Le stradine di campagna e il lungolago che mi permette di godere del panorama del Lago di Bracciano, fanno da degne compagne a questa mia oretta di viaggio che da Cerveteri mi congiunge a Civita Castellana. E’ domenica e l’ora di pranzo si avvicina, come di consueto attraversando paesini e frazioni nessuno è in giro. Immagino già il caldo focolaio di casa con le famiglie che si apprestano a mangiare leccornie tipiche del giorno di festa. Il tutto mentre io mi avvicino alla seconda partitella di giornata, quella che vedrà protagoniste il Flaminia Civita Castellana e il Grosseto.

Dopo essermi furbescamente perso, ritrovo la retta via e raggiungo lo stadio quando mancano venti minuti al fischio d’inizio. Giusto il tempo di notare il pullman degli ultras maremmani arrivare, ritirare l’accredito e poi entrare in campo. Un campo che, come spesso gli accade, si presenta davvero in pessime condizioni. E proprio per questo custodisce un fascino tutto suo, che sprizza tra quelle zolle dissestate e quell’erba perennemente spelacchiata.

Come spesso accade da queste parti, la stragrande maggioranza del pubblico è di fede ospite. Nonostante numerosi campionati di buona fattura e un centro urbano tra i più grandi della provincia di Viterbo, Civita Castellana mantiene una certa freddezza nei confronti della propria squadra. Le cause vanno sicuramente ricercate nella mancanza di tradizione del calcio civitonico. Se, infatti, i primi a far rotolare un pallone nella cittadina viterbese furono i ragazzi dell’U.S. Veliti del Littorio e, successivamente, sul finire degli anni ’40 il Civita Castellana Calcio arrivò a disputare tre campionati di Serie C, bisognerà attendere quasi cinquant’anni prima di rivedere una squadra che rappresenti ufficialmente l’entità urbana nello sport nazionale.

Siamo nella stagione 1991/1992, quando l’US Nuova Fabrica (squadra di Fabrica di Roma, a pochi chilometri da Civita Castellana) fondendosi con una locale compagine militante in Prima Categoria dà vita all’US Colavene Civita Castellana, che negli anni successivi muterà ancora nome prima in Pool Industrie Civita Castellana, poi in ASD Calcio Ceramica Flaminia e, infine, dopo la fusione con il Bassano Romano, nell’attuale denominazione. Il tutto con discreti risultati calcistici, che hanno portato i rossoblu a fare la spola tra l’Eccellenza e la Serie D.

Questo breve excursus storico per dare un quadro lineare sulle motivazioni per cui la città non abbia mai veramente associato la squadra al tessuto sociale, costringendola quasi sempre a giocare di fronte a una netta moria di pubblico. Chiaro, dunque, che occasioni come le gare contro il Siena, lo scorso anno, o il Grosseto siano una manna scesa dal cielo per la società, con un incasso che supera di gran lunga la media stagionale.

Il Grosseto non credo abbia bisogno di grandi presentazioni. I maremmani nelle ultime stazioni hanno stazionato regolarmente in Serie B, arrivando anche a disputare gli spareggi per accedere alla massima categoria. Anni che sono stati segnati dalla gestione Camilli e sui quali si è abbassato definitivamente il sipario la scorsa stagione, con la mancata iscrizione dell’US Grosseto e la ripartenza dell’FC Grosseto, che ne raccoglie simbolicamente il testimone, dalla Serie D.

Come sempre in queste occasioni, si hanno dei pro e dei contro. Se da una parte la discesa negli inferi del dilettantismo è un salto all’indietro doloroso, sportivamente parlando, per il tifoso può sicuramente rappresentare una rinascita sotto tanti punti di vista. Innanzitutto per andare in trasferta non c’è bisogno della famigerata card ministeriale e i biglietti non sono nominativi, inoltre spesso si tratta di campi vicini con costi di spostamento irrisori. Infine, non va dimenticato, per gli ultras c’è più libertà di movimento con la possibilità, generalmente, di introdurre in curva tamburi, megafoni, striscioni e bandieroni senza che questori e lacchè di corte siano pronti a inventare divieti o richiedere ridicole autorizzazioni.

Il Turiddo Madami ne è un fulgido esempio. Zero controlli alle entrate, semplice biglietto staccato e possibilità di acquistare birra e Borghetti all’interno. Se fosse così anche nelle categorie professionistiche, quanto ci giochiamo che ogni stadio avrebbe il doppio degli spettatori tutte le domeniche?

Fatte queste considerazioni possiamo passare alla partita e alla cronaca del tifo. I tifosi biancorossi si presentano in diverse unità, al seguito della squadra prima in classifica. Il gruppo portante si identifica dietro lo striscione dei Maremmani 1912, compattandosi e tifando con continuità per tutta la gara, nonostante la netta sconfitta del Grifone per 2-0. Sicuramente se si vuol trovare una pecca agli ultras grossetani, è quella numerica. Il nocciolo della Curva Nord è identificabile in 30-40 ragazzi, che però hanno il pregio di coinvolgere quasi sempre i presenti, anche grazie all’ottima prestazione del ragazzo incaricato di lanciare i cori. Sul finale da segnalare la sciarpata a sconfitta ormai acquisita.

Col freddo che comincia ad avvolgere il campo e il sole che mestamente sta andando a morire, l’arbitro decreta la fine delle ostilità. Io ripongo la macchinetta e con una certa velocità mi rituffo in macchina, con l’intenzione di raggiungere la Capitale nel minor tempo possibile. Anche un’altra giornata di partitelle sta volgendo al termine, però gli automobilisti del Raccordo sembrano non essere d’accordo, e intasano lo svincolo della Cassia manco fosse il 15 agosto. Del resto anche questa è cronaca.

Simone Meloni