Dire che le gradinate sono cambiate radicalmente nel corso degli ultimi dieci/venti anni equivale ad asserire che l’acqua bolle a 100 gradi. Io, che ho vissuto questo universo solo nel periodo sopraccitato, sento in continuazione, da chi si interessa un minimo del mondo-curva, critiche per gli ultras moderni e nostalgia per i tempi andati. Spesso queste sono opinioni diffuse tra chi gravita o ha gravitato all’interno della curva senza però fare parte in maniera attiva dei gruppi organizzati. Dagli ultras – fra mille virgolette – “in pensione”, al contrario, viene trasmessa molta stima e sostegno morale, se non concreto. Questo mi ha fatto riflettere e non poco su quanto chi critica in maniera distruttiva, la maggior parte delle volte, non ha avuto a che fare con le difficoltà di chi sta facendo oggetto delle sue critiche.

Checché se ne dica, e per quanto non venga evidenziato, fare l’ultras in provincia di Firenze, e a Firenze in particolare, non è affatto facile. Le multe per striscioni non andati giù alla società o quelle per chi sta in piedi sulla ringhiera a coordinare il tifo fanno solo da contorno ai numerosi DASPO che sovente vengono annullati dalla magistratura, per prescrizione o mancanza di prove. Spesso chi critica non si rende conto delle difficoltà che un ragazzo, studente o da poco entrato nel mondo del lavoro, può avere nell’approcciarsi al mondo della curva. E sì ho citato “i ragazzi” perché il mondo ultras è stato, ed è ancora in minima parte, un movimento di aggregazione giovanile. Per come mi è stata raccontata la storia del movimento ultras fiorentino in particolare, gli ultras a Firenze sono sempre stati molto giovani, basti pensare che gli Ultras Viola 73 contavano pochi maggiorenni al momento della loro fondazione.

In questo contesto repressivo e di scarso divertimento possiamo notare quante numerose realtà “minori” siano nate nell’hinterland fiorentino negli ultimi, appunto, 20 anni. I Rude Boyz del Rifredi, fanno parte di questo fenomeno, e la loro prestazione di oggi mi ha restituito il carattere folkloristico, di divertimento e di aggregazione che giocoforza è stato snaturato nelle “grandi” piazze. Il ragionamento è semplice: dateci un tamburo e un gruppo di amici, noi ci divertiremo come dei matti. Non me ne frega se per farlo devo prendere un treno regionale in un caldo sabato autunnale, per andare su delle gradinate che sono semplicemente tre assi di legno, quando potrei andare a fare un giro in centro. I 15/20 ragazzi di Rifredi, cantano e si divertano al ritmo del tamburo, senza veder giocare presunte star, senza la necessità di assistere allo show americano che ci vogliono proporre. È questa la bellezza del tifo organizzato, che difficilmente è compresa se non vissuta in prima persona. Ancora più piacevole udire dei classici urlacci che contraddistinguono i campi di periferie. Ma in una curva di Serie A quanto sono diminuite le invettive per un fallo non fischiato alla propria squadra?!

Per ciò che riguarda la mia esperienza, per riassaporare gli ambienti che ho avuto la fortuna di vedere parzialmente da bambino, quando la repressione dei riti calcistici era all’inizio, ho bisogno delle serie minori. Sono veramente una boccata d’aria. Non scherzo dicendo che negli ultimi anni mi sono divertito di più ad assistere partite dalla Serie C e categorie minori che in Serie A, e questo non può che sembrare ai miei occhi un sintomo di un malfunzionamento del nostro calcio.