Da qualche tempo, da quando i miei oneri lavorativi e familiari sono cambiati, la scelta delle gare da seguire rispetta un criterio di rigida contiguità geografica e, al contempo, una tempistica che non incida sugli impegni di cui sopra.

La lista dei miei desideri continua perciò ad allungarsi, partite e tifoserie che vorrei vedere o rivedere continuano a restare in stand-by forzato, così come declinati o procrastinati inviti di amici o di quanti con i quali, nel frattempo, si è instaurato un rapporto di vicendevole stima.

Una domenica mattina di inizi dicembre, ho invece l’occasione propizia per un mio vecchio pallino: assistere ad una gara dell’Ideale Bari.

La storia dell’Ideale Bari è nota ai più all’interno del nostro mondo, è una storia molto simile a quella di tante altre compagini di calcio popolare, nata dal rifiuto delle logiche del calcio di oggi, dalla sua commercializzazione esasperata e dalla marginalizzazione sempre maggiore del tifoso, passato in pochi anni da fautore e fulcro dello spettacolo, vero e proprio 12° in campo, a mero consumatore senza potere alcuno oltre quello d’acquisto.

Valore simbolico altissimo quello dell’Ideale, nato in una città al centro di uno dei tanti scandali legati al calcioscommesse che ormai si inseguono senza soluzione di continuità. A Bari, nel calderone dell’inchiesta ci finirono anche tre esponenti di Curva; l’Ideale è di fatto la migliore risposta alle polemiche sulla genuinità di questa tifoseria, schiacciata senza distinzioni da un giudizio maturato sulla base delle tesi sostenute da giornalisti e magistratura. I nemici giurati del mondo ultras diventano all’improvviso affidabili e credibili se si tratta di screditare un rivale: misteri di un movimento, quello ultras, spesso schizofrenico, che non ha mai considerato la mossa di Masiello e compagni come il più facile scaricabarile al soggetto meno difendibile, i soliti ultras. Questo detto senza voler assolvere nessuno, sia ben chiaro, seppur la presunta compartecipazione dei tre nelle combine sia poi stata derubricata dalla magistratura in “semplice” (mi si passino le virgolette) violenza privata: ritengo gli stessi tra i colpevoli di una delle più “oscure” gestioni della Nord barese a livello ultras, ma nella specifica vicenda calcioscommesse, addossar loro anche le colpe dei Masiello o dei Gillet mi sembra francamente troppo.

Fra tutte le squadre ad azionariato popolare ho scelto di andare a veder per primo l’Ideale non per caso: detto fuori dai denti, per me “calcio popolare” non è in alcun modo un concetto legato a ideologie politiche, il mio ricordo del calcio vissuto in maniera “popolare”, nella mia infanzia, risponde forse più all’umile aggettivo “popolano”. Le prime velleità politiche ho cominciato ad averle solo verso i 16/17 anni, quando andavo allo stadio già da un po’ e ancora oggi, a 20 anni di distanza da allora, credo di essere più disilluso che soddisfatto dalla politica, e quel poco che ho capito faccio un’enorme fatica a rinchiuderlo nella gabbia di un singolo manifesto programmatico-ideologico, riesco a condividerlo giusto con qualche intimo, figurarsi se potrei farlo collettivamente con quanti poi domenicalmente ti vengono a chiedere “Noi chi siamo, i blu?” o “A Isola Liri organizziamo il traghetto?” (riferimenti assolutamente reali). Parlo in soggettiva, chiaramente, ed ognuno è libero, secondo il proprio vissuto, di vederla in maniera diametralmente opposta: per me il calcio si fa in campo, il tifo in curva e l’azione politica in strada. Ad ognuno il suo. Ogni altra commistione la ritengo (forse ingiustamente?) propaganda, senza voler puntare il dito nello specifico contro nessuno, tanto da destra a sinistra, tutti hanno provato a creare il megafono sportivo delle proprie idee, quindi non la si prenda come un’invettiva personale perché non lo è.

L’Ideale Bari è la mia idea di perfezione. Non devo preoccuparmi di allinearmi mentalmente a particolari questioni politiche, non devo leggermi “Il Capitale” di Marx o mandare a memoria qualche poesia di Ezra Pound, mi basta solo andare allo stadio con la voglia di divertirmi e alla fine mi divertirò sul serio.

Arrivati un po’ alla chetichella, i ragazzi dell’Ideale dispongono le loro insegne sulla balaustra del “Comunale” di Modugno e cominciano a tifare, prendendosi giusto qualche minuto per organizzarsi al meglio e serrare le fila. Numericamente saranno circa 30/40, un numero non altisonante che diventa però importante se si pensa che stiamo parlando di una trasferta e di Terza Categoria, per quello che possono significare le trasferte in queste divisioni calcistiche a carattere provinciale.

Il tifo non sarà potentissimo, ma è sicuramente buono rapportato ai numeri. I baresi convincono soprattutto sotto l’aspetto della continuità (visto che canteranno praticamente senza sosta) e dell’originalità: in un’epoca in cui anche al torneo fra parrocchie cantano la loro versione del “Barrio del Boedo”, è bello sentire un intero campionario di cori (tutti molto lunghi e ricercati nei testi) e riconoscerne a malapena qualcuno.

Tante manate, qualche coro anche in dialetto. Colore poco oltre quello delle pezze esposte, per cui, per ovviare, ci si affida alle torce che ad intervalli regolari illumineranno il proprio spicchio, interrompendo la monotonia cromatica. Non manca lo spazio per le goliardate, così come le rivendicazioni serie a difesa del mondo ultras o i momenti più tipicamente agonistici, dalle sentite esultanze ai goal passando per il ringhio minaccioso verso l’arbitro in occasione di alcune decisioni contestate.

Sul rettangolo verde l’Ideale Bari si impone con un largo 4-1 sui padroni di casa, un giusto premio alla tifoseria per il supporto offerto. “La birra è finita”, fanno sapere gli ultras, per cui dopo il triplice fischio finale, non mi resta che guadagnare la via di casa, felice per aver respirato per una volta aria di calcio sì spartano ma vero, soddisfatto per aver respirato aria di ultras, senza secondini o omini fosforescenti in ogni angolo ad inquinare anche quell’ultima ora di libertà rimastaci. Nella società calcistica ed ultras assuefatta al consumismo, materiale o immateriale che sia, l’Ideale è qualcosa di bello in cui credere e per il quale lottare.

Matteo Falcone.