Credo sinceramente che ogni sport, in Italia, debba avere una o più tifoserie di riferimento che poi sono quelle che ispirano tutte le altre. Nel calcio questo dato è altamente soggettivo, avendo ancora tante realtà in grado di fare da battistrada ad altre; anche nel basket ci può essere soggettività, ma, con la massima onestà, credo che i Fortitudini abbiano tanti emuli ma nessun eguale. Anche nell’hockey su ghiaccio, sport veramente con le toppe nel sedere in Italia, il posto assoluto d’onore spetta ai ragazzi della Curva Milano al seguito della Saima. Non me ne voglia nessuno.

Per capire la fede di questi ragazzi rossoblu, bisogna partire da alcune considerazioni preliminari. Anche se molti loro elementi sono legati o provengono dal calcio, è abbastanza romantica l’idea di questi ultrà al seguito della squadra cittadina di hockey, unica nello Stivale a rappresentare degnamente una metropoli.

Ci sono le vicissitudini societarie, poi. Per fare un sunto ai profani, fino a pochi anni fa esisteva una Serie A1 dove militava anche Milano, con play-off e retrocessioni, una Serie A2 e una Serie B relegata a campionato amatoriale a sé stante. Da due stagioni, Bolzano è emigrata in EBEL, la massima lega austriaca (che comprende anche squadre croate e ungheresi), mentre la quasi totalità delle squadre di seconda serie sono finite in svariate leghe minori austriache. Quindi, nelle ultime due stagioni, esistevano una Serie A e una Serie B assolutamente non collegate tra di loro (nessun vero meccanismo di promozione diretta o di retrocessione). Quest’ultima stagione ha rappresentato un definitivo scossone al disastrato campionato di hockey di Serie A1: Milano si è auto-retrocessa in Serie B, e le squadre “minori” rientrate dalle varie leghe austriache si sono anch’esse iscritte in Serie B. Quindi, attualmente, c’è una Serie A1 che rappresenta solo medio-piccoli centri, quasi tutti dell’Alto Nord-Est italiano (squadre trentine, altoatesine e bellunesi, ad eccezione della piemontese Valpellice) e una Serie B con ben 16 squadre, tra cui spiccano, e non poco, le quattro lombarde Milano, Varese, Como e Chiavenna.

L’auto-retrocessione di Milano in Serie B è stata una mazzata per il numeroso popolo al seguito della Saima Milano: come qualsiasi decisione epocale, essa ha segnato uno spartiacque tra tifosi che hanno abbandonato e tifosi che continuano a seguire. La Curva Milano si è completamente schierata a favore della seconda ipotesi. Oggi l’Agorà (l’impianto milanese casa dei rossoblu) vede delle tribune non piene come ai tempi della A1, ma una curva sempre compatta nel sostenere il proprio roster.

Ora: per quanto bello vivere in una dimensione con tanti derby e forse persino più tifoserie al cospetto, il livello della Serie B hockeistica è veramente infimo e senza prospettive. Se segui lo fai esclusivamente per amore della maglia, anche se alcune squadre fungono da “Farm Team” per le più blasonate compagini di A1. Quindi, decidere di rimanere al seguito della Saima è una scelta di fede e di campo. Cosa conta di più? Il palmares e le ambizioni (del tutto relative, poi, con l’attuale campionato italiano), oppure rimanere insieme come gruppo, divertirsi e continuare a vivere la propria vita fuori dagli schemi? Anche qui la Curva Milano non ha avuto esitazioni e, prima di tutto, rimanendo al fianco della squadra, ha salvato sé stessa.

Questa prima stagione di Serie B, per la curva rossoblu, ha già rappresentato un bel banco di prova: finora sono state tantissime le coreografie in casa, mentre in trasferta è sempre stato timbrato il cartellino.

Tra le trasferte, ovviamente, spiccano i derby lombardi: tolto l’imbarazzante 18-0 con cui Milano ha umiliato Como all’Agorà appena sette giorni prima della sfida con Varese, per il tifoso queste sono occasioni per vedere la propria squadra contro delle corregionali, meglio se in trasferta senza sobbarcarsi costi troppo onerosi e slalom tra le catene alpine. Quaranta i chilometri che dividono Milano da Varese e, sicuramente, tanto entusiasmo.

Quella rossoblu al palaghiaccio di Varese è un’invasione annunciata. Tra l’altro, tra le due tifoserie, quella rossoblu e quella giallonera, esiste una forte amicizia, più che altro consolidatasi attraverso canali al di fuori dell’hockey. Chi conosce questo mondo, e chi ha già letto qualche mio articolo precedente, sa che a Varese, al seguito dell’hockey, gli ultras sono veramente pochi e poco costanti nel tifo. Tuttavia, anche tra le fila dei padroni di casa, il gruppo si annuncia più numeroso del solito e, per onorare l’amicizia, dalle 17:30 viene imbandita una grigliata per festeggiare l’incontro tra le due realtà e il ritorno di questa sfida dopo quasi un ventennio.

Quando arrivo al palaghiaccio di Varese sono circondato da tifosi rossoblu. Appena entrato nell’impianto spicca, nella non utilizzata Curva Sud, uno striscione di carta realizzato dalla Curva Milano: “La CdM saluta la Varese ultras”. Questo striscione, durante il primo periodo di gioco, verrà ricambiato dai dirimpettai con un “Un saluto agli amici di Milano”.

Il freddo la fa da padrone in questa pista, ma ormai conosco l’impianto e sono attrezzato. Tra felpa in pile e guanti sono solo i piedi a protestare. Tuttavia, l’incredibile atmosfera fa dimenticare le disavventure climatiche: la tribuna principale è piena quasi in ogni ordine di posto, e più della metà è occupata da tifosi di Milano. In Curva Nord, cuore del tifo varesino, il gruppo è molto più numeroso del solito, anche se manca quella classica compattezza tipica di un gruppo veramente rodato.

Quando le squadre entrano in campo, su sponda rossoblu il colpo d’occhio è notevole: prima viene calato un bel copricurva col numero “7”, il quale poi fa spazio ad un bandierone più piccolo e a tante bandierine laterali. Ma, coreografia a parte, il vero spettacolo sono la voce e le mani dei tifosi ospiti. Lo confesso: in un’epoca dove tifare è un fattore prettamente modaiolo, a me il modo di tifare della Curva Milano piace assai. Non che tutti i cori siano originalissimi o fuori dalle mode, sia chiaro. Però si percepisce l’enfasi e la voglia di tifare, partecipare, primeggiare. Non mancano gli attestati di stima per Varese ma, fondamentalmente, si pensa a tifare Saima. Alcuni momenti – e chi mi conosce sa quanto sia difficile nei miei giudizi – sono da pelle d’oca, e valgono i chilometri fatti per vedere questa partita.

Dico di più: se ogni partita mi riservasse solo la metà di quanto fatto vedere dai ragazzi di Milano a Varese, seguirei ben più volentieri le nostre amate partitelle.

In epoche di disillusioni, scoraggiamento, tremendo realismo, tanto pragmatismo e poco spazio per i sogni, passare oltre due ore (perché una partita di hockey dura veramente tanto) a vedere del tifo vero, ti offre una ricarica rigenerante per il prossimo semestre. È inutile dire cosa hanno fatto di particolare i ragazzi di Milano tra sciarpate, battimani, sventolii di bandiere e cori a rispondere: basta dire che sono stati veramente belli.

La partita in campo, probabilmente, poco contava. Tra l’altro Milano occupa posizioni di metà classifica, Varese poco più in basso. È finita 2-5 per gli ospiti ma, in fondo in fondo, è stato giusto quel qualcosa in più per coronare una bellissima giornata di sano tifo.

Stefano Severi.