Terra toscana, terra di rivalità, terra dove puoi percorrere dieci chilometri e passare da un paese all’altro che inevitabilmente si guardano con disprezzo mettendo sul campo ignari quarti di nobiltà. Sfide dal sapore antico che travalicano l’ambiente calcistico e sfociano in quelle rivalità che ritrovi nelle sagre paesane ma anche nei tornei di briscola e scopa tanto per estremizzare il concetto. Ovvio che è nel calcio che queste rivalità vengono amplificate: cosa c’è di meglio di una partita con ventidue uomini sul terreno di gioco ed un campo sportivo ad ospitare un migliaio di persone che ad ogni azione di gioco si trovano a schiumare rabbia ed improperi di ogni genere? Il calcio è sport, non c’è il rivale ma l’avversario, vinca il migliore, mettiamoci pure il terzo tempo e teatrini simili ma battere i nemici di sempre in qualsiasi maniera o modo offre una soddisfazione senza pari. Se poi lo fai a domicilio la soddisfazione è pure doppia.
A far visita al Pontedera c’è il Grosseto, incontro che passerebbe pure come un derby di secondo piano se non ci fosse il gemellaggio tra i Grifoni ospiti e gli ultras del Ponsacco che fa saltare letteralmente il banco. Superfluo ricordare l’antagonismo esistente tra Ponsacco e Pontedera, due paesi separati da un lembo di asfalto ed una manciata di chilometri. Quei chilometri che fanno la differenza, quei chilometri che determinano la tua condizione sociale, per dirla con le parole di un noto spot pubblicitario, determinano se sei leone o gazzella. Poi la realtà è altra ma certe storture e preconcetti sono difficili ad estirpare.
Nulla di strano, perciò, nel vedere l’ingresso del contingente ospite e notare una gestualità ormai vista e rivista in queste occasioni. Nulla di strano vedere tra i drappi biancorossi lo striscione “Ultras Ponsacco”, nulla di nuovo sentire intonare come primo coro un “Grosseto e Ponsacco” che dà il via al botta e risposta.
La gradinata di casa vede la presenza di alcuni ragazzi delle squadre giovanili che formano un buon colpo d’occhio andando a rimpinguare le fila degli ultras ed offrendo costantemente il loro apporto al tifo di marca granata. Non mi stancherò mai di ripetere quanto sia essenziale, a mio parere, avvicinare i ragazzi delle giovanili allo stadio ed alla prima squadra, cercando di trasmettere quell’appartenenza che potrebbe diventare un aspetto che fa la differenza nel futuro prossimo. Ricordo l’intervista ad un giocatore del Torino prima di un derby in cui asseriva che i derby più infuocati ed avvincenti erano quelli della categoria Primavera, dove c’erano i giocatori delle due squadre che spesso e volentieri avevano fatto tutta la trafila dalle giovanili fino alla Primavera appunto, ed erano visceralmente attaccati alla maglia e alla squadra. Oggi anche nelle categorie giovanili questo concetto si sta perdendo in nome della vittoria ad ogni costo, senza guardare più in là del proprio naso: del resto se in Italia c’è una scarsezza di talenti bisognerebbe farsi delle domande e provare a darsi delle risposte in merito alla bontà del proprio operato.
Ospiti invece che si compattano nel settore a loro dedicato, offrono un buon tifo, costante ed abbastanza incisivo anche se la partita sugli spalti vive di un continuo e ripetuto botta e risposta tra le due tifoserie, che non mancano di offendersi reciprocamente ed in maniera reiterata. Gli animi sono caldi e durante l’intervallo a farne le spese sono alcuni ultras ospiti che vengono a contatto con le forze dell’ordine, vola qualche manganellata, alcuni tifosi vengono raggiunti alla testa e medicati sul posto.
Sul terreno di gioco è il Pontedera a guadagnare i tre punti abbastanza agevolmente, forte anche della superiorità numerica. A fine partita fa festa il settore granata mentre gli ospiti chiedono alla squadra un impegno maggiore. Fuori lo stadio le forze dell’ordine sono schierate con numeri maggiori rispetto al consueto, i lampeggianti blu illuminano la serata e servono a scoraggiare eventuali azioni: tenere separate le due fazioni è il solo obiettivo da perseguire. E con i mezzi in campo non mi pare neppure una missione impossibile.
Valerio Poli