Che l’aggregazione, lo stare insieme, il condividere i novanta minuti della partita, il prepartita ed il post partita siano pietre miliari dell’essere ultras è aspetto inconfutabile, che solamente uno sprovveduto può mettere in dubbio. L’attualità ci parla di un virus che sembra ancora duro a morire e gli ultras, su questa tematica, hanno scelto, direi giustamente, di tenere un basso profilo, di non schierarsi, di non assumere una posizione scomoda e di non dar voce a chi, imbalsamato sul proprio trono di spine, non vede l’ora di leggere un comunicato magari redatto sull’onda emotiva del momento per fare di tutta un’erba un fascio, nel voler demonizzare l’ultras solamente per il gusto di screditare l’intero movimento. 

Con la normativa attuale, la problematica degli stadi è quella della limitazione della capienza, del resto per mantenere il distanziamento occorre diminuire il numero di spettatori all’interno dei settori, aspetto che per alcune tifoserie può diventare una questione difficilmente risolvibile. Facciamo pure l’esempio di una tifoseria che generalmente ha i numeri per riempire la propria curva: con la limitazione della capienza ovviamente si andrebbe incontro ad una corsa irrefrenabile per accaparrarsi un biglietto con la conseguenza della “guerra tra poveri” che farebbe vita a contrasti interni fratricidi. Per altre realtà, invece, la limitazione della capienza dell’impianto è un problema-non problema, in quanto in Italia esistono stadi sovradimensionati che in definitiva non inficiano sulla possibilità di dare a tutti la possibilità di metter piede sui gradoni per godersi l’appuntamento. Ogni realtà, in definitiva, potrebbe benissimo agire a seconda delle proprie esigenze, senza necessariamente cercare quel blocco comune che poteva e doveva essere trovato in passato, quando c’erano da portare avanti battaglie specifiche come tessera del tifoso, articolo 9 o biglietto nominale. Purtroppo c’è stato chi, per difendere il proprio orticello, ha preferito voltare le spalle al resto della truppa e così, anche su questioni prettamente ultras, è stato difficile trovare una strada comune.

In questo caso il “Tutti o nessuno” sbandierato da alcune tifoserie è un concetto nobile, sicuramente sposabile, però va contestualizzato per ogni singola curva, senza cascare in quell’ortodossia generata più dalla moda del momento che da una cosciente presa di posizione. Del resto, aspetto che secondo me non va tralasciato, la storia ci insegna che l’ultras vive ed ha visibilità solamente all’interno del proprio “recinto”. Fuori dalla curva perde il proprio fascino, ha molta meno presa sul tessuto sociale e non riesce a coinvolgere la massa. La questione è delicata, vanno valutati i diversi aspetti e va considerata la via migliore per poter continuare a portare avanti in un certo tipo di progetto.

Detto questo, a Pontedera la situazione è chiara, direi inequivocabile visto che il settore comunemente occupato dalla tifoseria di casa vede la presenza di sole sette persone, mentre il settore ospite è completamente vuoto, con una manciata di tifosi mantovani che vengono sistemati in tribuna dietro una bandiera biancorossa. Silenzio pressoché totale, qualche applauso al gol, i classici commenti durante la partita, ma parlare di calore è quanto di più lontano si può immaginare. Gli ultras granata comunque sono presenti all’esterno e dietro il proprio settore, intonano qualche coro. Encomiabili per l’iniziativa, se non altro tengono viva la fiammella del tifo. In attesa di sviluppi positivi.

Valerio Poli