Il Covid ci ha costretti a rimodellare tutte le nostre abitudini, a rimettere in discussione tutte le nostre certezze, mettendo in subordine, per ovvie ragioni di forze maggiori, ogni altro aspetto del nostro vivere quotidiano, compresa la socialità, ancor più quando collegata ad eventi di puro intrattenimento come il calcio. Si è tornati sì allo stadio da qualche tempo, ma fra capienze ridotte, distanze interpersonali, mascherine e quant’altro, anche il più refrattario ai condizionamenti ha finito per capitolare alla mestizia del momento. Anche il tifo organizzato di conseguenza, sta vivendo una fase a dir poco interlocutoria, in cui ci sono gruppi che decidono di restare fuori, altri che sono rientrati, altri ancora che sono entrati per poi uscire di nuovo quando la capienza è stata nuovamente ridotta, senza ovviamente contare chi per scelta personale o per costrizione non ha ancora rimesso piede allo stadio.

Nel contesto odierno dunque, parlare di tifo è un esercizio davvero arduo, specie se la mente – com’è inevitabile che accada – vola al recente passato quando andare e vivere lo stadio era un momento di totale evasione, in cui non si era costretti a farsi carico delle raccomandazioni dei virologi, compresi quelli laureatisi sul web.

Un derby come questo, con due compagini appaiate in vetta in un serrato testa a testa per la conquista della Serie B, qualche tempo fa sarebbe stata una vera e propria bomba ad orologeria. E al netto di ogni spinta contraria è esattamente e straordinariamente quello che è stato. Nonostante lo stadio aperto solo al 50%, per risalire ad un’atmosfera così elettrica e carica di entusiasmo, con due tifoserie traboccanti di passione e che con numeri e qualità hanno sostenuto le proprie compagini, bisogna forse risalire all’ultimo derby sulle sponde dell’Enza, l’altro fiume che segna il confine fra Reggio e Parma, allorquando però lo stadio era però fruibile al 100%. Fare il doppio del tifo con la metà dei presenti non è cosa così scontata.

Se il campo alla fine ha offerto un molto meno scoppiettante 0 a 0, gli spalti hanno dato vita ad un confronto accesissimo, con due tifoserie in grandissimo spolvero e autrici di un tifo che, senza tema di smentita o senza timore di passare per retorici, lo si vede in pochissime piazze della massima serie. Spettacolari. Poco da dire. Con dei cori che sono risultati dei veri e propri boati, capaci di regalare letteralmente i brividi ai presenti. Una partita ricca di emozioni e che riconcilia con il calcio e con il tifo dopo oltre due anni in cui andare allo stadio è stata più una penitenza o al massimo un dovere che non un divertimento.

Chiaramente non sono mancati gli sfottò fra le due parti ma che non sono mai diventati stucchevoli, risultando sempre in secondo piano rispetto al sostegno alla squadra o al tifo in genere. C’è stato però un momento di quella irriverente genialità classica degli ultras quando gli ultras modenesi, alludendo all’eterna polemica cittadina con gli ospiti mai graditi del Sassuolo, hanno tirato fuori lo striscione: “A Reggio solo la Regia” che s’è guadagnato gli applausi di un po’ tutto lo stadio. Applausi che si sono chiaramente trasformati in insulti quando, poco dopo, è stata esposta la seconda parte: “Poi la baby gang ti sfregia”; riferimento al recente caso di cronaca che aveva visto proprio i tifosi reggiani contrapporsi, nell’attiguo centro commerciale dello stadio, ad una banda di ragazzini che li avevano provocati al grido di “Forza Parma” durante il deflusso a seguito della partita contro la Pistoiese.

A fine gara squadre sotto i rispettivi settori a cantare e saltare con i tifosi in un tripudio di cori e colori, scambiandosi vicendevolmente applausi per l’impegno offerto tanto in campo quanto sugli spalti, anche se, ad onor del vero, oggi la vittoria è tutta dei tifosi. Se possiamo guardare o aspirare ad un ritorno alla normalità allo stadio è proprio grazie a loro e a momenti come questi. Un barlume di speranza in questo lungo oscuro periodo di restrizioni e privazioni di ogni sorta.

Per reggiani e modenesi: Chapeu!

Foto di Giovanni Padovani
Testo a cura della redazione