«Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la primavera», così scriveva Pablo Neruda in una delle sua tante poesie. Succede così che in una domenica di Settembre in cui il massimo campionato è fermo per la sosta delle Nazionali, sale in cattedra un mondo lontano da quello delle star milionarie e delle tribune coperte, dei ricchi presidenti e delle operazioni di marketing, degli spogliatoi forniti di Jacuzzi e campi da gioco che sembrano prati all’inglese: è il mondo del calcio dilettantistico.

Ci troviamo a Firenze, nella prima partita stagionale di 3a Categoria tra Rifredi e Pian di San Bartolo, valevole per la “Coppa Fringuelli”. Varcato l’ingresso per le tribune qualcosa nell’aria mi riporta indietro di molti anni, vengo catapultato in un passato che ormai sembra essere così lontano dalla realtà di oggi che mi lascia con due stati d’animo contrastanti tra loro: la nostalgia di un mondo, un modo di vivere, che sta sempre di più svanendo, e la speranza che ancora ci sia qualcuno e qualcosa che lo tiene stretto a sé e non lo lascia scomparire definitivamente.

Le tribune sono piene, occupate per la quasi totalità dal tifo di casa, i Rude Boyz, che contano una sessantina di presenze. Pezze, bandieroni, tanti fumogeni e il tamburo fanno da cornice a quella che è la coreografia organizzata per l’ingresso in campo delle due squadre: un telo di colore gialloblu che scende dall’alto, tenuto teso dalle braccia alzate dei supporters rifredini, ed un altro sopra che raffigura un loro compagno scomparso mesi fa. 

Molto vivace anche il tifo ospite, che conta 20/25 persone venute a seguito dei propri colori. Si sistemano appena fuori dalla tribuna, vicino alla rete che ne delimita il campo: pezza, bandiera e tamburo e anche gli ospiti si apprestano a sostenere la loro squadra.  

Nei primi 45 minuti si respira una bellissima atmosfera con le due tifoserie che scaricano tutta la loro voglia di tifo, dopo un’estate di astinenza dai gradoni. Il secondo tempo è all’altezza del primo e al fischio finale, entrambe le squadre si dirigono sotto i propri tifosi, salutandoli con cori e battimani per poi rientrare negli spogliatoi. 

Le tribune iniziano a svuotarsi e alcuni membri dei gruppi rivali ne approfittano per scambiarsi una stretta di mano e complimentarsi a vicenda, perché in campo può non esserci stato alcun vincitore, ma se in una partita della categoria più bassa della FIGC due squadre le quali sedi distano pochi minuti d’auto portano un centinaio di ragazzi a tifare in questa maniera, allora forse stiamo vincendo tutti. 
«Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita.»