Il dibattito sulla riapertura degli stadi si è incentrato quasi unicamente sulle percentuali: 50- 75-100 % sono diventati numeri quotidiani.
Le società, per provare a rattoppare (molto tardivamente) le falle dei loro bilanci disastrati, invocano il ritorno alla piena capienza e in questo ci trovano perfettamente allineati. Tra noi e loro, tuttavia, cambiano le finalità. Noi vogliamo rientrare per riprenderci il nostro pezzo di calcio, l’unico che ancora ci fa emozionare e ci ricorda il perché siamo ancora qui a provarci: gli spalti, gli amici, i ricordi che ti legano a una moltitudine di compagni di tifo, i rituali. E le società? Negli anni il calcio si è sempre più svenduto, principalmente alle televisioni. I ricavi dalla biglietteria rappresentano ormai un valore inferiore al 10% del totale. Se ne sono sempre fregati dei tifosi allo stadio, inseguendo sponsor e diritti tv in una corsa suicida che nemmeno la recente emergenza covid ha frenato. Nessuna politica di inclusione e coinvolgimento degli spettatori è stata messa in atto, col risultato che gli stadi italiani, da anni e ben prima della pandemia, erano e sono i più vuoti tra i campionati ritenuti di primo piano in Europa. Questa improvvisa presa di coscienza dell’importanza dei tifosi allo stadio ci pare molto sospetta; se poi la colleghiamo alle politiche di prezzi attuate in questa prima fase di campionato (quasi raddoppiati per l’assenza di abbonamenti) il sospetto che dietro l’invocazione dei tifosi allo stadio ci sia l’intenzione di farci pagare parte delle loro scelte dissennate diventa molto concreto.
A quando la riapertura al 100%? Non siamo noi a poterlo dire, sebbene abbiamo promosso e sottoscritto insieme a una cinquantina di tifoserie italiane un appello perchè ciò avvenga al più presto.
Nel frattempo crediamo sia bene iniziare a parlare del COME gli stadi e in particolare le curve potranno iniziare a riempirsi. La situazione è tutt’altro che semplice, ed è bene incominciare a prendere coscienza dello stato di fatto.
Al momento la normativa vigente in Italia indica alcuni punti fermi per quanto riguarda la permanenza nei settori dello stadio:

  • Lo spettatore ha il diritto/dovere di occupare il posto a lui assegnato e pertanto con l’acquisto del titolo di accesso si impegna a non occupare posti differenti;
  • È vietato Introdurre o esporre striscioni, cartelli, stendardi orizzontali, banderuole,
    documenti, disegni, materiale stampato o scritto e diversi da quelli esplicitamente
    autorizzati dal Gruppo Operativo per la Sicurezza (G.O.S.).
    L’inosservanza di queste indicazioni comporterà:
  • l’immediata risoluzione del contratto di prestazione, con il conseguente allontanamento dall’impianto del contravventore;
  • l’applicazione, da parte delle autorità competenti, della sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro. Qualora il contravventore risulti già sanzionato, nella stessa stagione sportiva anche in un impianto diverso, per la medesima violazione del regolamento d’uso, la sanzione può essere aumentata sino alla metà del massimo e può essere comminato il divieto di accesso alle manifestazioni sportive (cd. DASPO);
    Tutto è ben specificato nel “regolamento d’uso dello stadio” (vedi per esempio quello della Sampdoria https://www.sampdoria.it/biglietteria/regolamento-stadio/) che viene accettato automaticamente da chi acquista un biglietto o l’abbonamento. L’origine di questo strumento repressivo non è recente: si basa sul famoso “decreto Pisanu” del 2005. Uno strumento che all’epoca avevamo aspramente contestato, con iniziative anche clamorose come la Gradinata vuota in Sampdoria-Inter di quell’anno https://www.ultrastito.com/sampdoria-inter-29-
    ottobre-2005.html
    .
    A distanza di 16 anni, poggiando su questo strumento, numerose persone in giro per l’Italia si sono viste recapitare una multa per “cambio posto”, altri alla seconda
    segnalazione sono stati diffidati. Oggi, con le prescrizioni integrative inserite nei regolamenti d’uso (ad esempio l’obbligo di mascherina o di distanziamento interpersonale), l’elenco delle “violazioni”
    in cui un tifoso può incappare finendo nelle maglie della repressione a totale discrezione della questura di turno, si è ulteriormente ampliato.
    Fino a quando questa normativa non verrà modificata, COVID o non Covid, la spada della
    repressione, aggravata dalla discrezionalità, sarà sulle teste di tutti i tifosi italiani.
    Eppure qualcosa si muove: nelle scorse settimane la società Us Avellino ha “promesso” ai propri tifosi la prossima creazione di “un settore dedicato al sostegno della squadra” https://www.usavellino1912.com/appello-alla-curva-sud-da…/.
    Cosa intende? In pratica un settore dove i tifosi possano fare il tifo nella maniera più libera possibile, stando in piedi e con gli strumenti di tifo liberi, come bandieroni, tamburi, megafoni.
    Utopia? Tutt’altro: questi settori esistono già in Germania, ad esempio, ma anche in Russia, in Austria e in altri paesi europei. Addirittura, e anche questa è notizia recente, anche in Inghilterra è in atto la creazione di settori dedicati al tifo, le cosiddette “safe standing area”. Esistono già le
    linee guida da parte della SGSA, l’autorità inglese che si occupa di sicurezza negli impianti sportivi https://sgsa.org.uk/…/09/SG01-Safe-standing-in-seated-
    areas.pdf
    e se le società interessate dal progetto presenteranno la documentazione richiesta le safe standing area saranno realtà già dal 1 gennaio 2022. Abbiamo letto con attenzione le linee guida e naturalmente non si sta parlando di un cambio di rotta totale. Si tratta pur sempre dello Stato in cui per 32 anni ha dominato la visione di stadi totalmente asettici, più simili a teatri, imposta dal celebre rapporto Taylor seguito alla strage di Sheffield del 1989 (che successive
    indagini hanno dimostrato essere stata causata non dalla folla in sovrannumero ma da una mala gestione dell’ordine pubblico).
    Si parla di braccialetti per identificare i tifosi nelle standing area, di pannelli di plexiglas per limitare i movimenti, di obbligo di occupare un determinato posto.
    Insomma, molte cose sono ben lontane dal nostro concetto di “tifo libero”. Tuttavia sia il caso di Avellino che quello inglese, rappresentano un piccolo passo verso la modifica delle accezioni inutilmente repressive che hanno contribuito ad allontanare la passione e tanti tifosi dagli stadi.
    Pertanto meritano l’attenzione e la consapevolezza di tutti.

Ultras Tito Cucchiaroni