La prima notizia, peraltro buona, sarebbe rappresentata dal ritorno degli ultras atalantini nella Capitale a distanza di qualche anno dall’ultima volta. Qualcosa che dovrebbe essere la normalità, ma che ormai da qualche anno equivale a una vera e propria chimera: le trasferte sono tornate a essere un problema, almeno questo è ciò trapela dal comportamento delle autorità preposte dal dopo Covid in poi: divieti, limitazioni, settori chiusi, biglietti venduti sulla scorta di quella stessa discriminazione territoriale cui i padroni del vapore si appellano per gettare fango sui tifosi. Una strada intrapresa che non sembra avere punto di ritorno e che – di questo passo – annullerà nel giro di qualche anno il rito del viaggio al seguito dei propri colori. Un trend che ormai sta prendendo piede anche a livello europeo e che sembra voler stravolgere totalmente il modo di intendere e seguire il pallone. Andando soprattutto a sopire – se non uccidere – la ventata identitaria e aggregativa che da sempre la trasferta rappresenta. Questo incipit, in particolar modo, fa riferimento all’imminente divieto in arrivo per bergamaschi e romanisti (rispettivamente impegnati a Cagliari e Como domenica prossima) per presunti tafferugli avvenuti a margine della partita. Una delle tante vergognose e ridicole decisioni griffate Osservatorio, Casms, Prefetture, Questure, Leghe e Federazioni, che hanno come principali alleati le società con il loro silenzio/assenso e l’incapacità (ahinoi) del movimento ultras di ribellarsi in modo organico a questo schifo.

Tornando alla sfida di oggi, una Roma a dir poco claudicante e spaesata ha ritrovato sulla sua panchina Claudio Ranieri, dopo gli esoneri di De Rossi e Juric. Un percorso, quello seguito dalla società, cha ha di fatto gettato nel cestino l’attuale stagione, portando i giallorossi alle soglie della zona retrocessione e costringendo nell’ultimo barlume di raziocinio disponibile in ambito calcistico, a mettere sulla panchina un tecnico che per conoscenza della piazza, equilibri e linearità ha sicuramente pochi rivali a questi livelli. Senza voler fare del retorico sciovinismo, penso si possa affermare che per le proprietà americane riuscire nel gestire al meglio una società calcistica per ciò che riguarda il campo, è un problema ormai annoso e palese. Non solo a Roma. Posso comprendere (in seno al calcio di oggi) che il loro primo pensiero sia quello di crescere economicamente tramite il brand (come gli piace dire) e la costruzione di uno stadio nuovo, ma probabilmente costoro non hanno ancora ben chiaro che questi due aspetti, soprattutto nel football, marciano di pari passo con la competitività sportiva. Non intendo per forza con vittorie e successi, ma con il saper mantenere un ottimo livello grazie alla programmazione e alla lungimiranza. Guardando la squadra che quest’oggi i capitolini si apprestano a sfidare, c’è sicuramente molto da cui prender spunto, benché parliamo di due piazze molto distanti. Sia nelle aspettative che nell’equilibrio di giudizio. Sta di fatto che l’Atalanta è oggigiorno il massimo esempio di come non ci si debba per forza chiamare Milan, Juve, Inter, Real Madrid o Manchester City e avere quantità di denaro infinite per fare calcio a grandi livelli. Gli orobici che arrivano all’Olimpico stasera portano sulle proprie maglie il recente trionfo in Europa League e – coerentemente al loro cammino – si stanno confermando legittimi contendenti allo scudetto. Che di certo non sarebbe clamoroso, né fiabesco, ma semplicemente figlio del lavoro e della programmazione.

Quando le squadre stanno per entrare in campo, oltre a diversi striscioni per Ranieri, vengono esposti molti messaggi di solidarietà per Edoardo Bove, lo sfortunato ex giocatore della Roma attualmente alla Fiorentina e vittima di un malore la sera prima, durante la partita tra i Viola e l’Inter. Un episodio che fortunatamente ha avuto un epilogo positivo, con il ragazzo che si è ripreso, rimanendo tuttavia sotto stretto controllo dei medici. A lui i tifosi romanisti hanno legato dolci ricordi relativi alla cavalcata europea che condusse i giallorossi alla finale di Budapest, proprio grazie a un gol realizzato da Bove nella semifinale di andata contro il Bayer Leverkusen. Non a caso la sua cessione, a inizio stagione, ha fatto storcere il naso a molti, proprio per il modo e l’umiltà con cui aveva sempre vestito la maglia del club in cui è cresciuto, dove ha fatto il suo esordio tra i professionisti. Sulle note di Roma, Roma, Roma, prende corpo la solita, bella, sciarpata che coinvolge tutto lo stadio, mentre nei Distinti lato Tevere viene anche abbozzata una semplice ma ben riuscita coreografia nella parte bassa: centinaia di bandierine giallo ocra e rosso pompeiano accolgono l’ingresso dei giocatori. Sempre ottimo il colore della Nord lato Monte Mario e dei vari gruppi disseminati in Tribuna Tevere.

Quando la partita inizia, il grosso del contingente ultras nerazzurro ancora non ha fatto il suo ingresso. Solo dopo una decina di minuti dal boccaporto del settore ospiti faranno capolino i bergamaschi, entrando tutti insieme e cominciando a beccarsi con gli storici rivali romanisti. Su questo confronto è stato detto molto e anche io in anni passati mi sono sempre soffermato a narrarne la bellezza e l’acredine che lo caratterizza da ormai quarant’anni. Fa piacere, dunque, sapere che anche qualche nuova generazione al seguito della Dea possa aver messo piede all’Olimpico, sebbene tante (troppe) cose siano cambiate e queste sfide oggi difficilmente riescano anche solo a lambire l’esuberanza dei tempi che furono. I tagliandi staccati in Lombardia sono circa trecento, un numero che è senza dubbio buono se si considera il lunedì sera e le presenze generalmente portate dagli atalantini nella Capitale. Con gli orobici che volano in classifica, nel loro miglior momento sportivo di sempre, l’entusiasmo è ovviamente alle stelle e se forse qualcuno si aspettava qualche numero in più, mi viene anche da dire che comprendo quanto anche le trasferte europee prosciughino le tasche e obblighino a fare delle scelte. Ma soprattutto va sottolineata la tempistica con cui, a sorpresa, il Viminale ha “concesso” (termine a dir poco appropriato, considerato il rapporto con i tifosi, ritenuti sudditi e non cittadini) la trasferta, a pochi giorni dal match, non dando a molti l’opportunità di organizzarsi. Il confronto canoro tra le due fazioni è godibile: la Sud alterna picchi di buon tifo a qualche momento di stanca, in particolar modo dopo i due gol che sanciscono il successo degli uomini di Gasperini. Dal canto loro, i nerazzurri si mettono in mostra con diversi cori secchi, in uno stile che forse è un po’ diverso dal loro storico modo di vivere i gradoni in fatto di sostegno.

Come detto, alla fine sono gli ospiti a esultare, sebbene anche per una buona Roma ci siano applausi d’incoraggiamento, da parte di un pubblico che coscientemente sa di doversi tirar fuori dalla melma della bassa classifica soprattutto nei prossimi incontri, dove la Roma sarà impegnata contro Lecce, Como e Parma. Alla luce di quanto sopra, chissà quando e se tornerà a giocarsi questa sfida con la presenza di ambo le fazioni tra le mura capitoline. Un pensiero che ancora una volta restituisce l’idea della totale inadeguatezza di chi (non) gestisce l’industria calcio e i suoi spettatori (le cui frange più passionali vanno ridotte, eliminate, messe da parte). Gli stessi che in occasioni come queste, con una trasferta aperta, forse vorrebbero anche esser elogiati e ringraziati…

Simone Meloni