Una piccola rettifica. Mi lamentavo di come la Nord abbia lasciato in ombra, o in sordina, il problema diffidati. Mi è sfuggito due settimane fa il problema, agli ingressi, per due striscioni pro-diffidati non fatti entrare e le collette, tramite vendita adesivi ed altro materiale, che stanno portando più coesione all’interno della curva.

Fatto questo me culpa, oggi, da Trapani presenza, numericamente parlando, dignitosa. Dopo il comunicato ambiguo (diciamo cosi), redatto in estate, sul problema tessera, si presentano al “San Nicola” in una cinquantina scarsi. Gli ospiti si fanno apprezzare, inizialmente, per qualche bel coro compatto; poi decidono, in maniera esperta, di optare per cori secchi durante le pause del “San Nicola”. Non male, oggi la Nord. Come d’altronde spesso succede, non stecca. Cuore, grinta, passione sono le armi che hanno fatto uscire un po’ di carattere a quei “numeri” che scendono in campo, e che oggi hanno meritato un tifo davvero bello “duro”. Tantissime le torce e i fumoni accesi quest’oggi, e continua la nuova linea dettata dalla Curva Nord di colorare le partite casalinghe, al cospetto delle trasferte che avranno un impronta più ultras e meno colorata. Sottolineo, come sempre, la presenza in Curva Sud dei “no tessera”.

Ancora una volta, i social e le chiacchiere colpiscono ancora. Errore grammaticale in uno striscione e, come sempre, le parole dettate dalle tastiere bollenti non si smentiscono mai. Alla fine, mi domando, che sarà mai una lettera saltata? Ancora vorrei capirlo. Succede dal Nord al Sud, ma ancora non mi capacito su cosa c’è di così cattivo, su internet, per permettere ad alcuni di fare gli eroi e i professori ultras di grammatica.

La settimana di Bari-trapani, era stata caratterizzata dallo scambio di opinioni tra qualche giocatore e qualche passionale che si era recato agli allenamenti, per caricare l’ambiente. Ovviamente, caso mediatico uscito a galla con la solita violenza giornalistica, condita dal pepe difensivistico e moralistico di quella parte del pubblico che viene classificato come tifoso.

La differenza tra ultras e tifoso, prima dell’avvento della comunicazione facilitata a botta di tastiera (chiamiamola così), non era sotto l’occhio di tutti: potevi sondare il potenziale delle tua tifoseria in base alle presenze casalinghe, o ai numeri in trasferta; per il resto, non lo potevi capire e nessuno poteva esprimere la propria opinione in merito, se non tramite le trasmissioni televisive sulle reti private (quando riuscivi a beccare il passaggio della telefonata per intenderci). E chi viveva della tua stessa passione lo potevi incontrare e conoscere giusto la domenica; d’altro canto, il giocatore non era cosi sputtanato da pagine ufficiali, selfie personalizzati, e tutto ciò di ridicolo che dà “da mangiare” al semplice tifoso, che in poche parole, vive di gossip, notizie extracalcistiche, e foto da pseudodivi, cercando un contatto con lo stesso e facendolo diventare immortale; un Dio, un personaggio così importante quanto inutile, che, concretamente, del tifoso non gliene importa e non gliene importerà nulla. Tanto, l’anno prossimo questi giocatori andranno a prendere soldi da altre parti e andranno a fare i personaggi social con altri tifosi, con una bandiera diversa. Basta una foto pubblicata, e gli pseudodivi vengono esaltati da centinaia di commenti tra ormoni femminili impazziti e semplici tifosi, i quali apprezzano più la faccia di un giocatore che la maglia che viene indossata. E sono, così, gli estimatori degli stessi giocatori che buttano alle pezze il movimento ultras, quello che rende gli stadi diversi. In pochi anni il sistema comunicativo è cambiato. In peggio sicuramente per il mondo ultras. Basta una vittoria e una dichiarazione di un giornalista tramite social network (per fare un esempio della mediocre moda diffusa) e la gente tifosa, come succede a Bari, va ad accogliere la squadra (che sia aeroporto, stazione o filobus) come una massa di capre in fila, figlia e succube del sistema e dei propri beniamini, nonché di chi dà voce al loro essere. È giusto ricordarlo, a questi tifosi che ci tengono così tanto alla squadra, che gli stessi giornalisti non pagano nemmeno un euro per il club, e ovviamente, stessa cosa vale per i giocatori, che accreditano familiari amici ecc, elemosinando biglietti omaggio, avendo pure il lusso di tenere voce in capitolo: storia vecchia, che dal tifoso viene sempre e comunque accettata. La cosa più brutta di questa vicenda è che il tifoso ha in mano un sistema comunicativo manipolato dal potere (come un telecomando per intenderci), il quale sta diventando l’unico mezzo con cui l’uomo medio può esprimere “liberamente” la propria volontà. E cosi, il giocatore diventa sempre più macho, sempre più sorridente, sempre più forte, perché’ il tifoso (anche se il giocatore stesso si compra una partita, o manda la squadra in Serie C, o va via sempre e comunque per soldi) lo elogerà sempre, per cosa? Questo, almeno a me, non è chiaro. Tutto, ovviamente, a danno dell’ultras, che interpreta e vive la questione in maniera diversa. E chiaro che all’ultras del giocatore non gliene è mai importato nulla, ma per il quieto vivere (soprattutto per il convivere) con la massa dei tifosi, che ormai sta prendendo il sopravvento, sopporta cose che non vorrebbe mai sopportare. E poi fai mente locale, su certe situazioni che avvengono, e rivedi gesti di dialoghi accesi, visti male, dai tifosi (che difenderanno sempre i giocatori ,sia ben chiaro) i quali buttano fango, critiche morali e tanta merda (scusate il termine) contro l’ultras, quel grande “ignorante” che tra stanchezza, problematiche della vita quotidiana, e tanta ideologia, continua ad amare la città e quella maglia, in quella maniera così diversa tra nostalgia, romanticismo e ribellione che il tifoso e chi scende in campo non potranno mai capire.

Due mondi completamente opposti, tifoso e ultras; due mondi completamente diversi, il giocatore del passato, che portava rispetto verso l’ultras, e il giocatore moderno che fa il gradasso perché ben protetto anche dalle proprie capre e dai social. È andata pure questa, si direbbe, e l’ultras, diventa sempre più circoscritto, in un cerchio davvero piccolo. Prendere il calcio come un divertimento? Per l’ultras non lo è mai stato, e non lo sarà mai, e piano piano, in questa realtà mediatica, oggi più mai, l’ultras si trova a un bivio. Una strada conduce alla sconfitta più assoluta; l’altra, alla totale estinzione. Preghiamo il cielo che ci dia la saggezza di fare la scelta giusta.

Massimo D’Innocenzi