Questa recensione poteva e doveva essere una sorta di consiglio per le letture sotto l’ombrellone, visto che l’avevo finito di leggere in piena estate, ma poi sono finito lungo, addirittura lunghissimo a causa come sempre dei vari ed oberanti impegni redazionali e lavorativi. Il tentativo di risarcimento tardivo avviene nell’immediata vigilia della presentazione dello stesso a Roma, che si terrà domani, sabato 25 marzo ore 19 presso il “Sally Brown rude pub”, in via degli Etruschi 3. Chi fosse in zona, può andare direttamente di persona e farsi un’idea dalla viva voce dei protagonisti e dagli autori di questo libro. Detto questo e scusandomi ancora per il ritardo, provo ad emendarmi offrendo la mia onesta analisi sul libro.

L’ascesa calcistica di Ferrara è stata segnata in parallelo da una forte crescita della sua tifoseria. Hai voglia a cavalcare la retorica insopportabile per la quale “a noi della partita non ce ne fregerebbe un caz*o…”, perché servono anche i risultati per attrarre forze fresche in Curva e poi da lì lavorare sul piano aggregativo. Si semina in tempi di vacche grasse per sperare di goderne i frutti quando i venti cominceranno a spirare avversi. È esattamente quello che hanno fatto e stanno tutt’ora facendo i ragazzi della Curva Ovest. Dalle classiche feste estive ai dibattiti, all’impegno sociale passando per l’ovvia e sempre centrale militanza attiva allo stadio.

Delle tante attività collaterali della Ovest, si segnala questa del (primo?) romanzo collettivo interamente scritto e prodotto da ultras della Curva stessa. Autobiografie di gruppi sulla linea di galleggiamento fra storia e auto-referenzialità se ne sono viste e lette tantissime, un romanzo invece – almeno a memoria, ma la mia è labilissima – mai. Anche se poi a posteriori, e per uno strano scherzo del caso, mi son trovato fra le mani qualcosa di molto simile in tal senso di cui spero di parlare separatamente a breve.

Sono 255 le pagine, in vendita al prezzo di 15 € e acquistabili presso la stessa Curva Ovest, anche online per chi materialmente non potesse recarsi ai loro eventi. “Più di undici”, così si chiama il libro, porta in realtà la firma del “Collettivo LAPS” acronimo speculare a quello della propria squadra di calcio che starebbe per “Laboratorio Autonomo Produzioni Spalline”. Un nome multiplo, un contratto tra pari che senza riferimenti specifici ha prodotto questa piccola chicca. Dietro questo collettivo non ci sono solo ultras come non ci sono solo ultras dentro una Curva, ma una varietà di anime e di esperienze diverse, di ex militanti oltre chi milita ancora, di simpatizzanti, di semplici tifosi, studenti, professionisti, uomini, donne. Un mondo trasversale esattamente come quello dello stadio, intergenerazionale, interclassista, una molteplicità di forme che nella diversità ha trovato la sua ricchezza e la forza per sopravvivere anche ai momenti bui, di evolversi, di esistere e resistere ad onta di ogni strenua forza contraria, come avrebbe più o meno detto qualcuno…

La stessa varietà di personaggi la si incontra nel libro, che in sostanza è una raccolta di racconti che poi vanno ad intrecciarsi fra di loro prendendo appunto le sembianze di un’unica e organica narrazione convergente. C’è Gianni Vulandra, anziano tifoso che sogna di tornare a far volare il suo aquilone (vulandra appunto, in ferrarese) come quando si recava allo stadio con suo padre da bambino; Andrea Marchetti mosso da una promessa e da un ricordo; gli ultras con il loro noto carico di amore condiviso; Luca Brenda che lavorando nel posto giusto al momento giusto può unire l’utile al dilettevole; Gemma per cui la partita rappresenta una più ampia forma di riconciliazione. E la partita in questione è quella dei sogni, ambientata in un ipotetico futuro in cui la Spal riesce a strappare all’ultimo spunto una qualificazione in Europa. È attorno a questo esordio europea che si coagulano le varie storie singolari che tutte insieme raccontano una passione e con essa le varie forme, fisiche e spirituali se vogliamo, che fanno una Curva, una tifoseria nel suo insieme.

Comincia tutto con il sorteggio di Nyon, l’urna dice Rapid Bucarest e da qui in poi parte un turbinio di idee, pensieri ed azioni tese verso lo Stadionul Regie. “Il sorteggio”, “il viaggio” e poi “Bucarest” sono i tre grandi capitoli in cui si sviluppano i paragrafi con le avventure e le disavventure dei vari personaggi che poi, inevitabilmente, presto o in ultima istanza, prendono a incrociarsi fra di loro. Voglio essere brutalmente sincero con gli autori del libro, che conosco e stimo, e con i lettori a cui devo intellettuale onestà: non tutte le storie e non tutti i personaggi mi hanno convinto fino in fondo, qualcosa mi è sembrata un po’ tirata a forza e qualcuno caratterizzato in maniera – a mio giudizio – un po’ incoerente. Anche se è netta la sensazione che in diverse circostanze si possa aver attinto a fatti o persone realmente esistenti. Forse però, restringendo il campo su meno soggetti e avendo un ventaglio meno ampio di storie, la trama ne avrebbe magari guadagnato in forza.

Però tutto sommando, “Più di undici” è un libro assolutamente godibile, che si lascia leggere molto bene e coinvolge per ritmo, invogliando a sfogliare una pagina dopo l’altra. Non un capolavoro della letteratura mondiale, ci mancherebbe, ma alza comunque l’asticella e rispetto alla media dei libri autoprodotti all’interno del mondo ultras è almeno una spanna sopra per impostazione, per contenuto, per fattura, per stile, per tutto. È un libro che si potrebbe tranquillamente inserire anche nel segmento superiore della letteratura sportiva generalista, sia per qualità che per capacità di farsi leggere ed arrivare persino ad un pubblico “laico” e non strettamente edotto sulle questioni ultras, che oltretutto qui non sono assolutamente il centro nevralgico del tutto ma solo una parte di esso. Quindi, beninteso, non aspettatevi chissà quale epica di scontri in tal senso, ma se mi chiedete se lo consiglierei o meno, la mia risposta sarebbe senza dubbio sì.