Finalmente è arrivato il giorno tanto atteso: un sabato di metà settembre in cui realizzo il mio primo viaggio in Italia della stagione, una trasferta di una certa consistenza chilometrica in cui, in una sola partita, posso togliermi diverse curiosità più e meno recenti.

Il mio Renate–Brescia comincia già il venerdì sera: come sempre, il fedele pullman mi porta fino a Milano, dove arrivo a San Donato Milanese intorno alle sette e mezza del mattino. Da tempo desideravo vedere lo stadio di Meda: prima con la squadra locale, quando militava in Serie C2 sul finire degli anni Novanta, e poi con il Renate. La squadra nerazzurra, fondata nel 1947, è salita in Serie D solo nel 2005 e nel 2010, dopo il ripescaggio, si è trasferita a Meda poiché il vecchio campo non rispettava i requisiti per la Serie C. Da allora gioca stabilmente qui, affermandosi come società solida nella terza serie nazionale.

Diversa la storia del Brescia, club storico del calcio italiano e internazionale, vincitore della Coppa Anglo-Italiana nel 1994 e finalista della Coppa Intertoto 2001. Dopo la retrocessione in Serie C e l’esclusione per problemi finanziari, la società è rinata come Union Brescia per mano del presidente della FeralpiSalò Pasini, che ha trasferito sede e titolo sportivo appunto da Salò a Brescia. Gli ultras della Curva Nord hanno scelto di seguire la nuova realtà, mentre i Brescia 1911 hanno preferito tentare la rifondazione di un nuovo club dal basso. A farne le spese più di tutti, sono stati invece i tifosi della FeralpiSalò, rimasti senza squadra dopo tredici stagioni in Serie C e una in Serie B.

Per raggiungere lo stadio, l’opzione migliore e prendere un treno a Milano per scendere a Seveso e ridurre così la camminata a poco più di un chilometro. La cittadina, di circa ventimila abitanti, si presenta tranquilla. Attraverso Via Icmesa, che richiama la fabbrica tristemente famosa per la tragedia del 1976, quando la fuoriuscita di una nube tossica di diossina causò gravi danni ambientali e sanitari. Proprio dove sorgeva la fabbrica, circondato dal Bosco delle Querce (nato nella zona più contaminata dall’incidente, dove una serie di pannelli informativi raccontano sia la vicenda che la rinascita ambientale), si trova oggi lo stadio “Mino Favini” e il complesso sportivo Città di Meda, dove giocano anche i ragazzi del settore giovanile.

Arrivo dal settore ospiti, con una capacità di oltre seicento posti, tutti esauriti dai bresciani. Lo stadio può ospitare in tutto più di duemila persone e dispone di tre tribune con seggiolini colorati (giallorossi nella principale, verdi per gli ospiti e blu quella opposta per i locali) tutte coperte. La struttura è moderna e curata, anche se la sua conformazione limita un po’ l’atmosfera da grande tifo.

Dopo aver ritirato il mio accredito, mi approccio con curiosità a vivere il tifo biancazzurro da vicino, tornato in Serie C dopo oltre quarant’anni. Il settore ospiti è completamente pieno. Al centro campeggia lo striscione CURVA NORD BRESCIA, mentre molti altri tifosi bresciani trovano posto anche in tribuna. Il Renate, come noto, non ha mai avuto un movimento ultras organizzato: un centinaio di semplici tifosi locali occupano la tribuna opposta agli ospiti, più altri presenti nella zona principale riservata ai padroni di casa.

Lo spettacolo è subito notevole: sciarpata sulle note di “Madonnina dai riccioli d’oro”, bandiere e fumogeni biancoblu. Mi sistemo dietro la porta, dal lato ospiti, per godermi lo spettacolo. Nel primo tempo i tifosi del Brescia sostengono la squadra con cori e battimani, mentre i locali restano silenziosi. Al 26° però è Delcarro a portare in vantaggio a sorpresa il Renate per la gioia dei suoi tifosi. Ma la Curva Nord ospite non si abbatte e aumenta persino l’intensità del tifo cercando di suonare la carica alla propria squadra.

Nella ripresa il ritmo resta alto. Al 67° il Renate resta in dieci per l’espulsione di Riviera, ma resiste con orgoglio. Solo all’81° Maistrello segna il pareggio e il settore ospiti esplode in un boato, con una torcia accesa a cui seguono cori contro l’odiata Atalanta. All’86° ci pensa l’ex Spagnoli a completare la rimonta, festeggiando sotto la curva prima ancora che, in pieno recupero, Cazzadori chiuda i conti sull’1-3 per questo monologo bresciano in campo e sugli spalti.

Al triplice fischio, i giocatori festeggiano con i tifosi lanciando maglie verso la curva. In questa vittoria, sicuramente, c’è anche una parte di merito della tifoseria. Per il Renate resta l’onore delle armi e gli applausi per l’impegno. Come dirà mister Foschi in sala stampa, “in undici contro undici il Renate non avrebbe mai perso”. Ma il bello del calcio è proprio l’imprevedibilità.

Mentre mi avvio verso la stazione, risuonano ancora i cori e i boati degli ultras bresciani. Mi ripagano dei chilometri percorsi e mi ricordano che, in giornate come questa, ne vale sempre la pena.

Marco Gasparri