” fino all’ipotesi, guarda caso, di qualche manganellata distribuita con troppa veemenza e con troppa poca leggerezza. Notizia di questi giorni, la richiesta di archiviazione del caso, con Luca Fanesi che si ipotizza abbia sbattuto la testa su di un marciapiede. Da certificato medico e dagli esami effettuati, Luca Fanesi ha riportato lesioni in tutte le parti della testa non compatibili con un impatto da caduta e ciò non va assolutamente ad avvalorare la tesi del marciapiede che invece si vuol far passare come verità assoluta.
La partita di questo pomeriggio si racchiude in questi due fatti di cronaca, uno recentissimo, l’altro che si perde nei tempi, entrambi legati dal medesimo filo conduttore che ciclicamente miete le proprie vittime.
Se si vuol andare a vedere la prova odierna delle due tifoserie, c’è da dire che gli ospiti si presentano a Pisa con le migliori intenzioni, una buona dose di alcool e tanta spensieratezza. Seguono la partita a torso nudo, la giornata non è fredda ma siamo pur sempre alle porte del Natale, perciò la colonnina del mercurio non segna certamente temperature estive. Detto del pensiero per Stefano Furlan, non mancano di sostenere la squadra e di ricordare gli storici nemici. Il loro tifo è continuo ed a tratti goliardico.
Curva di casa che mostra qualche vuoto ma anche il solito gruppo di fedelissimi, in barba al meteo e ai risultati della squadra, non manca di far sentire il proprio apporto.
L’incontro viene aperto con una bella sbandierata, poi parte il sostegno della curva che poggia su numeri sempre buoni. Qualche torcia, tanti bandieroni ed un tifo coinvolgente sono le armi in dote ad una curva che, con la squadra sotto di due reti, trova la forza di continuare a cantare in maniera esemplare, segno di un feeling che neanche il pessimo risultato può scalfire.
Infine da segnalare lo striscione esposto dalla curva di casa durante l’intervallo che annuncia l’inaugurazione del “Parco di Mau” per domenica 6 gennaio, un parco pubblico con giochi per bambini disabili costruito grazie alla collaborazione tra i gruppi della Curva Nord ed il Comune. Un progetto costato circa 400 mila euro, un’ulteriore iniziativa per mantenere vivo il ricordo di Maurizio Alberti. Un progetto portato avanti dai padroni del calcio. Capello docet.
Valerio Poli