Raccontare un derby sentito e partecipato come Rimini-Cesena, che torna in campionato dopo ben 12 anni, rischia sempre di far cadere chi scrive in una sagra delle banalità. Se volete la mia, i 5.098 spettatori odierni avrebbero potuto essere il doppio o la metà ma ciò non avrebbe tolto nulla al fascino di questo match, inoltre i dati sulle presenze allo stadio in terza serie parlano chiaro, 2.000 paganti sono quasi una notizia, almeno al centro-nord. Ciononostante alcune testate locali hanno giocato alla conta dei posti vuoti, distaccando quindi il match da una serie di altri fattori, primo tra tutti quello societario riminese, che raggiunge ormai settimanalmente toni abbastanza accesi. La serie C ha un appeal talmente basso da aver reso ogni squadra che vi milita, preda della continuità di risultati; in ciò, rimangono pochi baluardi della fede sana, provinciale, scalcagnata che porta chi la vede in maniera diversa ad affrontare chilometri ed orari discutibili. Si assiste di continuo a piazze che alternano un ciclo di anni in cui esprimono un tifo encomiabile ad anni in cui non si va oltre il centinaio di tifosi attivi nel supporto.

Ma il derby della Romagna rimane sempre tale, anche davanti a fallimenti, rinascite, presidenti contestati e classifiche che lasciano poco spazio ai sogni. Ci sono le rivalità con altre piazze, ma per rimanere nella mente dei tifosi devi bussare a questa porta, quella che vede la maglia a scacchi contrapporsi ai bianconeri. E poco importa se la sfida di Coppa Italia che ha visto gli ospiti vittoriosi risale a meno di due mesi fa, tutto va avanti e ogni cosa può accadere.

I cesenati hanno letteralmente polverizzato in poche ore i tagliandi loro riservati, riempiendo così due dei tre “blocchi” del settore ospiti. Le due curve vivono momenti diversi, accomunate solamente dalla situazione di classifica che comunque non va lontana dagli obiettivi dichiarati dalle rispettive società. I cesenati aprono con una sciarpata e il primo tempo li vede protagonisti in campo, complice il vantaggio arrivato al 28° con espulsione di un difensore del Rimini. La tifoseria biancorossa vede in questo periodo una gestione diciamo collettiva, che però oggi, come altre volte, produce un buon tifo, con cori a mani alzate molto riusciti e partecipati, anche dopo il vantaggio cesenate in apertura di gara, a dimostrazione che chi semina ogni tanto raccoglie. Molti volti giovani come sempre, che esplodono sul finire della prima frazione al gol del pareggio di Arlotti, enfant du pays poco più che ventenne, nativo di Coriano, vicino a Rimini. Il secondo tempo vede gli ospiti più spenti, che mantengono alti però i propri bandieroni per 90 minuti ma sembrano subire il calo degli undici in campo; va detto che la divisione in due blocchi separati del settore ospiti riminese non aiuta certamente a coordinare un tifo.

Ho trovato quasi un privilegio poter vivere un derby di Romagna, ma se dovessi spiegare questi spalti pieni ad un ragazzino non saprei dire se si tratta di un’isola che emerge o di un continente che affonda. Il calcio come merce ormai è ovunque, rimane però sempre una possibilità: fare una scelta che appare come individuale ma invece è collettiva, ovvero tornare a considerarsi come identificati in certi spazi e non solo clienti di servizi proposti da chi crea spettacolo ed offre emozioni (effimere).

Testo di Amedeo Zoller.
Foto di Gilberto Poggi.