Prendendola filosoficamente, non ho mai visto un vuoto più pieno. E qui siamo davanti a scelte, operate da due parti, da chi deve garantire la sicurezza negli stadi e da chi negli stadi ci va, ci passa le ore, ci coltiva amicizie. Per la terza domenica consecutiva, la gare casalinghe del Ravenna vedono i ragazzi della curva rimanere all’esterno dello stadio, davanti alle richieste ampiamente opinabili delle FdO, o, se mi permettete, dei loro uffici, che lavorano su schemi ampiamente teorici. La scelta dei supporter locali ha visto un medesimo comportamento da parte dei circa 200 ospiti, la maggior parte dei quali, la parte più attiva nel tifo, ha scelto di lasciare la zona del Benelli, senza assistere alla vittoria della squadra di Montero.

Mi avvalgo qui di un articolo di sintesi pubblicato dal Siena Club Fedelissimi nel quale si spiega la procedura formalmente richiesta per introdurre una bandierina in un impianto sportivo:

La legge italiana attualmente in vigore prevede che, per portare una semplice bandiera allo stadio, si deve ottemperare alle seguenti operazioni burocratiche: 1) scaricare l’apposito modulo; 2) riempirlo in ogni sua parte e firmarlo; 3) scannerizzarlo ed inviarlo alla mail indicata nel modulo allegando documento del richiedente e certificazione che il materiale di cui è fatta la bandiera sia ignifugo. Nel caso in cui esso non lo sia, si deve acquistare uno specifico prodotto per rendere la stoffa ignifuga dal costo di 25 euro al flacone allegando, alla richiesta di autorizzazione, la fattura di acquisto del prodotto, la certificazione del prodotto e la dichiarazione che la stoffa è stata trattata col prodotto. La palla passa poi al GOS, Gruppo Operativo di Sicurezza.

Come fa notare il sito dei tifosi bianconeri, la normativa è interpretabile ed applicabile secondo il giudizio delle questure. Di questo, nessun dubbio, ci siamo abituati. Il vuoto nella curva giallorossa è stato notato non soltanto dal sottoscritto ma anche dalla testata RavennaeDintorni, che si chiede se Ravenna stia esagerando o se sia il resto dItalia ad essere fuorilegge. Qui si apre una parentesi, infinita, sul rapporto tra Stato centrale e periferia, che non vado a sviluppare in quanto parliamo di altro, di tifosi.

Qualche giorno fa Tuttosport disquisiva sulla differenza tra il voler costruire uno stadio nuovo a Roma e a Milano: se nella Capitale la manovra viene vista come un trionfo del privato sul pubblico, al nord la cosa si interpreta come un lodevole esempio di iniziativa. Base dell’investimento, si conveniva, deve essere però un progetto generale, che comprenda un quartiere con alberghi e abitazioni, e non soltanto la struttura calcistica. In questo discorso non una riga era dedicata a, che ne so, un calcolo del biglietto medio, un programma di abbonamenti pluriennale che garantisca di ammortizzare la spesa. Insomma, i clienti tanto si trovano, che ne scriviamo a fare. Ma con certe normative come si pensa di creare un tifoso cliente, per di più in serie C?

Come Sport People da anni ci imbattiamo in divieti o anche querele per la proprietà intellettuale delle immagini degli spalti: perché il calore del pubblico vende, e dove esso manca, si mettono i seggiolini multicolore, a dare una illusione di vivacità. Per riprendere il cruccio che si pone la testata romagnola: siamo tutti fuorilegge, a meno che non ci pieghiamo a pagare per ogni cosa. La dialettica tra normativa e applicazione di essa è secondaria.

Testo di Amedeo Zoller.
Foto di Gilberto Poggi.