È prassi comune pensare che gli ultras siano arrivati al capolinea. Ormai da più parti si palpa uno sconforto totale. Tra la “vecchia guardia”, e non solo, c’è chi si ricorda i favolosi anni ’80 quando era tutto più spontaneo e genuino. Detto così, gli anni ‘80 sembrerebbero un quadretto quanto mai idilliaco e se sicuramente gli ultras in quegli anni hanno toccato dei livelli organizzativi, coreografici e partecipativi enormi, altresì bisognerebbe pure ricordarsi di qualche eccesso e di altrettante morti evitabilissime che hanno inasprito lo scontro tra ultras e opinione pubblica.
Lungi da me fare un dibattito sociologico, storico o morale sugli ultras degli anni ’70 – ’80 in cui non ho nemmeno le competenze necessarie, mi limito ad esprimere il mio pensiero dicendo che l’ultras, come fenomeno giovanile, nei decenni si è senza dubbio evoluto. O comunque, rimanendo più sul generale, è mutato vuoi per i fattori interni, vuoi per quelli esterni. Del resto dagli anni ’70 ad oggi è cambiata la società, è cambiata la moda, la musica, i divertimenti ed ogni bene consumabile perciò non mi stupisco che la vita all’interno e all’esterno degli stadi sia mutata di conseguenza. Ciò di cui dovremmo andare fieri è quello di essere appartenuti, o continuare ad appartenere, ad una controcultura/sottocultura che attualmente è sempre parecchio in voga. Se gli ultras dagli anni ’70 (talvolta anche prima…) ad oggi sono ancora presenti negli stadi vuol dire che qualcosa di buono è stato seminato ed anche attualmente, almeno in alcune piazze, si notano entusiasmo e voglia di fare.
Detto questo il pensiero ormai abusato del “tutto com’era bello prima e di come è tanto brutto ora”, penso sia solo frutto di uno scontro generazionale che non abbraccia solamente il calcio e di conseguenza il mondo ultras, ma è applicabile anche alla vita sociale. Ne è prova quando si parla ad esempio di divertimenti e di come un tempo ci si divertiva con poco mentre adesso i giovani hanno bisogno di uno smartphone di ultima generazione per saziare la loro sete. Frase e pensiero quanto mai comune e quanto meno decontestualizzato visto che un tempo, semplicemente, ci si divertiva con ciò che offriva il mercato, perciò se le tasche dei genitori e l’ambiente circostante offrivano al massimo un cortile ed un pallone, era lecito giocare con quelli.
Semmai si potrebbe entrare nel dibattito di un calcio nostrano che ha perso appeal, che in Italia scarseggiano e di gran lunga campioni e fuoriclasse, e che quando si ipotizza di ripartire dalla base bisognerebbe veramente ripartire dal basso, riportando bambini, famiglie, sportivi, ultras e ogni genere di persona allo stadio per invogliarli a seguire e praticare questo sport. Poi ti scontri con il caro prezzi e le lungaggini di rito ed allora capisci che le belle parole restano parole e non si tramutano in fatti e non ti meravigli neanche se l’Italia non si qualifica per la seconda volta ai mondiali vittima della Macedonia senza nemmeno l’onore di uscire col Portogallo.
Divagazione necessaria per analizzare un incontro che di interessante ha poco o niente. Sul terreno di gioco si affrontano due squadre praticamente senza obiettivi, i padroni di casa sono destinati a scendere di categoria mentre gli ospiti avranno la magra consolazione dei play off che in serie D vuol dire entrare in un’ipotetica classifica di merito dove diversi fattori permettono eventualmente un ripescaggio. Vabbè, lasciamo perdere ed andiamo oltre. Aggiungiamo pure il giorno lavorativo e l’orario pomeridiano e così non mi posso stupire se all’inizio delle ostilità allo stadio Armando Picchi saranno presenti un centinaio scarso di persone disposte nell’unico settore aperto, la tribuna centrale.
Gli ospiti arrivano verso il trentesimo minuto, si sistemano nella parte scoperta della tribuna ed attaccano pezze e striscioni. Basta vedere i numeri al seguito per definire quella amaranto una tifoseria in ottima forma, poi li vedi compatti, chiassosi, sempre a sostenere la squadra in una partita fondamentalmente inutile e confermi quanto di buono gli ultras riescono a fare anche oggi, malgrado tutte le problematiche che devono affrontare.
La Curva Sud si conferma realtà importante ed in questo pomeriggio per numeri e passione è da lode visto che, come sua abitudine, anche sull’aspetto estetico e coreografico non sbaglia una virgola. Se la partita sul terreno di gioco vede l’Arezzo asfaltare i padroni di casa, sugli spalti gli ultras amaranto riescono ad offrire una prova ammirevole per attaccamento ai colori e soprattutto per i numeri portati a Livorno. Lunga vita agli ultras!
Valerio Poli