Sulla cancellata della Mole Antonelliana di Torino è stata allestita una mostra fotografica, tributo a Daniele Segre, fotografo e regista piemontese scomparso quest’anno, e alla sua opera più celebre “Ragazzi di Stadio” con cui ha documentato con sensibilità il fenomeno degli ultrà.
Ai piedi dell’imperiosa Mole,14 immagini in bianco e nero, in grande formato, catturano lo sguardo dei visitatori e dei passanti distratti, raccontando un pezzo di mondo del tifo calcistico torinese degli anni ’70, attraverso foto e citazioni.
“Ragazzi di stadio” rappresenta un’opera fondamentale per comprendere la nascita e l’evoluzione del tifo organizzato negli stadi italiani. Può essere annoverata come una vera e propria opera di culto per gli ultras e gli amanti di questo mondo. Documenta un’epoca ma invita anche a riflettere sulle trasformazioni sociali e culturali che il calcio ha subito nel corso degli anni.
Il film, i cui lavori presero le mosse dal libro fotografico pubblicato dallo stesso Segre, offre uno sguardo su un fenomeno sociale che, all’epoca, stava emergendo ma già veniva marginalizzato.
Dopo “Il potere deve essere bianconero” (1978), il primo dei tre corti realizzati sul tema, in cui incontrava il gruppo organizzato di tifosi juventini dei Fighters, Segre riprende il materiale girato e lo amplia, attraverso un’accurata documentazione di due anni di partite, sia della Juventus che del Torino. Racconta il tifo non solo come semplice passione sportiva ma esplorando le dinamiche sociali e culturali che caratterizzano i settori popolari degli stadi, in un periodo storico segnato da tensioni politiche e da un crescente disimpegno, dove i giovani tifosi si trovavano a dover affrontare le proprie paure e aspirazioni, cercando uno spazio vitale all’interno di una società in cambiamento. Tematiche in qualche modo ancora attuali, motivo per cui continua ad essere riferimento culturale preferito anche nelle “nuove generazioni di tifosi”.
“Ragazzi di stadio” è un testamento di pensieri, parole e sogni, che bisognerebbe tenere vivi, un immaginario di foto straordinarie e irripetibili. Un volume di importanza storica e sociologica che continua a stimolare dibattiti e riflessioni sul tifo organizzato. Un film epocale a cui ha fatto seguito poi il corto “Ragazzi di stadio, quarant’anni dopo”.
Visitare questa mostra a cielo aperto è stata un’esperienza unica. I passanti, molti con sciarpe della Juve o del Toro, si fermavano alcuni interessati, altri riconoscendo “l’opera”, molti disinteressati e ignari, creando un contrasto tra la frenesia della vita quotidiana e la contemplazione dell’arte, un’istantanea tra vecchio e nuovo.
La mentalità del tifo è davvero cambiata con il calcio moderno? Chi sono i nuovi ragazzi di stadio? Se l’incontro tra arte e vita urbana offre un’opportunità per rallentare e apprezzare la bellezza che ci circonda, le immagini esposte non sono solo un omaggio a un’epoca passata, ma anche un invito, non solo per le realtà ultras, ad esplorare aspetti che potrebbero essere stati dimenticati e riconsiderare il rapporto con il calcio e con le emozioni che esso suscita, senza trascurare il cambiamento epocale, nel bene e nel male, della società attuale.
L’esposizione è stata contestualmente accompagnata anche dalla riedizione del libro “Ragazzi di Stadio” (pubblicato da ETS), arricchito da foto restaurate e contenuti inediti, con un QR code per accedere ai tre documentari. Una ristampa necessaria a 45 anni dalla sua prima uscita, considerando anche i prezzi assurdi dei pochi esemplari ancora in vendita sui vari mercatini virtuali. Chi ha perso la mostra non dovrebbe farsi mancare una copia del libro che, nonostante il costo importante (ma non proibitivo: 47,50 €), vale fino all’ultimo centesimo sia per la qualità materiale di queste circa duecento pagine che per il valore storico e accademico delle stesse.
Imma Borrelli