Sta facendo il giro del web la pubblicità del Teatro La Scala di Milano che ha come headline “Più Scala, meno ultrà” e come baseline “Vai dove lo spettacolo è sano”. In realtà, il piano promozionale, basato su un layout molto retrò e sul concetto di teatro classico, fa parte di un campagna più vasta lanciata già a fine Giugno dove, oltre al manifesto in antagonismo con gli stadi, appare anche un “Più Scala, meno divano – vai dove lo spettacolo è vivo” ed un “Più Scala, meno tablet – vai dove lo spettacolo non si impalla”.

La campagna pubblicitaria, ideata dall’azienda Tita, sfrutta, con l’ennesima salsa salata ed indigesta, la demonizzazione sempre crescente delle curve degli stadi per proporsi al pubblico degli Under 30, contrapponendo alla parola ultrà il principio del sano che, ovviamente, si troverebbe in “luoghi bene” come il famoso teatro.

Di campagne pubblicitarie ne esistono di tutti i tipi, comprese quelle controproducenti per l’immagine dello stesso committente. Denigrare, in maniera neanche tanto ironica, un intero movimento composto, se non oggi almeno nel passato, da migliaia di ragazzi che vivono una passione in maniera aggregativa e veramente genuina, è un clamoroso autogol.

Un teatro, per proporsi veramente al proprio target, non dovrebbe puntare il dito contro chi fa scelte di svago più idonee alla propria età, ma puntare su un programma stagionale di qualità e risaltarne, nelle campagne pubblicitarie, i contenuti e, perché no, magari abbassando anche i prezzi. Anzi, se si fosse un minimo più intelligenti, e con un po’ più di apertura mentale, teatro e stadio non dovrebbero nemmeno diventare scelte opposte. Un ragazzo che la domenica va in curva può, perché no, anche andare a teatro il Sabato sera con la propria ragazza. Ma i geni della pubblicità questo no, non possono proprio capirlo.

Stefano Severi