Quando monto sull’autobus che da Marina di Pisa corre – stracolmo di adolescenti di ritorno dal mare – fino al centro cittadino, per quasi tutti l’argomento principe sembra essere la partita dell’Arena Garibaldi. Così come passeggiando per le strade del centro storico signori attempati e ragazzetti chiedono di tanto in tanto agli amici e ai commensali impegnati ad ingurgitare i loro aperitivi: “Allora stasera si va allo stadio?”.

Il Pisa è un qualcosa che si tocca con mano da queste parti. Un’istituzione ben ancorata al tessuto cittadino e al senso d’identità della sua gente. Sebbene i gloriosi anni ottanta, la Serie A e Romeo Anconetani siano ormai ricordi lontanissimi, il pubblico nerazzurro non ha mai smesso di rappresentare un punto cardine per un sodalizio calcistico che spesso ha dovuto far i conti con periodi di magra, fallimenti e dolorose ripartenze.

C’è da dire che per realizzare questo straordinario collante gli ultras hanno giocato un ruolo fondamentale, riuscendo a dialogare e portare dalla propria parte anche il pubblico normale, persino nei momenti più difficili e critici (vedasi le numerose vicende repressive e giudiziarie che li hanno riguardati). Credo che Pisa sia una delle poche città ancora veramente antagoniste in Italia. Dove l’antagonismo non è rappresentato dalla ridicola “ribellione” rappresentata da uno spinello fumato, ma dalla presa di coscienza di tante situazioni (che vanno anche al di fuori dello stadio).

In riva all’Arno sembra esistere un vero e proprio blocco che unisce stadio, strada e rivendicazioni sociali. Non è un caso che la locale questura sia una delle più rigide e impegnate d’Italia.

La finale playoff con la Triestina è innanzitutto un affascinante revival del vecchio calcio. Due club che hanno scritto lungamente la storia di questo sport e che, senza dubbio, figurano tra le icone per chiunque abbia ancora una minima visione romantica del pallone. Alla faccia di tutte queste presunte “favole” di cui si cibano oggi sedicenti cialtroni che vorrebbero narrarci il loro stucchevole football fatto di stadi vuoti e inanimati.

I dintorni dell’Arena Garibaldi sono neri di gente già due ore prima del fischio d’inizio. I ragazzi della Nord brandiscono bussolotti chiedendo un aiuto per la coreografia che oggi verrà realizzata mentre un imponente servizio d’ordine veglia i dintorni dello stadio. Un impianto letteralmente blindato da reti esterne che si erigono per dividere i prefiltraggi di ogni settore e varchi presidiati da zelanti steward. Il tutto restituisce un fastidioso senso di oppressione, ma ormai a questo siamo abituati da diversi anni.

La giornata calda, quasi afosa, fa sì che quasi tutti girino a maniche corte con una maglia del Pisa o dei gruppi. Cosa davvero molto bella da vedere in un mondo che per troppi anni ha strizzato l’occhio al casualismo, ai capi d’abbigliamento griffati e all’essere “asciutti” di colori e folklore.

Malgrado una capienza limitata, l’impianto toscano mostra davvero un bel colpo d’occhio, mentre i biglietti venduti per il settore ospiti sono 389. Tra le due tifoserie, manco a dirlo, esiste una datata rivalità che affonda le proprie radici innanzitutto nelle differenti connotazioni ideologiche, sebbene quest’oggi la politica non sarà praticamente mai motivo di sfottò. Del resto cambiano i tempi e l’epoca di canti e simboli espliciti all’interno delle gradinate sembra esser tramontata da tempo.

Gli ultras giuliani fanno il loro ingresso a pochi minuti dal fischio d’inizio, accompagnati da massesi e laziali. Sistemati nel loro spicchio si compattano esordendo con una bella sciarpata mentre dall’altra parte la Nord si cimenta nell’ennesima, sontuosa, coreografia.

Tre spettacoli in uno. Con pettorine e bandierine pronte a cambiare colore e formare la scritta “Pisa”. Il bello dei pisani è che al loro essere storicamente tifoseria dai pochi fronzoli, hanno sempre saputo avvicinare un bello stile nel realizzare scenografie e materiale. Un mix che conferisce loro un fascino tutto particolare.

La partita in campo è tesa e combattuta, con la Triestina che trova il vantaggio già al 14′ con Costantino. Il vantaggio alabardato tuttavia non gela l’Arena, che continua a macinare il suo tifo con un Nord che tra possenti battimani e coinvolgenti cori a rispondere si trascina dietro spesso tutto il resto dello stadio. Il boato al pareggio di Moscardelli, al 39′, è di quelli che lasciano il segno venendo però sopito dal nuovo vantaggio giuliano siglato da Formiconi al 43′ per l’apoteosi dei supporter triestini.

Detto della bella prestazione del pubblico di casa, va dato atto anche ai tifosi ospiti di aver saputo tenere botta nella bolgia dell’Arena. Un tifo costante, colorato da diverse bandiere e bandieroni e ben sincronizzato dai due lanciacori in basso.

Molto retrò lo scambio di offese tra le due fazioni in cui a entrare in gioco sono anche i gemellaggi, con i pisani che sembrano non aver dimenticato la vecchia rivalità con la Lazio.

Nella ripresa il Pisa spinge e a quattro minuti dal termine trova il pareggio con Marconi, che di testa fa secco l’estremo difensore avversario facendo letteralmente esplodere lo stadio e rimettendo la gara del “Rocco” sui binari di un sostanziale equilibrio.

Le due contendenti dovranno aspettare ancora sette giorni per conoscere il proprio destino. Di sicuro il match di Trieste sarà un’altra festa in termini di partecipazione. Segno tangente di come quando a scendere in campo sono storia e tradizioni non esista categoria che tenga.

Lasciatemi passare questa battuta: tra andata e ritorno, in proporzione, faranno molti più spettatori Pisa e Triestina che il Sassuolo in tutta la sua stagione di Serie A. Farebbe ridere se non ci fosse da riflettere.

Simone Meloni