L’indomani della partita di Oran, mi devo alzare prestissimo per prendere un treno diretto nella capitale Algeri. La partita si gioca alle 16.00 e ci sono poco più di 400 km tra le due città: decido di prendere l’”Espresso” delle 8.00. Sveglia super mattiniera ma per chi va allo stadio svegliarsi presto il sabato mattina non è un problema. Corsa rapida col taxi dell’amico Zoubir, con cui ho passato la serata precedente guardando partite schifose della serie B francese, e arrivo alla bellissima stazione del treno di Oran. In stile Mauresque, costruita dai francesi, è una delle più belle stazioni ferroviarie che abbia mai visto. Compro un biglietto per Algeri, per un prezzo davvero buono: 7 € per un treno veloce e con 2€ in più mi aggiudico anche la prima classe, dove non solo c’è più spazio, ma anche giornali e té gratis, altro che Rubitalia o i ladri delle ferrovie francesi. Alle 8.01 il treno parte e per cinque ore posso ammirare il paessagio verdissimo della campagna algerina. All’una arrivo e ripenso ancora ai treni nostrani, che non solo fanno dei prezzi impopolari, ma si permettono anche di fare ritardo.

Algeri è subito pazzesca! Più di dieci millioni di persone vivono nella capitale del paese e con la crescità del livello di vita (il governo, per placare la contestazione sociale, da un paio di anni ha aperto la possibilità di andare in banca per fare un mutuo e tanta gente ne ha approfitatto per comprare una macchina) il parco auto è in aumento costante. La città è quindi paralizzata dal traffico tutta la settimana ad eccezione del venerdi, il giorno festivo. La prima impressione della metropoli è molto positiva; andiamo per il lungomare, tra i palazzi bianchi (da qui il sopranome della citta di Algeri la bianca) e il cielo dipinto di azzurro. Ci vuole quasi un’ora per arrivare allo stadio Omar-Hamadi di Bologhine (ex-quartiere Saint-Eugene, rinominato in arabo Bologhine dopo l’indipendenza), dove il Mouloudia ospita l’USMA. Lo stadio è in affitto, perché quello del Mouloudia in realtà è lo stadio del 5 luglio (giorno dell’indipendenza dell’Algeria, il 5 luglio 1962) con una capienza di 80.000 posti, ma che deve essere rinnovato dopo il crollo di una parte della curva Sud nel derby Mouloudia-USMA del novembre 2014, quando due giovani tifosi dell’USMA hanno perso la vita.

Il bello dello stadio Omar-Hamadi è la sua postazione, quasi sul mare. L’impianto fu costruito dai francesi nel 1935 con una capienza di 15.000 spettatori. Le autorità locali hanno deciso di limitarne la capienza a 8.000 posti per ragioni di sicurezza. Io non avro’ la fortuna di vederlo da dentro, ma solo dall’esterno.

Il calcio entra in Algeria con la presenza coloniale francese alla fine del 1894. La prima sezione calcistica di una società sportiva fu fondata nel 1897 a Oran, il Club des Joyeusetés. Il primo “campionato locale” fu creato nel 1913, ma solo nel 1920 la Francia crea tre leghe in Algeria (nelle tre grandi città di Oran, Algeri e Constantine). Sin dalle origini il calcio rispecchia la realtà coloniale e di conseguenza le società calcistiche rispecchiano la divisione comunitaria. C’è una netta distinzione tra le società europee e quelle musulmane; i club calcistici musulmani sono dei simboli d’identificazione anticoloniali. Le partite contro i club “europei” d’Algeria sono un motivo d’orgoglio ed un simbolo della lotta per la loro indipendenza. Il Mouloudia è la società più popolare del paese, primo club « musulmano » (cioè algerino), nato il 7 agosto 1921. Il suo nome deriva da quello della festa islamica del “Mouloud”. I rossoverdi sono amati in tutto il paese. I colori del Mouloudia d’Alger sono rilevanti e carichi di simboli: il rosso per il sacrificio ed il verde per la speranza. I calzini sono bianchi. La gloriosa società ha pagato un prezzo elevato durante la rivoluzione e la guerra d’indipendenza con numerosi morti. Il loro palmares è degno di nota, sono la terza società più titolata del paese con sette scudetti, sette coppe nazionali e una Champions League africana. Ma questa stagione sportiva è traumatica per i tifosi rossoverdi, con la squadra ultima in classifica.

Oggi poi, è una giornata particolare per la tifoseria locale perché la partita si gioca a porte chiuse, dato che il Mouloudia ha preso tre partite di squalifica dopo gli incidenti a Oran due settimane fa. Quel giorno, la contestazione è degenerata con il lancio di centinaia di seggiolini sul campo dopo l’ennesima sconfitta. Attorno allo stadio ci sono tanti poliziotti a presidiare la zona. Ci sono pochi tifosi e gli ultras hanno un appuntamento particolare a un kilometro dello stadio. Gli ultras locali sono divisi in tre gruppi che si trovano nella Curva Sud, cuore del tifo rossoverde. L’impronta ultras in Algeria è nata con gli « Ultras Verde Leone » del Mouloudia nel 2007. Essi si sono ispirati al modello italiano. A quel tempo non c’erano connessioni Internet di qualità e la maggior parte della gente non era on line. Comunque, la passione calcistica c’era eccome e alcuni giovani che guardavano le partite della serie A vedevano pezze e striscioni dietro le porte degli stadi italiani, interessandosi al fenomeno hanno finito per importarlo. Ora come ora ci sono altri due gruppi che occupano la Curva Sud al fianco degli UVL: i « Green corsairs » e gli « Ultras the Twelth player » (ultras, il dodicesimo uomo).

Il gruppo degli UVLm con cui devo vedere la partita, si ritrova con gli altri gruppi e tifosi della curva alla basilica di Nostra Signora d’Africa, che domina Algeri e lo stadio. Il luogo è stupendo e ci sono circa cinquecento « Chnaoua » (il sopranomme arabo dei tifosi del Mouloudia) e qualche poliziotto. Lo stadio è distante un chilometro e mezzo, ma si vede abbastanza bene. Bande di amici di quartiere e gruppi ultras si mettono in un posto particolare e noto un tamburo degli UVL. Sono una cinquantina a seguire e a soffrire per la partita quando l’arbitro dà il fischio d’inizio. Sono le quattro. La totalità dei tifosi sono ragazzi tra i quindici e i venticinque anni, ma alcuni hanno solo una decina d’anni.

Non sono molto interessato alla partita e mi metto in disparte; il tifo stenta a decollare e ci sono pochi canti. La tensione è altissima e si vede che il cuore del Mouloudia è qui. Soffrono per la partita e alcuni non ce la fanno a guardare questo scontro diretto per la salvezza. Il bello del posto è che posso godere della visione davvero eccezionale sulla baia di Algeri, col Mediteraneo di fronte. Il primo tempo finisce sullo 0-0 e il nervosismo si fa sentire quando parlo con i ragazzi durante l’intervallo. Il secondo tempo è noioso dal punto di vista del tifo e decido di andare nella basilica per fare un po’ di sano turismo. Trovo un parroco italiano, di Modena, che da trent’anni vive in Africa, prima in Mali e ora da tre anni ad Algeri. Mi dice che dalla mattina ci sono state duecento visite (il sabato è un giorno lavorativo), la maggiore parte dei visitanti sono musulmani. La basilica è bellissima fuori e uno spettacolo dentro. Un motto cristiano dice : « Nostra-Signora d’Africa, prega per noi e per i musulmani ». Un motto un po’ coloniale, di fatto la basilica è stata edificata dai francesi tra il 1858 ed il 1872 quando l’Algeria era ancora parte della Francia.

Sento un boato ed esco subito dalla chiesa: il Mouloudia ha segnato per la gioa del mezzo-migliaio di tifosi rossoverdi. È pazzesco, ci sono canti e fumogeni, un nonno con suo nipote di quattro anni festeggia il gol! Altra cosa rispetto agli pseudo-tifosi, cretini-paganti, che le televisioni inquadrano durante i mondiali. Altri fumogeni sono accesi e bambini di dieci anni litigano per tenerli fra le mani, finché qualcuno non glieli regala, felicissimi! Le nuove leve già muovono i loro passi e il futuro della curva è garantito.

Ancora mezz’ora di partita, si canta, due gruppi si fronteggiano e intonano un canti. Tutti i cori sono in arabo e molto originali, lontani dalle cantilene a cui siamo ormai abituati nei nostri stadi. Uno di questi si rivolge alle navi del porto di Alger, esprime il malcontento della gioventù che sogna l’Europa e vorrebbe lasciare l’Algeria. Chiedo ad uno degli U.V.L.  di tradurmelo: « O nave, andiamo, andiamo, che il grande Dio ci protegga e ci ritroviamo tutti in Sardegna, a Torino, a Palermo, a Catania. O nave, o nave Casanova, quanto tempo ti ho aspettato. Andiamo e lasciamo Algeri ai cafoni, in Italia troveremo la felicità. Se potessi avere il mio destino tra le mie mani non ti lascerei, non andrò a vivere in un altro paese, perdonami, paese mio, ti amo nel profondo dell’anima, ma peccato, il mio cuore ha deciso”.

Qui, che la gioventù è sacrificata non è un modo di dire. Le stime ufficiali segnano il tasso di disocupazione al 9%, ma in realtà sembra che questo si attesti sul 30%. Un ultras locale mi dice che la crisi non è un vero problema, perché non è mai finita da quando è nato: tra la penuria di quando era bambino, ai dieci anni di guerra civile, è un miracolo che la gente sia ancora lì a sperare. Lavora come graphic progettista e non vive male, ma sa che viene da un paese del Terzo-mondo ogni volta che chiede un visto per l’Europa. Due volte gli è stato negato anche se gode di una buona situazione lavorativa, che però per l’UE non è sufficiente; è stato respinto senza motivo, senza potersi fare un viaggio dalle parti nostre. Il suo sogno è, infatti, di venire in Italia, e non per « rubare un posto di lavoro », ma per vedere le curve che hanno fatto la storia del movimento ultras mondiale. I riferimenti sono gli stessi di cui parlava Simone quand’era in Germania : il “C.U.C.S.” della Roma e la “Fossa dei Leoni”, senza mai dimenticare gli “Ultras Tito” della Sampdoria. Capiamo che c’è differenza tra noi, col passaporto giusto a cui quasi tutti i paesi sono aperti, e loro, che hanno gli stessi valori, gli stessi ideali, ma che per un sistema marcio non possono rifare il nostro percorso all’inverso, da Sud a Nord.

La partita prosegue con canti e passione, due altri fumogeni sono accesi prima del fischio finale e un boato libera la tifoseria rossoverde quando la vittoria è assicurata e il Mouloudia lascia l’ultimo posto in classifica tornando a sperare di restare nella Seria A Algerina. Lo auguro a questi ragazzi che se lo meritano. Il mio viaggio con gli ultras non è finito; ho il privilegio di andare al loro club, la « casa verde ». Credo sia uno dei più bei club ultras che abbia mai visto, perché una porta dà direttamente sul mare. Mi ricorda Genova, sotto i ponti, dove la gente va a fare il bagno. Qui si può pescare, respirare o fare un tuffo…ottimo! La casa verde è un museo in onore di Mouloudia e degli Ultras Verde Leone, con bellisimi affreschi della prima squadra del 1921 e il nome in arabo originale della società: Mouloudia Chaiba Al Djezair, (Mouloudia popolare di Algeri), diventato poi “Mouloudia Club di Algeri”.

C’è anche una scritta in italiano: « Ultras liberi ». Anche qui c’è una dura repressione. Un ragazzo di trent’anni mi dice che è stato mandato tre volte in galera per fatti di stadio. La serata è bellissima, se fossi un deficiente, avrei paura, per quello che rappresento. Un occidentale in mezzo ad una gioventù bruciata Algerina, ma è totalmente l’opposto, non ci sono musulmani o cristiani, non ci sono occidentali e arabi, non ci sono donne e uomini ma gente accomunata della stessa passione per un mondo nobile, quello degli ultras. Le domande sono numerose e posso notare che questi ragazzi hanno imparato molto con Internet. Sanno tante cose sul tifo ultras in Italia, in Francia o in Germania, è impressionante. Mai uno di loro è andato nel Nord per vedere partite, ma è un sogno per loro. Devo per forza lasciarli, ma mi propongono di accompagnarmi nei quartieri storici di Algeri l’indomani, dove pochi stranieri vanno da soli per il timore che gli Algerini stessi hanno di queste zone. Accetto volontieri perché la Casbah soprattutto è il feudo della tifoseria del Mouloudia: è li che è sorto il club nel 1921. È anche li che Gillo Pontecorvo ha girato il bellissimo film « La battaglia di Algeri », che torna sugli eventi dal 1954 al 1957, quando i francesi hanno combatutto la resistenza del popolo algerino che lottava per la sua indipendenza.

L’indomani è il mio ultimo giorno ad Algeri, e sono davvero curioso di vedere la mitica « Casbah ». Appena entro, vedo centinaia di bandierine rossoverdi affisse per le strade. Il quartiere è bellissimo e mi ricorda il rione Ballarò di Palermo. Stessa gente, stessa passione calcistica (lontana dai modaioli motti tipo “Support your local team”) e stessa bellezza. Nella prima via, che sorpresa, noto che decine di bancarelle vendono fumogeni. Il prezzo è molto alto, quasi 8 € per un fumogeno e capisco perché la gente ne ha accesi pochi ieri, sapendo che tanti ragazzi non lavorano e che lo stipendio medio può essere tra i 100 e 300€. Il giro della zona è affascinante e i due Ultras Verde Leone che sono le nostre guide oggi, ci portano nel posto dove fu fondato il Mouloudia. Una targa è affissa di fronte per ricordare i fondatori e onorare la loro memoria e quella del Mouloudia. Il nostro giro prosegue con tantissime scritte pro-Mouloudia, striscioni rossoverdi e pure una bandiera italiana. I colori del Mouloudia sono gli stessi del tricolore che ho notato parecchie volte tra i tifosi rossoverdi. Incrocio vari ragazzini che giocano a calcio, c’è un campetto in mezzo alle case, ma l’immagine più bella sono questi bambini che hanno confezionato una palla con lo scotch e la plastica e giocano a calcio per le vie. Il vero simbolo dello sport più bello del mondo che ci ha fatto innamorare.

Il mio giro della zona finisce nella Piazza della memoria, dove sono apposte decine di foto di eroi algerini della guerra d’Indipendenza. Tutti questi giovani sono morti per la libertà. Un centinaio di persone sono ricordate e tra queste noto la prima foto della squadra del Mouloudia, nata anche lei come simbolo musulmano e di libertà contro l’oppressore francese. Davvero bello. La gente del posto, tutti sopra i sessant’anni, gente che ha vissuto quel periodo nero dell’oppressione francese, mi regala un té e mi chiede da dove venga.

Quando rispondo che sono francese, subito mi accolgono: “Benvenuto nella Casbah!” Che dire? Credo che certe volte le parole non siano sufficienti, ma che il calore, l’amore che ho visto in questa zona mi ha affascinato. Posso solo riflettere al nostro modo di interagire come essere umani, quando sono sul tetto di una casa in cima della Casbah e sotto miei piedi, la Baia d’Algeri lascia vedere tutta la sua bellezza. Posso anche notare, in questo feudo rossoverde, uno striscione per l’USMA, il rivale cittadino numero uno del Mouloudia, che prova che la passione per il calcio è molto radicata.

Sébastien Louis