L’esultanza ha colori e odori strani. Si corre senza direzione, si urla, si impreca ma soprattutto si abbraccia tutto ciò che ti sta attorno, uomini, donne, bambini e cose. Esultare è un mestiere difficile, bisogna essere preparati, avere alle spalle anni di esperienza. Se poi tifi club che i gol li segnano e non li subiscono il tutto è più facile. La palla entra, cardiopalma, emozioni forti, pericolose e rischiose.

Il tuo posto sui gradoni è sempre lo stesso, anche le facce che ti circondano non cambiano, se non per qualche capello bianco in più o per il viso segnato dalla vita. Improvvisamente passi in vantaggio, si canta e si festeggia, ma il tutto dura troppo poco, l’Otranto trova il gol del pareggio. Il gelo cala.

I minuti passano e pensi che il pareggio sia una certezza e non solo un’eventualità. Quando meno te l’aspetti succede quello che volevi: Curci la butta dentro, l’Altamura torna in vantaggio, gol inaspettato ma sognato, imprevisto ma voluto. Salti, corri e abbracci chiunque, amici fidati e meno fidati. In quei secondi anche i rancori mai sopiti vengono messi da parte. In quegli attimi, lunghi una vita, tutto può succedere: bruciare il giubbotto con la sigaretta del vicino, macchiare la felpa con il Caffè Borghetti del primo sconosciuto che abbracci, o peggio ancora prendere un bella pedata “amichevole”. Sono gesti strani, che nella quotidianità di tutti i giorni ti farebbero arrabbiare, ma che il calcio trasforma in poesia e affetto; gesti che poi rimangono impressi nella mente e porti con te per tutta la vita. La folla si ammucchia, i più emotivi piangono, altri inciampano spinti da chi sta accanto, sopra o sotto.

Nel frattempo i “ragazzi della balaustra”, i lanciacori, sono in equilibrio e “moderatamente” esultano. Una vita spesa spalle al campo, a fomentare il popolo, ignari di ciò che accade sul rettangolo verde. Il gol non lo vedono quasi mai, ma appena la curva “scoppia” capiscono che qualcosa di importante è successo. Si voltano e vedono i giocatori correre sotto il popolo festante, immediatamente cercano gli sguardi della gente. In cambio della sfortuna di non veder niente della partita, loro hanno la fortuna di festeggiare godendosi lo spettacolo del popolo in delirio.

Le ultime parole le voglio spendere per la mia città. Non me ne vogliano Parigi, Londra o Berlino, ma penso che Altamura è e sarà la città più bella del mondo, non tanto per i monumenti o per la storia, ma per le emozioni che è capace ancora di regalarmi.

Michele D’Urso.