“Quando stai simpatico a tutti, vuol dire che abbiamo un problema”. Massima che ho immagazzinato con la crescita, sentita non so dove, al bancone di un bar o letta su qualche libro (potrebbe venire da Fedeli alla tribù, ma non ne sono certo). Il problema appare come chiaro: lui non ha nessuno a cui sta antipatico in quanto non ha carattere. Il mondo ultras è fatto di persone, che quindi si trovano spesso davanti al bivio tra scegliere di fare qualcosa che favorisce la conservazione della specie umana e della società e seguire il proprio istinto, cedendo a tensioni e visioni legate ad una propria prospettiva identitaria. Gli incidenti nel pre partita non sono nulla di nuovo, tutto schematizzato e facente parte di un fenomeno di costume legato al frequentare i settori più popolari degli stadi. White shoes, moda casual e giubbotti neri sono ormai parte di uno schema che include, per i più temerari, un assalto al luogo di ritrovo avversario; la visione sociale che prevede però l’incolumità in realtà prevale, infatti non si sono viste armi da fuoco, molotov o via dicendo. Il fatto che questo sia un fenomeno precostituito è confermato dal mancato successo di chi ha intrapreso l’azione. Qui non siamo a livelli militari, anche perché il primo ostacolo viene rappresentato dal terzo nemico, dalle Fdo. La violenza ha anche una connotazione simbolica, si apre tutto sempre con un lancio di oggetti, si vuole rompere la tranquillità, la quiete che viene data per scontata. Spesso in tali occasioni si assiste a ben pochi atti effettivi di violenza, pochi osano; si traduce ciò che avviene nel mondo animale quando avviene ad esempio il combattimento tra cervi. I due animali più forti si scontrano, spesso senza che uno dei due muoia ma rimanendo solo ferito. Tale battaglia evita che tutti gli appartenenti al branco combattano, si crea un gerarchia simbolica che condiziona il prestigio. Nulla di estraneo a noi, quindi; ma la violenza vende, nonostante essa sia presente in maniera più simbolica in ogni anfratto del nostro paese, tra disoccupazione e bassi salari. Nel suo Il giornalista quasi perfetto David Randall spiega come qualche decennio fa, un settimanale americano sul livello dei nostri rotocalchi patinati che si possono leggere nei negozi di qualsiasi parrucchiera, commissionò una indagine di mercato. Centinaia di persone del cosiddetto ceto medio/basso furono intervistate, e mentirono. Chiaramente le casalinghe non potevano rispondere “certo, lo compro perché dopo pranzo a mio marito piace leggere storie di preti che insidiano i figlioli dei parrocchiani e a me invece interessano le corna dei vip televisivi”. Risultato: il giornale alzò il tiro dei suoi articoli, perdendo decine di migliaia di lettori e tornando poi sui suoi passi, infarcendo pagine e pagine di storie squallide. Il proibito vende, perché è parte di noi, perché è esterno a noi, ci fa sentire migliori. Ma allo stesso tempo se uscisse il nome di un nostro figlio/nipote/caro amico lo difenderemmo, seguendo un familismo amorale. Nessuno dei ragazzi che ha partecipato agli incidenti però negherebbe ciò che ha fatto, non siamo ancora al tribalismo amorale. Saremo per sempre fedeli alla tribù, ma non siamo estranei alla società, i riti e la tradizione vincono però sempre, dato che nello sviluppo della civiltà facciamo finta di non vedere i diritti che ci sono tolti (Konrad Lorenz, Il declino dell‘uomo).
Testo di Amedeo Zoller.
Foto di Valerio Poli.