Con il caldo che comincia a incombere sulla Penisola il pallone non solo non vuol smettere di rotolare, ma a causa dei cervellotici spareggi di Eccellenza è ancora nel pieno della sua attività. Quando arrivo con il treno alla stazione di Pozzuoli Solfatara mi incammino velocemente verso la fermata Cappuccini della Linea Cumana, per raggiungere nel minor tempo possibile lo stadio Conte. Essendomela presa con calma sono un po’ tirato con i tempi e non posso concedermi il lusso di una piacevole passeggiata per le strade della città flegrea.

Ciononostante osservo con un certo desiderio il paesaggio che mi si staglia davanti, con il promontorio di Capo Miseno e le isole di Ischia e Procida che luccicando sotto la luce del sole, mi suggeriscono che forse è ora di rimettere costume e infradito per dedicarsi al mare. Un po’ combattuto e un po’ invidioso dei ragazzini che alla stazione di Arco Felice armeggiano con ombrelloni e costumi, scendo dal treno e mi dirigo verso lo stadio.

Quello tra Puteolana e Angri è un vero e proprio spareggio. Le due formazioni infatti sono state entrambe sconfitte dalla Palmese ai rigori, con quest’ultima dunque promossa in D. Trovo a dir poco discutibile questo regolamento secondo cui non basta vincere il proprio girone per considerarsi promossi, ma occorre affidarsi alla pericolosa lotteria degli spareggi. Con la certezza che anche chi ha investito soldi e risorse umane, magari trionfando nel proprio raggruppamento, rimanga alla fine con un pugno di mosche in mano. Mi auguro sinceramente che la Lega riveda il tutto e ritorni alle precedenti formule.

Lo stadio Conte è uno di quei fortini alla vecchia maniera. Incastonato tra i palazzi, con poco spazio per muoversi intorno e praticamente cinto d’assedio dai tifosi, che dopo anni tornano a riempirlo quasi per intero. Da lontano posso già sentire i cori dei circa quattrocento sostenitori angresi. Dopo anni di oblio per loro si tratta di una gara importantissima, che potrebbe restituire alla città la dignità di una categoria nazionale. Di certo fa piacere appurare come da qualche anno il movimento grigiorosso abbia ampiamente rialzato la testa avendo, in quest’annata, già dimostrato in molteplici occasioni il proprio valore.

Arrivo all’ingresso dello stadio, una porticina presidiata da una steward e attorno un marasma di gente. Malgrado il caos però l’ingresso è semplice e agevolmente riesco persino a entrare in campo. Considerata l’approssimazione e il disordine in questo genere di partite – e al netto delle critiche che puntualmente muovo ai diretti interessati – stavolta devo sinceramente dire di esser rimasto piacevolmente impressionato dalla velocità con cui sono riuscito a guadagnare il manto verde.

Ero già stato in questo stadio per un Puteolana-Foggia di qualche anno fa. Non ne ricordavo i così tanti palazzi a fare da contorno ma soprattutto in quell’occasione i balconi non erano così ricolmi di gente pronta ad assistere al match direttamente da casa sua. Tra chi si è sistemato sotto l’ombrellone, chi sorseggia un caffè e chi è pronto a pregustarsi la sfida al posto del classico amaro postprandiale, l’ambiente è rustico al punto giusto.

Alle 16:30 in punto le due squadre fanno il loro ingresso in campo. La gradinata occupata dal pubblico di casa si accende letteralmente con una grandissima fumogenata. Il fumo granata pervade velocemente tutto lo stadio, restituendo un bellissimo effetto pirotecnico. Qualcuno non sarà d’accordo, ma di fronte a torce e fumogeni per me anche il più bello degli spettacoli coreografici perde senso! È l’effetto più primordiale di uno stadio, strumenti che hanno accompagnato il movimento sin dalla sua nascita e che neanche il passare di mode, epoche e repressioni ha sventato. Anzi, oggigiorno sono ancor più bramati di un tempo. Sarà perché rispetto al passato sono vietati. E tutto quel che è proibito – si sa – assume un fascino ancor più magnetico.

Anche nel settore ospiti fanno capolino alcune torce e un paio di fumoni arancioni. Mentre sale forte il tifo di marca grigiorossa. Il mio ultimo ricordo legato ai supporter del Cavallino si lega a una gara disputata sul campo del Ferentino a metà anni duemila, in Serie D. Praticamente un’era geologica fa. Sono cambiate generazioni e insegne da esporre sulla balaustra, ma gli ultras di Angri si dimostrano sempre su ottimi livelli. Il loro è infatti un tifo davvero senza sosta per tutti i 90′: voce, bandiere, battimani. Tutto ciò che serve per dare spettacolo. E soprattutto nulla di improvvisato, segno che in questi anni si è lavorato davvero sodo per rilanciare un discorso duraturo.

Capitolo puteolani: non saranno la tifoseria più decantata della Campania, eppure i ragazzi di Pozzuoli ormai da tanto tempo seguono con grande continuità e oltre la categoria. Va ricordato che la città della Solfatara (ma non solo, vista la sua importanza storica) è praticamente un’estrema periferia di Napoli e questo sappiamo ciò che comporta in termini di presenze. Oggi chiaramente l’affluenza è di quelle importanti e lo zoccolo duro si sistema nella parte centrale del settore, affiancato da un drappello di gemellati palmesi. Ho trovato la loro prestazione dai due volti: forse un po’ con il freno a mano tirato nei primi 45′, più spigliati, continui e intensi nella ripresa. Nulla da dire invece sul massiccio uso di torce anche durante la partita.

In campo la gara si trascina sul più classico degli 0-0. Sono i rigori a decidere la vincitrice. Dal dischetto l’Angri prima va in vantaggio di due gol, ma poi si fa incredibilmente neutralizzare altrettanti match-ball sbagliando poi un altro penalty a oltranza e facendo esplodere lo stadio, che festeggia incredulo una Serie D che qualche minuto prima sembrava essere svanita. Il bello e il brutto del calcio, a seconda dei punti di vista chiaramente.

Il pubblico dei Diavoli festeggia all’impazzata, con giocatori, famiglie e tifosi che invadono il campo racchiudendosi in un unico abbraccio. Grande delusione nel settore ospiti, con la squadra che viene redarguita e che ora vede le ultime chance di promozione nelle fasi nazionali, dove affronterà la Vultur Rionero. In un altro incontro che da un punto di vista prettamente ultras si preannuncia molto interessante.

Dopo aver immortalato le ultime scene di giubilo ripongo la fotocamera avviandomi verso l’uscita. Ho quasi due ore di attesa per il mio treno, così mi concedo un bel giro tra il porto e il molo di Pozzuoli. Il sole calando disegna una luce davvero magnifica, mentre la luna (in odore di eclissi) si leva lentamente ma immensa tra l’isola di Nisida e Posillipo, proprio sopra al Vesuvio che sembra incastonarsi perfettamente nel mezzo. Alcuni ragazzini giocano sugli scogli e faticano a scalarli, per raggiungere l’estremo del molo. Li guardo l’ultima volta nella loro letizia, prima di scattare una foto all’orizzonte e raggiungere la stazione. In dubbio se voler tornare alla loro età o cercare di vivere il presente con quella spensieratezza.

Simone Meloni