Ci sono partite che hanno un valore al di là della posizione in classifica delle due squadre, incontri che vedono due tifoserie magari divise da un’aspra rivalità, sfide che non si preparano minimamente ma vivono di luce propria. In epoca di divieti di trasferta ed amenità varie, in tempo di Tessera del Tifoso e di settori ospiti lasciati volutamente deserti, si è perso molto del pathos che circonda una patita di calcio, l’attesa, i minuti che precedono l’ingresso in campo delle squadre, le coreografie e gli immancabili striscioni. Relegare il tutto ai semplici novanta minuti di gioco significa depotenziare, e di molto, l’evento, tralasciare la carica emotiva, le accese discussioni, la preparazione alla partita. Uno sporco surrogato privato di anima, uno spettacolo che vorrebbe avere come spettatori persone neutrali o tutt’al più “sportive” quando lo sport in sé, e di conseguenza il calcio, è contrapposizione.

Inutile girarci intorno, agire e pensare da perbenisti, la realtà ci racconta che i picchi massimi di interesse che raggiunge uno sport, li raggiunge quando c’è dualismo, competizione, contrapposizione. Nel ciclismo, come dimenticare la rivalità Coppi-Bartali oppure Pantani-Indurain? E tornando al calcio, come dimenticare le sfide Napoli-Milan con il trio olandese da una parte e Maradona dall’altra con quest’ultimo che, per gettare benzina sul fuoco, dichiara che non vuol vedere al “San Paolo” nessun vessillo rossonero?

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito, la rivalità esiste ed è sempre esistita, nello sport, nel calcio, sugli spalti. Chi con i decreti anti violenza ha cercato senza distinzioni di soffocare certi istinti, ha finito per ottenere l’effetto contrario; un tempo due tifoserie si affrontavano per lo più sugli spalti, numeri, colore, passione indicavano spesso quale usciva vincitrice dallo scontro. Oggi le curve, svuotate per buona parte del loro potenziale coreografico, si possono affrontare quasi esclusivamente fuori lo stadio, trasformando quella violenza rituale di un tempo in qualcosa di forse meno massivo ma molto più reale, tangibile e pericolosa. Tornare indietro non è cosa facile, cambiare le abitudini di una nuova generazione di ultras che si avvicina molto di più al modello hooligans, ultras che non ricercano più la forza anche numerica del gruppo ma privilegiano i microgruppi, ragazzi che non seguono più la linea indicata storicamente dalla curva ma privilegiano azioni e pensieri personali, tutti aspetti inconfutabili che hanno contribuito a generare una nuova identità nelle curve italiane.

Oggi all’“Arena Garibaldi” la partita è di quelle che contano solamente sul terreno verde: le due squadre sono ai vertici della classifica del campionato cadetto, una vittoria del Sassuolo confermerebbe la fuga degli emiliani, viceversa se ad uscire vincitrice fosse la squadra di casa ci sarebbe un riavvicinamento degli inseguitori. Partita importante dunque e biglietti andati esauriti ormai da giorni, è sold out anche se visivamente si notano alcuni vuoti: sono lontani i tempi delle trentamila anime sugli spalti, al giorno d’oggi la sicurezza negli stadi sembra, almeno a parole, essere al centro dell’attenzione degli addetti ai lavori. Salvo evitare di istituire vari punti di primo soccorso all’interno degli impianti, dove ormai è diventato antidiluviano vedere ancora volontari che procedono di corsa verso gli spalti, trovando la strada sbarrata da cancellate per raggiungere spettatori in cerca di assistenza.

Anche da Sassuolo giungono in Toscana un buon numero di tifosi. La partita è sicuramente sentita anche a quelle latitudini perciò all’inizio si crea un bel quadrato a centro settore. Visti i numeri in gioco diventa però difficile per gli ospiti farsi sentire, la Curva Nord parte un po’ col freno a mano tirato ma passata la fase di rodaggio, il tifo emerge in tutto il proprio potenziale e l’ambiente diventa quanto mai caldo. Visto anche l’andamento dell’incontro, voce e colore non mancano in curva e come da tradizione, anche la gradinata non manca di affiancarla in un botta e risposta che testimonia la bontà del progetto nella città della Torre pendente.

Prestazione esemplare di una tifoseria che conferma di essere il classico dodicesimo uomo. In questo pomeriggio è difficile trovare una sbavatura o un momento di silenzio. Se sostenere la squadra è puro divertimento, in curva c’è chi si diverte e anche parecchio. Da segnalare un traguardo importante tagliato dagli “Sconvolts”, quarant’anni di vita sui gradoni non sono certo un periodo breve e l’anniversario viene salutato con l’esposizione del vecchio e caro striscione e con la classica fumogenata multicolore che fa sempre il proprio effetto.

Gli ospiti, specialmente nella seconda frazione, viaggiano a corrente alternata. Qualche bel coro, alcuni momenti di silenzio piuttosto prolungati ma in quelle occasioni dove si ricerca la compattezza, la risposta dei presenti è comunque buona. Diversi cori contro la tifoseria empolese, con i quali la rivalità è piuttosto sentita, mentre a risultato ormai compromesso, i cori sono soprattutto ironici e demenziali. Nel finale i cori si fanno più intensi, viene sottolineato che, nonostante tutto, la squadra rimane prima in classifica e la sconfitta non può scalfire il feeling tra giocatori e tifoseria. Gli applausi a fine partita confermano la linea intrapresa, l’antifona è che un piccolo passo falso ci può stare per una squadra che gli addetti ai lavori considerano una fuoriserie per la categoria.

La festa finale è tutta di marca nerazzurra, una vittoria che rilancia la squadra e infonde consapevolezza dei propri mezzi. I cori che vengono dedicati ai nemici viola nascondono, non troppo velatamente, il sogno e l’aspettativa di una tifoseria che sarebbe anche matura per il grande salto. Certi numeri sono l’evidenza della buona semina effettuata.

Valerio Poli