Alla fine fa sempre un gran piacere vedere i cesenati, una delle poche tifoserie che continua a portare pezze e striscioni dei gruppi storici senza allinearsi ai poco originali “Curva Sud”, “Curva Nord” o sigle onnicomprensive simili. Non che ci sia nulla di male a riunire il tifo sotto un unico nome, il parametro da prendere in considerazione, secondo me, è però se l’unione di intenti è fortemente voluta oppure se dietro c’è un’imposizione dettata dall’alto, che il più delle volte mortifica l’originalità e la pluralità. Resta comunque affascinante una realtà come quella bianconera che ha ancora le WSB in prima linea con Sconvolts, Menti Perdute e tutta un’altra galassia di striscioni e pezze di club che vanno a colorare il settore ospite del Mannucci di Pontedera.

Che i romagnoli siano in un ottimo periodo di forma è cosa nota, i numeri tra le mura amiche confermano questa tesi ed anche in una recente trasferta in terra toscana ho potuto verificare con mano la bontà di un progetto che evidentemente è vincente. Anche in questo pomeriggio c’è poco da obiettare ai cesenati che, fin da inizio partita, dimostrano di saperci fare alla grande, esordendo con uno striscione a ricordare un ragazzo prematuramente scomparso, striscione che poi viene attaccato alla recinzione. A contorno dello stesso, nella parte alta del settore, vengono sventolate una gran quantità di bandiere, bandiere che poi verranno tenute al vento per praticamente tutta la partita creando un gran bel colpo d’occhio. Se sul colore non si può che essere estremamente soddisfatti, anche dal punto di vista del tifo non si può che alzar le mani: i presenti restano compatti per tutto l’incontro e fanno ampiamente il proprio dovere, sostengono la squadra, si divertono alla grande, cantano bene, con cori che sono un autentico mix tra quelli in dialetto e rivisitazione dei vecchi canti. Tifo perfetto, nella forma e nella sostanza, poca apparenza ed organizzazione perfetta ed oliata, un tamburo a dettare i tempi, un paio di megafoni a coordinare il tutto e via alle danze. Obiettivamente difficile fare meglio, complicato chiedere di più.

La giornata fredda, spazzata da un vento gelido, il giorno e l’orario non proprio ideali non fermano i padroni di casa che anche in questo pomeriggio si ritrovano in Gradinata dietro le consuete pezze. Se il colore si limita ad un bandierone, la voce è sempre presente ed anche sotto di tre reti non demordono continuando a tirare la carretta fino al fatidico triplice fischio del direttore di gara. Sul terreno di gioco, in effetti, è un monologo bianconero ma gli ultras granata onorano comunque l’impegno sostenendo la squadra e quando cala un po’ il morale, basta nominare i rivali di Ponsacco per coinvolgere nuovamente tutti.

Partita di serie C giocata in un sabato di gennaio alle 17:30; una volta si diceva che “Il calcio è della gente” ma dobbiamo continuare a crederci? Visto ciò che succede intorno all’industria pallonara, perché di industria si tratta, mi pare scontato ammettere che il calcio è di chi paga per ottenere il prodotto. Non c’è romanticismo, non c’è sportività, non ci sono ideali nobili. Ma i colpevoli non sono i gestori del teatrino ma, guarda caso, i clienti, coloro che vengono descritti a fasi alterne olio e sabbia negli ingranaggi del sistema. Intanto prima dell’incontro è stato doveroso il minuto di raccoglimento a Carlo Tavecchio, sicuramente un uomo di sport, quello del calcio femminile derubricato a quattro lesbiche fastidiosamente questuanti e quello di Opti Pobà con le banane: goliardia, linguaggio “paesano”, magari poco forbito, alla fine se n’è uscito sempre con mestiere. Per molto meno c’è chi viene espulso dagli stadi per anni, in questi casi nessuna goliardia o attenuante di sorta.

Valerio Poli