Chissà se anni fa, guardando un calendario di basket, i tifosi di Agropoli avrebbero mai creduto di giocare a Roma. E chissà se, ai tempi dell’Eurolega e delle finali scudetto contro Siena, quelli romani avrebbero mai pensato di occupare i bassifondi della Serie A2, con una prospettiva futura inquietante e tanta insicurezza sul cammino contemporaneo.

Sono parecchie le domande da fare in questa stranissima annata della pallacanestro capitolina. Domande che peraltro spesso non conoscono la benché minima risposta. Sta di fatto che si gioca al PalaTiziano, con quell’Agropoli che avevo avuto modo di conoscere già nelle Final Four di Serie B disputatesi lo scorso anno a Forlì. I campani perdettero la doppia sfida con Rieti e Siena, venendo comunque ripescati in A2.

Il bello della sfida è che gli ospiti saranno seguiti da una tifoseria ospite, con tanto di contingente ultras, vera e propria chimera in un girone in cui le tifoserie organizzate si contano sulle punte delle dita, dove spesso nel settore ospiti regna il Deserto dei Tartari o qualche timido parente dei giocatori che a stento rumoreggia ai canestri dei propri cari. Che i supporter biancazzurri saranno numerosi lo si capisce già nelle fasi di afflusso, quando diverse persone si avvicinano al Palazzetto con maglie e sciarpe di Agropoli. La scena più divertente si consuma sicuramente in un bagno vicino al settore ospiti, quando un bambino intento a cambiarsi la maglietta per indossare quella della Brigata Saracena, alla mia vista tenta di nascondersi, incontrando però il mio sorriso divertito.

Quando le squadre fanno ingresso sul parquet, le due tifoserie si compattano per dare il loro supporto. Gli ultras campani sono un manipolo, abile però a trascinarsi spesso dietro la massa e a tifare con buona costanza per tutto il match, nonostante la loro squadra disputi una pessima partita che li vede quasi sempre in svantaggio di oltre quindici punti. In tempi di contestazioni pretestuose e repentine, è senz’altro apprezzabile che ci sia chi antepone il tifo a tutto il resto. Menzione merita un bandierone sventolato senza sosta nella parte alta della zona riservata agli ospiti.

La Curva Ancilotto presenta un buon colpo d’occhio, con le sciarpe e le bandiere che da quest’anno contribuiscono a dare un tocco di colore al settore. Tante sono le manate e i cori contro gli avversari storici, quasi a voler sottolineare quanto alla Capitale manchi il basket di livello. Un malcontento mai celato, quasi ovvio. Il tifo comunque non manca e questa sorta di Anno Zero verrà certamente ricordato come quello in grado di far ripartire a tutti gli effetti il tifo organizzato romano, saggio nel comprendere quanto la difficoltà possa unire e rendere coesi di fronte a fallimenti e disgrazie sportive.

In campo, come detto, non c’è partita, con la Virtus che ha facilmente la meglio sull’avversaria e ora si mangia le mani per i tanti punti persi in trasferta, che le avrebbero quantomeno permesso di veleggiare in zona playoff. Ma il torneo è ancora lungo e già da questa sera i romani se la vedranno con la Viola Reggio Calabria. Un’altra nobile decaduta dell’italica pallacanestro.

Simone Meloni.